La caduta del Falcone cinese

La caduta del Falcone cinese La caduta del Falcone cinese Un crack chiude l'avventura di Peregrine HONG KONG. E' più che un crack finanziario. Il crollo di Peregrine è la fine del re delle red chips, dello yuppismo a Hong Kong e nel Sud Est asiatico, dell'allegra finanza tra l'ex colonia capitalista e la capitale «proletaria», delle avventure sui Mari del d d ll l l ,Sud vantando alleanze col Celeste Impero; è la fine della simbiosi perversa tra baroni rossi del grande capitale di Hong Kong, principi della Città Proibita e spavaldi, cinici finanzieri occidentali, basata su relazioni personali e di potere invece che trasparenza di conti. Dieci anni fa fondata e diretta da un inglese arrogante e incontenibile, Peregrine ha tra i suoi maggiori azionisti il maggior barone rosso di Hong Kong, Li Ka-shing, 69 anni, dieci miliardi di dollari, di casa alla Città Proibita, e Larry Yung, 56 anni, figlio del vicepresidente della repubblica popolare cinese, Rong Yren, da anni capo nell'ex colonia di Citic Pacific, la maggior corporation di stato gestita con criteri privatistici, capofila delle red chips alla borsa di Hong Kong, protagonista a tutto campo nella finanza internazionale. Con azionisti di maggioranza come questi, che controllano il mercato immobiliare e gran parte dei movimenti della borsa di Hong Kong, il crack di Peregrine potrebbe anche essere pilotato dopo astronomici profitti negli anni scorsi. Ma esso è comunque e soprattutto la fine della regione come terra di meraviglie, quale soprattutto Peregrine la esaltava. Il suo capo e fondatore, Philip Tose, abbracciando a Pechino il premier Li Peng e altrove vari forcaioli di cui la regione abbonda, soleva pubblicamente dare lezioni a tutti: «La democrazia in Asia non funziona. India e Filippine sono perdute, non usciranno mai dal sottosviluppo perché vogliono essere democratiche». Con quegli azionisti e con tali proclami, in pochissimi anni dalla fondazione nel 1988, Peregrine era diventata la banca d'affari privilegiata in Cina e nei Paesi dell'area, con rapporti stretti con capi di governo e e ministri, operazioni gigantesche concluse amichevolmente sui campi di golf. Si era scelta per emblema un falcone, il falcone pellegrino, appunto, che si fionda sulle prede ovunque. Il suo schianto al suolo è il simbolo della fine di una success-story che va al di là di Peregrine in sé e per sé. Peregrine aveva quasi il monopolio del collocamento del¬ le red-chips, le azioni di imprese cinesi ammesse alla borsa di Hong Kong: operazioni gigantesche, sulla cui trasparenza nessuno è mai potuto andare fino in fondo, ma che con l'impetuoso sviluppo economico cinese, l'esaltazione e gli oscuri timori di incognite per il ll i l'i passaggio della colonia alla Cina, l'aggressività di Peregrine nel marketing, hanno suscitato frenesie. Nella primavera di un anno fa, per l'emissione di azioni di un'impresa che gestisce l'autostrada fra Pechino e l'aeroporto, ci furono richieste di sottoscrizione del 1400 per cento superiore al disponibile, con nessun rapporto né verso la redditività né verso la solidità patrimoniale dell'azienda. Giro d'affari di oltre due miliardi di dollari per Peregrine, profitti astronomici per l'arrogante e altezzoso fondatore, Philip Tose, i suoi manager superpagati e gli azionisti. Adesso il crollo, motivo immediato: è l'esposizione di 260 milioni di dollari verso una compagnia di taxi indonesiana, «Steady Safe», (Solida e Sana), che fa capo alla figlia del presidente Suharto, e di 160 milioni verso un'altra impresa indonesiana. Ma il buco dovrebbe essere ben più largo e profondo. Fernando Mozzetti

Persone citate: Fernando Mozzetti, Larry Yung, Philip Tose, Rong Yren, Suharto