«Anche Moriero mi copia» di Roberto Beccantini

«Anche Moriero mi copia» «Anche Moriero mi copia» Ronaldo: ho fatto due gol come Usuo PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Per un giorno e una notte la Disneyland parigina diventa la Versailles del calcio, tante sono le teste coronate che la Fifa vi ha stipato: Pelé, Beckenbauer, Eusebio, Bobby Charlton, Fontaine, Facchetti, Roberto Baggio, Matthaeus, Platini. E naturalmente, lui, Ronaldo, che in onore di Topolino e Minnie ritorna Rònaldinho. Dopo il Pallone d'oro dei giornalisti, ecco il World Player of the Year 1997 dei et. Giocatore dell'anno, lo era già stato nel 1996. Solo ai grandi capita di succedere a se stessi. Un blitz aereo, con arrivo all'ora di pranzo sotto scorta (il procuratore Branchini, il ministro degli esteri Facchetti) e ripartenza di notte, dopo il gala e la cena, al guinzaglio della mamma. Ronaldo ride con tutti, ride di tutto. Pelé ed Eusebio, Beckenbauer e Bobby Charlton s'inchinano, riverenti, al suo talento. Rinus Michels, ex «ostetrico» del rivoluzionario Ajax, si concede un piccolo distinguo: «Il giocatore più spettacolare è, spesso, il giocatore più individualista. Per questo, dico Ronaldo come valore assoluto e Zidane come uomo squadra». Ronaldo ha la pelata che luccica di gloria e di sudore. Al suo fianco, Roberto Carlos, ex Inter, oggi colonna del Real Madrid. Baggio a parte, l'unica Italia di cui si ha memoria, in questo lunedì di festa consacrato agli dei dell'Olimpo, è l'Italia di Ronaldo. Per esempio, il superbo gol di Moriero a Piacenza: «Mi ha copiato», dice l'ultimo dei re. «Quando militavo nel Barcellona, ne realizzai uno simile al Compostela. Fece il giro del mondo. Non so se Moriero si sia ispirato a questo o a quello che segnai in Coppa Italia, proprio a Piacenza. Di sicuro, ha scelto bene e imparato in fretta». All'improvviso fra Paperino e Pluto spunta anche il fantasma di un orco, Pietro Vierchowod, che, a 39 anni, lo ha sfidato e domato. «Se penso all'età, non posso che applaudirlo. Duro, veloce, leale. Ma penso anche che la partita in definitiva l'abbiamo vinta noi, e questa, senza offesa, è la cosa più importante». Non fa progetti: «Lasciatemi vivere e vincere. Quando sarò stanco, e mi sentirò sazio, mi ritirerò». Intanto, a 21 anni, non si nega niente. Nemmeno il record di gol, tredici, che Just Fontaine stabilì ai Mondiali del 1958: «Perché no? Ho una squadra, il Brasile, che non crea meno di setteotto occasioni a partita. Potrei batterlo, sì. Prima, però, viene la Coppa del Mondo. Sarebbe la quinta, non so se mi spiego». Si spiega, e come. Giacinto Facchetti tiene d'occhio Ricardo Teixeira, presidente della federazione brasiliana, nel timore che Zagallo gli combini un altro brutto scherzo, quello di rubargli Ronaldo (con l'aggiunta di Ze Elias) anche per la Gold Cup di febbraio, in Florida, prospettiva che, dopo la Coppa delle Confederazioni a Riad, scombussolerebbe i piani dell'Inter. A suo tempo, Zagallo aveva garantito la massima collaborazione. Meglio non fidarsi, e verificare di persona. Ronaldo sorvola calendari e intrecci, e in uno slancio di spericolata sincerità, stuzzicato da Pelé («Abbiamo grandi solisti, ma non ancora una squadra grande e un et all'altezza»), brontola che «l'unico problema del Brasile sono i pochi allenamenti», un cerino sospeso su una tanica di benzina. Nel giorno della sua (ennesima) incoronazione, prende forma e slancio la «Hall of Fame» del calcio, una sorta di nobile ed esclusivo museo, già in voga presso altri sport (basket, pugilato, tennis), che raccoglierà i personaggi che, per talento, risultati, longevità di carriera e fair play, ne hanno scritto la storia. Il primo elenco, elaborato da una giuria mondiale di giornalisti, non comprende italiani. Questa la Usta. Giocatori: Beckenbauer, Bobby Charlton, Cruyff, Di Stefano, Eusebio, Matthews, Pelé, Platini, Puskas, Jascin. Allenatori: Busby, Michels. Arbitri: Vautrot. Pionieri: Rimet. Squadre: Real Madrid. Nazionali: Brasile. Giornalisti: Goddet. Organizzatori: Horst Dassler, fondatore dell'Adidas. Fra tutti i premi speciali, il più speciale è andato a Julie Foudy, capitano e centrocampista della nazionale femminile Usa, per la sua crociata contro l'impiego di manodopera infantile nella produzione dei palloni da calcio. Roberto Beccantini