Togliere i giovani dalle prigioni di Luigi Ciotti

Togliere i giovani dalle prigioni La sperimentazione terapeutica? C'é il rischio fondato che si creino dei ghetti Togliere i giovani dalle prigioni NON molti lo ricorderanno, ma il proposito di introdurre la somministrazione controllata di eroina in Italia venne espresso già nel 1979 dall'allora ministro della Sanità, che si riferiva al sistema in vigore in Inghilterra dal 1971. L'attuale proposta, avanzata dal procuratore generale Galli Fonseca, guarda invece alla Svizzera, che tale sperimentazione conduce dal 1994 e che riguarda, è bene chiarirlo, poco più di mille persone. Non «droga di Stato» da distribuire a chiunque la vogha, dunque, ma sperimentazione terapeutica su piccoli gruppi di persone, supportata da misure di sostegno psico-sociale, con progressive e prudentissime verifiche dei risultati. Sono passati quasi vent'anni e la nostra posizione è rimasta la stessa: sperimentare nuove opportunità è necessario, ad alcune condizioni irrinunciabili, prima fra tutte quella di non fare venire meno l'investimento educativo e una centralità di sforzi finalizzati al reinserimento sociale. In una parola, al riconoscimento di dignità e alla ricostruzione di ragioni di senso e di speranza per la persona tossicodipendente. Lo sforzo dovrebbe essere quello di prendere, finalmente, coscienza che non esiste «ih tossicomane, ma mille storie individuah, mille fattori di rischio e di disagio, mille persone diverse: anzi, centinaia di migliaia, perché mentre noi discutiamo da decenni sull'una o sull'altra opzione, i tossicodipendenti continuano a crescere. E a morire (12.610 decessi dal '73 alla fine del '96). E a infettarsi con l'Aids. E a finire in galera. E, per almeno il 50%, a non accedere ai servizi per le tossicodipendenze. Mentre noi discutiamo, il mondo delle droghe è cambiato, ci sono nuove sostanze, nuove forme di consumo, il narcotraffico determina scelte pohtiche, influenza le economie, produce conflitti militari, finanzia contemporaneamente le guerriglie e le controguerriglie in varie parti del mondo. Ma, pure rimanendo in Italia, viene da chiedersi: quante morti, quante famiglie devastate, quante stragi di. mafia sono ancora necessarie, affinché si trovi la responsabilità di fare, per rompere questo inutile e ricorrente esercizio dello «schieramento» astratto e preconcetto? Responsabilità significa accostarsi a questo dramma con umiltà, riconoscendo che vi sono mille modi diversi di aiutare queste persone, e dunque mille possibili risposte. Significa trovare il coraggio di una «via italiana», anziché rincorrere, di volta in volta, la «guerra alla droga» targata Usa (come abbiamo fatto nel 1990) o, viceversa, il pragmatismo svizzero o la tolleranza olandese. Fare, nel concreto, significa innanzitutto togliere dal carcere migliaia di giovani, cioè depenalizzare realmente il consumo. Pochi l'hanno ricordato in que- Per don Ciotti bisogna innanzitutto togliere dal carcere migliaia di giovani, cioè depenalizzare realmente il consumo sti giorni, ma questo grido di allarme era stato lanciato dallo stesso procuratore generale già lo scorso anno, senza che nulla, nel frattempo, si sia modificato. La stessa urgenza, depenalizzare il consumo, era emersa dalla Conferenza nazionale di Napoli, che ha riunito migliaia di operatori lo scorso marzo, e le cui indicazioni, ai sensi della legge sulle droghe (art. 1, comma 15), devono essere recepite dal Parlamento con eventuah correzioni legislative. Ad oggi, nulla è successo, nonostante, va riconosciuto, il grande impegno e sensibilità, in particolare, di Livia Turco. La «via italiana», allora, potrebbe iniziare proprio da qui, cominciando a fare ciò su cui quasi tutti, compresi molti di quanti avversano la proposta di somministrazione controllata, sono d'accordo: depenalizzare veramente e da subito il consumo; rafforzare i servizi, facendoli lavorare più e megho, dotandoli delle risorse e dei riconoscimenti necessari, motivando gh operatori e qualificandone le professionalità, prestando attenzione al fenomeno delle nuove droghe, investendo sulla prevenzione. La «via italiana» è quella che si pone 0 problema di integrare in una stessa strategia, che metta al centro la persona e non la sostanza, i programmi finalizzati all'astinenza e quelli a «bassa soglia», la prevenzione, la riabilitazione, la «riduzione del danno», in una differenziazione terapeutica che abbia come principio fondamentale quello di non abbandonare nessuno. E' quella che sa fare lavorare assieme servizi pubblici e comunità terapeutiche, una risorsa, questa, forte e originale che l'Italia, a differenza degli altri Paesi, ha saputo sviluppare: con errori di percorso, certo; in alcuni limitati casi, anche con scarsa trasparenza e con dubbie metodologie; ma, sicuramente, con grande generosità e con indubbi risultati. Ma «via italiana», può, e credo deve, essere anche quella che accetta di sperimentare nuove modalità e nuovi servizi. La somministrazione di eroina sotto controllo medico è uno di questi. Certo, alcune delle critiche a questa proposta sono fondate: c'è il rischio che possa diventare un «ghetto», c'è il pericolo che il pro¬ blema venga semplicemente «sanitarizzato». Sono preoccupazioni giuste e condivisibili. Ma sono anche rischi evitabili. Se si accetta di discutere del come, se si fa in modo che i programmi non si limitino a distribuire eroina, ma prevedano specifiche e inderogabili modalità riferite al sostegno psicologico, ai percorsi educativi, alle misure di integrazione sociale e lavorativa. Perché sono questi percorsi e misure a consentire di riconoscere e ricostruire la dignità e l'autonomia delle persone: per alcune di esse, la distribuzione controllata può dunque essere strumento per conseguire questo risultato, essendo risultati incapaci a ciò altre modalità di cura e di sostegno. Distinguere tra strumento e finalità è allora importante e decisivo, così come è eticamente irrinunciabile il principio di non abbandonare nessuno. Nessuna «resa», dunque, semmai il coraggio e la responsabilità di guardare in alto e in avanti, abbandonando la «pohtica dello struzzo», in cui troppo spesso ci siamo tutti colpevolmente attardati. Luigi Ciotti La via italiana passa per la depenalizzazione reale del consumo Vanno anche rafforzati i servizi facendoli lavorare di più e meglio

Persone citate: Galli Fonseca, Livia Turco

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Napoli, Svizzera, Usa