Picasso in Italia gli anni della svolta di Bruno Ventavoli

Picasso in Italia gli anni della svolta Dal 1° marzo Palazzo Grassi, a Venezia, con una grandiosa mostra documenta la passione dell'artista spagnolo per la classicità Picasso in Italia gli anni della svolta PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Per consegnarsi alla storia scelse il cognome materno d'origine genovese, si riferì costantemente alla pittura pompeiana, ai capolavori rinascimentali e manieristi, s'abbeverò alla luce mediterranea e alla gioiosa anarchia della commedia dell'arte. Ma i critici hanno finora tralasciato di misurare il peso dell'esperienza italiana nell'opera di Picasso. La lacuna verrà finalmente colmata da una grandiosa mostra a Palazzo Grassi curata da Jean Clair. E presentata ieri a Parigi nell'Istituto Italiano di cultura, nello stesso salone dove due secoli fa Talleyrand accolse Napoleone reduce vittorioso dalla campagna d'Italia, e dalla cessione di Venezia all'Austria. L'omaggio a Picasso avrà un'altra tappa a ottobre, nella Galleria d'arte moderna di Roma, con una mostra dal '37 al '53. Picasso 1917-1924 (dall'I marzo al 28 giugno; catalogo Bompiani) offrirà a Palazzo Grassi 240 opere provenienti da 44 musei di dieci Paesi, e da collezionisti privati. Molte sono poco conosciute, alcune esposte per la prima volta, tutte legate alla scoperta del mondo italiano, delle sue maschere, dei suoi divini e infernali carnevali. Disegni, schizzi, acquerelli, studi per i cinque balletti che Picasso realizzò in questi sette anni. E dipinti importanti, come il meraviglioso Arlecchino della collezione Berggruen; L'italiana cubista della collezione Buerhle, ritratti della moglie Olga e del figlio Paulo nato nel '21; una Maternità inedita; e il capolavoro Il flauto di Pan (del Museo Picasso di Parigi) che chiude idealmente il tragitto creativo isolato da Jean Clair. Il tutto è assicurato per un miliardo e duecento milioni, cifra record per Palazzo Grassi, a dimostrare la qualità, la preziosità, la singolarità dell'operazione culturale. Particolarmente significativa la presenza di due sipari dipinti con grande cura dall'artista malagueho. La tempera su tela di Parade (del 1917), difficilmente esponibile per le sue imponenti dimensioni. E soprattutto il rideau di Mercure, invisibile da trent'anni nei magazzini del Centre Pompidou, ora restaurato grazie alla sponsorizzazione di Fiat France. Per questo balletto del '24 Picasso dipinse due figure ossessivamente e amorevolmente ricorrenti: un Pierrot che accenna un movimento di danza e s'accinge a suonare il violino, e un Arlecchino con la chitarra davanti a una nuvola bianca e a un cielo azzurrino. Picasso scese in Italia portato per mano dall'amico Jean Cocteau. Nel 1917 raggiunse Roma per incontrare Diaghilev e i Ballets Russes che preparavano Parade dcpo il rientro dagli Stati Uniti. Partì in treno il 17 febbraio, mentre intorno infuriava la guerra. Prese alloggio in Via Margutta, dove erano accasati i pittori e gli artisti francesi che venivano a cercare nutrimento visivo nella classicità italiana. Si chiudeva nel suo studio a lavorare frenetico, posseduto dal demone della pittura, nutrendosi solo di uova e formaggio comprato dagli amici. Non mancava però di passeggiare, ciarlare, flirtare con ballerine e italiane. Era colpito dalla bellezza delle sode e ubertose fanciulle di Anticoli, che vendevano fiori in Piazza di Spagna e si offrivano come modelle. Nei suoi quaderni sono annotati indirizzi muliebri; in piccole gouaches e acquerelli è sciolto il loro spensierato fascino contadino; in un quadro sono scomposte alla maniera cubista, lasciando però ben riconoscibili il loro grembiule a fasce variopinte, il paniere, lo scialle, la conca di rame per trasportare l'acqua. Nelle sue passeggiate romane al chiaro di luna prediligeva Olga Kochlova. Una ballerina russa che era arrivata alla danza in ritardo e non riuscì mai a spiccare il balzo oltre la mediocrità. Vantava sedicenti origini nobili e ostentava un'inconsueta virtuosità. Picasso la corteggiò e dipinse con labbra imbronciate, capelli corvini, abito severo e ventaglio in mano. Se ne innamorò, la portò a Parigi, la sposò (testimoni di nozze Cocteau, Max Jacob, ApoUinaire). E generò con lei 0 primo figlio, trovandosi coinvolto nella felice e produttiva esperienza della paternità. Picasso rimase in Italia tre mesi. Andò a Napoli e Firenze. A Roma dipinse solo tre quadri. Ma osservò, appuntò, disegnò, con onnivora curiosità ogni dettaglio dell'arte classica e della vita popolana. Dai dipinti di Raffaello ai nudi di Pompei, dalle stampe di Vianelli alle esperienze degli amici futuristi. Furono gli aiuti più gioiosi e ricchi della sua formazione. Nell'anarchica chiassosità urbana comprese meglio l'essenza di Arlecchino e Pulcinella, due figure ricorrenti: l'eversore servo di due padroni, e la maschera che capovolge l'insensata seriosità del potere pubblico. Negli affreschi antichi, nel manierismo, trovò la via deU'equilihrio tra le forme, i volumi, gu spazi. Nella luce mediterranea seguì le radici che lo riportavano ai miti classici di Mercurio, Apollo, Pan. Nella danza, nei carnevali, nel folclore assimilò le regole per procedere da perenne equilibrista sul filo teso tra l'ordine e il disordine dell'esistenza. Bruno Ventavoli Nel '17 a Roma scoprì gli affreschi di Pompei il Rinascimento, la Commedia dell'Arte «Maternità» del 1921 Qui accanto Umberto Eco (sopra) e Jean Clair; più a sinistra, «Ritratto di Olga in poltrona» del 1917