Per l'Italia è l'ora di battere i pugni di Aldo Rizzo

Per l'Italia è l'ora di battere i pugni OSSERVATORIO Per l'Italia è l'ora di battere i pugni A minaccia olandese (o megho attribuita al governo olandese dal settimanale tedesco «Der Spiegel») di non partecipare all'unione monetaria se vi entrerà l'Italia era di una gravità tale da apparire paradossale e ^verosimile. Come giustamente l'ha definita Prodi. E' probabile che si sia trattato di giochi tattici, pensando alla corsa di un olandese alla presidenza della futura Banca Centrale, appoggiata da Bonn ma non da Roma e Parigi, e alla competizione preelettorale interna (l'Olanda vota il 6 maggio). Ma, anche dopo la smentita, arrivata con un giorno di ritardo, il caso è grosso e va al di là dei dati economici in vista deh'euro, per acquistare un rilevante aspetto politico. Anzitutto per l'Unione europea in quanto tale. L'Olanda non ha la facoltà, prevista solo per Gran Bretagna e Danimarca, di non partecipare alla moneta unica, avendo i parametri in ordine, e quindi essa avrebbe minacciato una violazione dirompente del Trattato di Maastricht, dalle conseguenze imprevedibili per l'intera costruzione europea. Sarebbe stato ancora peggio se, come qualcuno sospettava, dietro la mossa dell'Aia ci fosse stata Bonn, Se è stata tattica, si è scherzato col fuoco. Ma c'era un aspetto politico molto pesante anche nei confronti diretti di un Paese come il nostro, alleato e co-fondatore della Comunità europea. Davvero l'Olanda pensava di potersi permettere un simile schiaffo all'Italia? Purtroppo (e qui il discorso cambia, anzi si allarga) non è il solo, come dire, inconveniente a cui è andata incontro in questi ultimi giorni la politica estera italiana. Ci arrivano critiche da tutte le parti o quasi. Per esempio, dalla Turchia e dalla Grecia insieme, tra loro rivali, per la storia dei curdi. E dire che siamo stati il Paese che più si è battuto per un sì esplicito, seppure condizionato, alla Turchia nell'Ue. Rimbrotti anche da Algeri, per non voler essere spettatori passivi di quelle stragi sempre più feroci. Passando dall'Islam a Israele, non è che il governo Netanyahu ci ami più che tanto. E siamo tornati sotto accusa per il comportamento di soldati italiani in Somalia. Per venire ancora all'Europa, tensio1 ne tra Roma e Bonn, e anche I Vienna, di nuovo per l'ospita- lità ai curdi. Non saremmo maturi per l'euro e neppure per Schengen. Un momento. Riflettiamo. Abbiamo qualcosa da rimproverarci? Certamente. Abbiamo da rimproverarci molte cose (non tutte) del passato. Per quanto riguarda Maastricht, ci siamo decisi a fare sul serio al penultimo momento, consentendo sospetti sulla stabilità dei nostri, pur straordinari, progressi. Quanto alla politica estera in generale, troppi compromessi tra dichiarazioni solenni, di principio, e comportamenti pratici. Istanze ecumeniche e furbizie diplomatiche, come riflesso dei tanti, troppi impulsi delle forze ideologiche, politiche ed economiche dei nostro quadro interno. Prendiamo atto che un certo passato è difficile da archiviare in fretta, specie se alcune eredità qua e là sopravvivono. Detto questo, è però legittimo anche il sospetto, ora da parte nostra, che ci si fosse abituati, fra i partner o interlocutori, a un'Italia debole, proprio per le sue contraddizioni, a un soggetto marginale, se non trascurabile, eventualmente da usare come sponda di problemi altrui. Ebbene, questo non è più consentito, troppe cose (anche se, certo, non tutte) sono cambiate in Italia per il megho. Non reagiamo però, a nostra volta, con mosse a dispetto, che servirebbero solo ad aumentare le discordie. Rispondiamo col rigore a cui ci andiamo abituando. Il che vuol dire dimostrare che i progressi sulla strada dell'euro sono davvero stabili e incontrovertibih; e quanto ai temi più generali, passare dalle enunciazioni ((filosofiche» all'individuazione di obiettivi precisi e ben selezionati, da perseguire con la forza di cui siamo ormai capaci. La smentita dell'Aia e le dichiarazioni distensive di ieri di Bonn e Vienna sml'immigrazione curda sono segnali incoraggianti. Aldo Rizzo

Persone citate: Netanyahu, Prodi