Dickens, moralista e libertino

Dickens, moralista e libertino Londra, un volume di lettere inedite rivela l'altra faccia dello scrittore vittoriano Lasciata la moglie si consolava con una diciannovenne JLONDRA L di qua della Manica si dava da fare per redimere le prostitute, a Parigi gli capitava di lasciarsi trascinare nei bordelli. Charles Dickens nascose la vergogna di una malattia venerea, probabilmente la gonorrea, ma chiese discretamente aiuto al suo medico. All'epoca lo scrittore attraversava una crisi di mezza età che lo aveva portato a separarsi dalla moglie Catherine, a rompere i rapporti con il suo editore e a cercare consolazione tra le braccia di un'attrice diciannovenne, Ellen Ternan. «La mia condizione di scapolo mi ha provocato un piccolo malanno», scriveva Dickens al dottor Francis Bear, con un eufemismo rivelatore che compare per la prima volta nell'edizione completa del suo epistolario a cura di uno studioso di Cambridge. Per trent'anni Graham Storey ha passato al setaccio 14 mila lettere relative a Dickens. La confessione della sua malattia era stata finora censurata e omessa. Il nono volume della corrispondenza, pubblicata da Oxford University Press, consta di oltre seicento pagine e comprende due soli anni, dal 1859 al 1861. Nei mesi che precedettero questo periodo lo scrittore aveva spedito perentoriamente la povera moglie Catherine in un'altra casa. Lo scandalo aveva dato uno scossone alla sua popolarità e aveva intaccato le vendite dei suoi libri. Per la consorte separata, Dickens non nutriva altro che una rabbia sorda. L'unica persona a cui era consentito tirare in ballo l'argomento era la signorina Burdett Coutts, munifica patrona dello scrittore e sua alleata nel recupero delle «traviate». Nella risposta dello scrittore, Catherine non merita più nemmeno il pronome «lei». E' diventata «it», esso o essa, un neutro dispregiativo e gelido: «Quella figura è fuori dalla mia vita per sempre, eccetto che per rabbuiarla, e il mio desiderio è di non rivederla mai più». Gettatosi alle spalle con un gesto brusco la vita matrimoniale, Dickens passò probabilmente almeno un weekend fatale a Parigi con l'amico gaudente Wilkie Collins, noto donnaiolo. Finora si credeva che Dickens non avesse fatto altro che prendere in giro gli eccessi dell'amico. Lungi dallo sbandierare l'infezione come un marchio di virilità, lo scrittore riuscì a tenere segreta la sua condizione. E tale è rimasta, per oltre un secolo dopo la sua morte avvenuta nel 1870. Anche la sua relazione con la giovanissima Ellen Ternan fu imbastita all'insegna della segretezza. La corrispondenza di Dickens contiene accenni criptici a «una donna» nel cui istinto letterario egli «confidava implicitamente». Un'altra lettera contiene un epiteto maldestramente cancellato da qualche pio guardiano della sua reputazione ma restaurato dal professor Storey: invitando un amico, Dickens menzionava che anche «l'incantatrice» sarebbe stata presente. La liaison finì in pasto alla posterità, ma l'epistolario documenta tutti gli sforzi dello scrittore per non lasciar trapelare nulla. Anche la caratteristica bile di Dickens trabocca a grandi dosi. Le vittime su cui egli si accaniva con più gioia erano i suoi editori, Bradbury ed Evans, che si erano poco saggiamente schierati dalla parte della scornatissima Catherine. Lo scrittore tentò di rovinarli economicamente e pregustava la loro bancarotta. Quando il figlio di uno dei due partner, Henry Bradbury, si suicidò con l'acido prussico, Dickens annunciò la buona nuova a un amico in un'imbarazzante lettera piena di giubilante sarcasmo. Alla mamma, che lo aveva mandato a lavorare all'età di dodici anni quando il padre era in prigione e aveva sempre munto i suoi guadagni, è desti¬ nata la nota più ironicamente telegrafica: «Allego l'assegno. Tutto bene, cari saluti. CD». Ma le lettere aspre e cattive, indubbiamente le più interessanti, si alternano a quelle che documentano la generosità dello scrittore, che amava spendersi per le cause in cui credeva. Nel difendere i patrioti italiani contemporanei, Dickens negava appassionatamente che la resistenza agli austriaci fosse terrorismo: le ingiustizie da loro patite «farebbero di me un uomo umorale, assetato di sangue, implacabile, che farebbe qualunque cosa per vendetta». Maria Chiara Bonazzi Dickens, moralista e libertino Il romanziere Charles Dickens

Luoghi citati: Cambridge, Londra, Parigi