Capriolo, in aula sfila il gelo

Capriolo, in aula sfila il gelo Brescia, sono accusati del tentato omicidio del marito che li aveva scoperti insieme Capriolo, in aula sfila il gelo Neanche uno sguardo fra i due ex amanti BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Nemmeno uno sguardo, neanche una stretta di mano tra gli ex amanti di Capriolo, Massimo Foglia in gabbia, Maria Angiola Assoni seduta accanto al suo avvocato, tutti e due sotto processo per tentato omicidio premeditato dopo quella notte nella villetta, l'amore sul divano e il sangue per le botte in testa a Oliviero Signoroni, il marito ignaro che dormiva nella camera da letto e che per 48 ore ha pensato agU albanesi, agli extracomuniutari e non a una storia di corna. «Vi siete accorti che non l'ho guardato? E' vero, Massimo non mi interessa più. E' come se non esistesse», giura la bionda Maria Angiola, camicia blu notte, pantaloni neri, tacchi a stiletto e gli occhi del suo ex amante puntati sempre addosso, più per sfida che per amore. Che quello si è perso lungo la strada, dopo quella notte del 17 aprile, gli interrogatori, la confessione di lei e lui che ancora giura di non essere mai stato nella villetta di Capriolo, quella notte. «Come mi sento? Mi sembra di guardare la televisione», fa lei davanti ai giornalisti, alle telecamere che l'aspettano all'ingresso del tribunale, ai 50 curiosi, per lo più anziani, che sfidano il freddo per vedere dal vivo come se fosse la tv. Meglio ancora della tv, per questo triangolo di sesso, sangue, violenza. E corna. Di una cosa, Maria Angiola Assoni non vuole assolutamente parlare. Dei rapporti con suo marito, ricercati per mesi, ricuciti da pochi giorni anche grazie a Massimo, il loro bambino di otto anni che sabato si è rotto un braccio e - per fortuna - non capisce ancora niente di cosa sia successo quella notte. Quando venne svegliato dalle urla, quando vide il sangue di suo padre ferito e gli raccontarono una bugia. La prima fra tante, di questa storia che all'inizio aveva mobilitato pure il ministro Napolitano, pronto a mandare una task force antialbanesi. «Ho conosciuto Oliviero che ero una ragazzina, mi sono subita innamorata e ho avuto sempre solo lui», assicura Maria Angiola Assoni. E Massimo Foglia? E gli incontri settimanali al giovedì, prima in discoteca e poi chissà dove? E, quella notte? «E' stata una malattia», vorrebbe chiudere tutto lei. Come se bastasse questo per far sparire avvocati, cancellieri e pure il giudice Roberto Pallini, che adesso deve decidere se fu tentato omicidio o se invece ha ragione Maria Angiola quando a verbale fa mettere: «Era la prima volta. Quando lanciai un grido d'amore, Oliviero ci trovò sul divano. Perdemmo la testa». Tra i tanti che affollano l'aula, c'è una persona che crede ciecamente a Massimo Foglia. E' Mary, sua madre, sicura dell'innocenza del figlio: «Me l'ha giurato sulla tomba di papà, che lui non c'entra. E io gli credo, siamo una famiglia unita. A Natale, come mi ha chiesto, ho apparecchiato anche per lui, che stava in carcere. Il buon Dio mi ha dato una croce da portare e io la porto serenamente». «E poi quella lì non è nemmeno tanto bella», assicura velenosa Mary Foglia, cappottino marrone e un lungo abbraccio a suo figlio. Insiste, lei: «Ho 54 anni, ma anch'io se mi vestissi come quella lì, sarei capace di sembrare più bella di lei». Poi, quasi urla a Maria Angiola Assoni: «Guardami, guardami in faccia se hai il coraggio». E Maria Angiola guarda, appena un poco, prima di abbassare lo sguardo. Come fa quando si trova a un metro dalla gabbia, dove c'è dentro il «suo» Massimo, magboncino blu e jeans, camionista e tombeur de femmes. Anche adesso, dietro le sbarre guardate a vista dai carabinieri. Una biondina su un paio di zeppe alte dodici centimetri si sbraccia a più non posso fino a farsi notare. «Si è anche accorto che sono diventata bionda», ride felice, mentre racconta di averlo incontrato più volte a Erbusco, nella pizzeria dove lei serve ai tavoli. E dove una volta deve essere entrata pure Maria Angiola, quando con Massimo era quasi fidanzata. Quasi fidanzata e assassina mancata, secondo le accuse. In aula per ricostruire quella notte, arrivano i carabinieri. Parlano di macchie di sangue grandi così, di Oliviero Signoroni che in un attimo finisce all'ospedale con le costole rotte, la testa fasciata e una coltellata che gli sfiora la carotide. Raccontano dell'orologio macchiato di sangue trovato per terra, che si scoprirà poi essere di Massimo Foglia e basta quello per incastrarlo. Raccontano dei mobili macchiati di sangue, anche la foto incorniciata dove si vede l'attrice Pamela Prati accanto alla sorella di Maria Angiola. E il maresciallo Domenico Federici ricorda anche quella notte in ospedale, quando a consolare Maria Angiola che piange arriva Massimo Foglia. Ricorda, il carabiniere: «Li ho visti abbracciarsi e lui che gridava: "Li ammazzo, gli stacco la testa a quegli albanesi"». Fabio Potetti Lui dal carcere ha giurato la sua innocenza ma lei confessa l'aggressione del 17 aprile «Quella relazione è stata come una malattia» A fianco Massimo Foglia, accusato di aver tentato di uccidere Oliviero Signoroni. A sinistra la sua ex amante, Maria Angiola Assoni. Ieri è cominciato il processo a loro carico

Luoghi citati: Brescia, Capriolo, Erbusco