le regole di Rossignolo di Roberto Ippolito

le regole di Rossignolo Il nuovo presidente della Telecom si presenta: l'azienda ha bisogno di un grosso cambiamento culturale le regole di Rossignolo «Ho i poteri, cerco il consenso» ROMA. Come mai qui? «Sono qui perché in tempi rapidissimi ho ritenuto di mettermi a disposizione di una realtà italiana che ha potenzialità notevoli e rappresenta una delie poche aziende che hanno in mano una parte dello sviluppo del Paese»: Gian Mario Rossignolo comincia così il racconto del suo arrivo alla presidenza della Telecom Italia. E' mezzogiorno di ieri, non sono passate nemmeno ventiquattr'ore dalla nomina e Rossignolo è già insediato nel palazzone di via Flaminia da dove si governano 25 milioni di telefoni fissi e 9 di cellulari. Rossignolo vuole governare davvero la società in cui è stato chiamato dai nuovi soci entrati con la privatizzazione di ottobre, Comit e Generali, Ifil e At&t, Compagnia San Paolo e Imi. Non avrà solo compiti di rappresentanza. Lui stesso con sincerità confessa che diversamente non avrebbe accettato l'incarico: «Non sarei venuto se non avessi avuto i poteri». Insomma, Rossignolo (che lascia la guida dell'Op, il settore personal computer ceduto dall' Olivetti e gli incarichi nel gruppo svedese vVallemberg trarrne la presidenza della Zanussi) intende dedicarsi anima e corpo alla sua nuova azienda di cui resta amministratore delegato Tomaso Tommasi di Vignano. A un giornalista straniero, incontrato insieme ad alcuni rappresentanti della stampa italiana, dice in inglese: «I am an executive chairman». Ovvero: è un presidente con poteri, con deleghe operative che consentono di pesare nella vita della Telecom. Deleghe non date al predecessore Guido Rossi, in carica da gennaio fino alle dimissioni del 28 novembre. E la cosa non è passata inosservata. Tanto che Nerio Nesi, esponente di Rifondazione e presidente della commissione attività produttive della Camera, ha osservato sia che Rossignolo ha una «grandissi¬ ma esperienza», maturata nella Fiat e in altre realtà industriali, sia che «è abituato a comandare molto». Un'affermazione che non turba il neopresidente Telecom che sembra considerarla ovvia: «Non si possono fare le cose senza le responsabilità e senza prendere le deleghe». Rossignolo però avverte: «Non ho la libidme delle deleghe, del potere in sé». Per lui «bisogna fare in modo di complementarsi», cioè di integrare i contributi che ai vari livelli possono essere dati. E questo è l'aspetto che Rossignolo ha a cuore: «Non posso dire di non avere comandato. Ma io non parlerei di comandare, ma di leadership. E questa la si ottiene più con l'autorevo- lezza che con l'autorità. Bisogna agire coinvolgendo, con il consenso». In concreto, Rossignolo ha la responsabilità di organizzare i lavori del consiglio di amministrazione; guida il comitato strategico e quello per audit e corporate governance, quindi controllo di gestione e governo della società; ha le deleghe per la comunicazione. «Voglio conoscere le cose ben da vicino», puntualizza, annunciando che si doterà di «una struttura minima» per svolgere i suoi compiti. La comunicazione è essenziale per un'azienda quotata in Borsa, privatizzata, che ha attirato investitori di tutto il mondo, che vuole risponde- re alla «logica del mercato» e accrescere «il valore delle azioni». Perciò «mai dire all'esterno cose che non corrispondono alla realtà dei fatti; non dobbiamo mai essere presi in castagna perché ciò sarebbe percepito malissimo dal mercato che perderebbe la fiducia». La Telecom si è staccata dalle grandi braccia dello Stato padrone in coincidenza con l'apertura alla concorrenza del mercato europeo. Serve un «grosso cambiamento culturale che l'azienda deve fare» per passare «dal monopolio al mercato». Una nuova vita, ma senza complessi di inferiorità: «Noi italiani veniamo sempre criticati come gli ultimi in materia di liberalizzazione, per esempio da parte del commissario europeo alla concorrenza Karel Van Miert; poi la realtà è diversa e in Italia entrano tutti». «C'è bisogno della reciprocità», ha fatto presente Rossignolo lunedì in una conversazione telefonica con il presidente del Consiglio Romano Prodi. E a Prodi, incontrato ieri pomeriggio, suggerisce di parlarne con il cancelliere tedesco Helmut Kohl. Rossignolo si lamenta che spesso alle aziende italiane è impedito di insediarsi in altri Paesi europei: «Van Miert deve preoccuparsi non solo dell'Italia, ma anche dei paladini del mercato. Le porte più chiuse le troviamo nei Paesi che hanno fama di essere più liberalizzatoli, come la Germania». Il neopresidente non ha ancora avuto modo di informarsi sulle trattative per il perfezionamento dell'alleanza con Ù colosso americano At&t, ma intende farlo presto: «L'amministratore delegato ha detto che c'è un memorandum in stesura. Il consiglio deve valutare questo contratto; se sarà un buon contratto, come mi auguro, lo firmeremo, altrimenti no». Roberto Ippolito «Firmeremo con At&t se sarà un buon affare Il memorandum finale è quasi pronto» Il presidente della Telecom Italia Gian Mario Rossignolo e, nella foto piccola, l'amministratore delegato Tomaso Tommasi di Vignano

Luoghi citati: Germania, Italia, Roma, San Paolo, Vignano