Ai grandi saldi del crack coreano

Ai grandi saldi del crack coreano LE TIGRI FERITE REPORTAGE' Ai grandi saldi del crack coreano Nel Paese in crisi la frenesia del realizzo SEUL DAL NOSTRO INVIATO L'assalto ai negozi è continuo, sembra di essere in una versione rivista, moderna e ansiogena dell'assalto ai forni. Carte di credito rifiutate, legioni di massaie procedono come cavallette comperando tutto il possibie in enormi magazzini che non hanno nulla a che vedere con i nostri: la loro ampiezza ricorda gli hangar, enormi e confusi. Scarpe ovunque, vestiti da donna e da uomo sugli stessi banchi, ovunque cartelli che annunciano ribassi, ribassi e saldi. E si vedono parecchi occidentali piombati in Corea per comperare qualsiasi cosa, vestiti e pellicce, apparati elettronici e fotografici, enormi sacche e valigie per ficcare dentro mercanzia di ogni genere e qualità, fra cui molta merce ottima, fatta qui, progettata qui e di gradevolissima qualità. Tutti sono sgarbati, quasi violenti, le strade sono affollate all'inverosimile e io non so dire se e quanto questa frenesia, questo brulicare, comprare e ribassare sia connesso con la crisi, ma sì: la crisi fa paura e tutti arraffano, accumulano, mettono da parte. E le aziende sono ben felici di realizzare denaro alla svelta, pochi maledetti e subito. Ecco perché le carte di credito vengono rifiutate: la Corea oggi vende tutto in contanti e senza tante storie. E' uno spettacolo amaro, convulso e minaccioso, da parte di un popolo che vive fra i due estremi: una borghesia delle chaebols ricca, sofisticata, colta, calzata e vestita a Parigi, schizzinosa, curata e lievemente arrogante; e all'altro capo della matassa un popolo contadino medioevale, arrabbiato con i ricchi, arrabbiato con gli stranieri, arrabbiato con la miseria. Stranamente, il mercato dell'arte pullula e fa affari. Sono andato a Insa Dong, che è una sorta di quartier latin di Seul. Le gallerie e le mostre sono piene di opere di artisti giovani che pagano fino a venti milioni la settimana per poter esporre opere vagamente scopiazzate da Gauguin, Picasso e persino fiamminghi. C'è roba anche buona in mezzo alla paccottiglia, ma quel che conta è che nelle strade in cui circola il denaro ti rendi conto che qui comandano alcune grandi famiglie i cui figli si danno anche alle belle arti e spendono e spandono come nessuno si potrebbe permettere a Parigi, a New York o a Londra. Esiste e si vede benissimo una vera gioventù dorata, che ha gusti molto occidentali e molto europei in particolare. Una gioventù che veste con glamour, siede nelle deliziose sale da tè e da caffè che sono ombrose, deliziose, piene di cimeli letterari, di atmosfera decadente e soave, fra muschi, cascate in legni scavati, odori di erboristeria, vapori e incensi che si mescolano con il profuno (sì, qui diventa un lieve profumo) del kerosene che alimenta stufette su cui bollono le teiere. I giovani occidentalizzanti, palesemente ricchissimi e carichi di oggetti e vestiti di alto costo e gusto perfetto, siedono, discutono, parlano le lingue e dimostrano con ogni loro gesto di essere la vera classe dirigente, una classe dirigente che cerca anche la rivincita e chje però deve aver consentitoi se non favorito la vittoria di Kim Dae-jung il quale ieri ha compiuto un altro passo clamoroso: proprio lui che aveva messo ai primi posti del suo programma di governo una attiva rappacificazione con la Corea del Nord e le sue satrapie tardocomuniste, ieri ha fatto sapere che non c'è fretta. Le cose con i vicini di casa si faranno sì, ma con molta calma e prudenza. Ma anzi, c'è di più: durante una conversazione con Michel Camdessus, alto dirigente del Fmi, venuto a Seul per essere sicuro delle intenzioni del futuro presidente (Kim Dae-jung entrerà in carica il 15 febbraio prossimo) avrebbe detto che in questo momento la Corea del Sud ha cose più importanti cui pensare, come ad esempio recuperare la credibilità internazionale. E' davvero un caso che questa nuova posizione di distacco sottilmente ostile sia nata per caso durante una chiacchierata con il rappresentante del Fmi, oppure la chiusura dell'incipiente dialogo con Pyongyang fa parte in un certo senso dei prezzi da pagare per essere riammessi nella comunità dei bravi ragazzi? Il nuovo presidente è stato sferzante quando ha detto: «Se quelli del Nord vogliono proporre il dialogo lo facciano e noi risponderemo. Ma se non faranno loro il primo passo, non lo faremo neppure noi». E non basta: il nuovo presidente ha anche accusato velatamente il vicino del Nord di fomentare le divisioni e alimentare l'aggressività sindacale nel Sud, soffiando sul fuoco affinché si arrivi a uno sciopero generale fra marzo e aprile. Poi ha detto che in ogni caso la collaborazione economica con il regime del Nord non si bloccherà e gli uomini d'affari del Sud potranno far certamente uso della mano d'opera a basso prezzo offerta dal Nord. Sembra anzi che abbia detto (il discorso è stato riferito da fonti ufficiose): «Quelli là sono abituati a lavorare sotto il comando militare». E' molto probabile che questa presa di posizione sia però di pura facciata e che serva soltanto per rassicurare alcuni ambienti internazionali. Infatti un collaboratore strettissimo del presidente, e cioè l'autorevole Kim Kyung- jae, si è affrettato a dichiarare che lo scopo della sua vita è quello di rimettere insieme le due Coree. E, quasi a correggere ciò che veniva attribuito al presidente, ha spiegato: «Bisogna che la smettiamo con questa storia che ci ripetiamo da decenni, e cioè che il regime della Corea del Nord è illegale. Non ha nessun senso definire illegale un governo che governa da mezzo secolo. Noi adesso dobbiamo fare un passo avanti verso il rispetto reciproco, altrimenti non si allenta la tensione e non si va da nessuna parte». E allora qua! è la verità? Con la Corea del Nord ò pace o è (psicologicamente almeno) guerra? Kim Kyung-jae non è un funzionario qualsiasi. E' il più caro amico di DJ con cui ha condiviso l'esilio negli Stati Uniti, lavorando per lui come segretario. Quindi ò molto probabile che dica la verità e che il processo di pace, aiuto e riunificazione vada avanti come previsto. Ma certamente il nuovo presidente ha considerato utile adesso tirare il freno, anche perché l'intrusività della Corea del Nord si è fatta in questi mesi molto pesante e anche aggressiva. Sta di fatto comunque che DJ, come lo chiamano, eletto a sinistra come un leader abbastanza radicale, stia facendo una potente conversione al centro, con lo scopo dichiarato e per nulla misterioso di persuadere le autorità del Fondo monetario a fidarsi di lui. Il partito che ha retto l'inora il governo cerca di dipingerlo come un pericoloso radicale sovversivo, una specie di Fidel Castro arrivato dopo la caduta di Batista. Ha voluto parare il colpo: essendo un uomo mite che ha pagato prezzi molto alti per la libertà e la democrazia, ha voluto far sapere che nel momento delle scelte resta ferreamente legato alle regole che vengono da Occidente, e più che altro con i piedi per terra. DJ ha promesso di nuovo le ristrutturazioni dicendo di nuovo basta con il capitalismo del comparato, basta con l'onnipotenza arrogante delle chaebols, basta con l'evasione fiscale. E' bastato questo grido per seminare il panico: i giornali sono pieni di lettere di protesta della gente comune che è tartassata dalle richieste di riscossione di tutti i debiti, dall'annuncio di un giro di vite nella severità fiscale e nei pagamenti di tutti gli arretrati comunque dovuti, pubblici e privati. Questo annuncio ha contribuito a determinare la corsa agli acquisti e all'abbattimento dei prezzi, con un vero cortocircuito della sacra legge della domanda e dell'offerta: a una domanda enorme, corrisponde un'offerta ancora più grande e che corre volentieri al ribasso pur di lasciare i magazzini vuoti. Negli aeroporti si affollano i compratori venuti da mezza Asia e persino dall'Australia per comperare tutto quello che si può, mentre qui si svende. Il denaro circola febbrilmente e la parola d'ordine che la televisione ripete continuamente è che la Corea ha soltanto bisogno di una operazione di chirurgia correttiva, perché è sostanzialmente sana. Paolo Guzzanti Per lo più asiatici ma anche europei e australiani i compratori Niente carte di credito, si accettano solo contanti Il presidente eletto Kim Dae-jung all'Fmi: «Seguirò le vostre indicazioni e rinvierò i piani di riunifìcazione con il Nord» L'uomo della strada è tartassato da richieste di riscossione immediata di tutti i debiti e le bollette arretrate Folle di privati e grossisti stranieri fanno incetta di tutto, dai vestit Il presidente eletto Kim Dae-jung (entrerà in carica il 15 febbraio) si è già dovuto rimangiare diverse promesse fatte in campagna elettorale Folle di privati e grossisti stranieri fanno incetta di tutto, dai vestiti all'elettronica

Persone citate: Batista, Fidel Castro, Gauguin, Kim Dae-jung, Michel Camdessus, Paolo Guzzanti, Picasso