Attenti: Duvall vuole salvarvi
Attenti: Duvall vuole salvarvi L'attore ha scritto, diretto e interpretato «The Apostle» Attenti: Duvall vuole salvarvi Si vogliono ridicolizzare i falsi misticismi di moda negli Usa Un predicatore viaggia in un Sud dove non succede nulla NEW YORK. E' pio e violento, compassionevole e invadente, carismatico e peccatore. E' Robert Duvall nella parte di «Sonny» Dewey, il prete protagonista di «The Apostle»: scritto, diretto e interpretato da lui. Presentato in ottobre al New York Film Festival, arriva adesso nelle sale americane, abituate di questi tempi a ospitare divagazioni di vario genere su angeli e predicatori. Ma le strade per arrivare a Dio sono tante e ognuno è libero di tracciare la propria. Il Film, che Duvall si è costruito addosso, è una specie di «one man show», in cui l'attore dà il meglio di sé, relegando in un angolo gli altri interpreti, compresa Sarah Fawcett Major, che fa la parte della moglie, da cui è divorziato. Comincia riprendendo fedelmente una cerimonia domenicale tumultuosa e colorata con tanto di gospel, predica e preghiere. Sembra di stare proprio in una di quelle chiese di Harlem, dove le donne nere arrivano puntuali alla funzione eleganti, emozionate e incappellate, e invece siamo nel profondo Texas, in quella sconfinata anonima middle class, da cui «Sonny» il predicatore emerge per redimere anime a tutti i costi. Stacco e si vede lui, in autostrada con sua madre. Guida con le cinture di sicurezza allacciate, rallenta e si ferma per un incidente stradale con morti, feriti e tanto di schieramento di polizia. Prende la sua Bibbia e attraverso i campi si affretta verso una macchina con dentro due ragazzi gravemente feriti. Infila la testa nel finestrino. Lui e lei perdono sangue e hanno gli occhi riversi. «Dio è con voi», li rassicura. «Ci sono angeli, sì angeli, proprio qui in questa macchina», insiste mettendo in evidenza tutto il grottesco della situazione. Questo è solo l'inizio dell'interminabile viaggio di Sonny per salvare a modo suo le pecorelle smarrite della squallida provincia americana. Il film è un crescendo, bisogna dire, di grottesco e di bravura. Con un'abilità che non aveva mai dimostrato prima. Duvall riesce a evidenziare lo squilibrio mentale di questo personaggio, di questo predicatore come tutti gli altri. Anzi peggiore. Travolto dalla gelosia per la ex moglie, infatti, con una mazza da baseball colpisce alla testa il suo giovane amante ed è costretto a scappare per non finire in galera. Cambia Stato, nome e mestiere, ma ricade nella stessa tentazione. Quella di salvare anime. Questa volta, però, non lo fa dal pulpito di una chiesa ma, microfono alla mano, da una emittente radio di provincia. Il mezzo cambia, ma il risultato è lo stesso. Irresistibile e contagioso per chi lo ascolta, grottesco e alla fine irritante per chi guarda. Avrebbe potuto raccontare il tutto nella metà del tempo. Ma i predicatori, si sa, sono prolissi e non tutti hanno il senso del limite. La regia rende con fedeltà la monotonia di questa America del Sud dove non succede niente, se non povere cose. Insomma, a metà dei suoi sessantanni, Duvall è riuscito a regalarsi un film tutto per sé per ridicolizzare da un lato i falsi misticismi e dall'altro placare il suo narcisismo, che con questo «The Apostle» dovrebbe finalmente essere soddisfatto. Fiamma Arditi Robert Duvall ha voluto accanto a sé l'ex moglie Sarah Fawcett Major
Persone citate: Dewey, Duvall, Fiamma Arditi, Robert Duvall, Sarah Fawcett Major
Luoghi citati: America Del Sud, New York, Texas, Usa
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