Il fanta-esilio del Cavaliere

Il fanta-esilio del Cavaliere ■LMJJTCO Il fanta-esilio del Cavaliere E arrestano Previti, fatti i dovuti scongiuri, Berlusconi potrebbe porre la questione all'ordine del giorno. Se gli arrestano pure Dell'Utri, il trasloco entrerebbe in fase operativa. Cosa ci resta da fare a quel punto, il Ca. valiere, non tanto in politica, quanto in Italia? Risposta impossibile, poggiando appunto la domanda su basi fantastiche - seppur non esattamente inverosimili nel caso del fondatore della Fininvest e di Forza Italia. E perciò, fantasia per fantasia, nel momento in cui la Giunta per le autorizzazioni a procedere sta decidendo se mandare o meno in galera un personaggio cruciale nella storia di Berlusconi, si finisce per rileggere sotto altra luce una delle sue più recenti e riuscite battute: «Ho ricevuto dai giudici di Milano un invito a scomparire». Ecco: e se scomparisse sul serio? Nasce dunque così, come ipotesi del tutto romanzesca, ma ad alto grado di plausibilità, il fanta-esilio del Cavaliere. Ci si può credere o no. Eppure, con tutte le differenze del caso, cinque anni fa nessuno avrebbe mai potuto credere cheCr^i^a&ctfa^H spettato co»i^Iente-0riÙ#4#rebbe finito ad Hammamet senza possibilità di ritorno: in un «esilio», oltretutto, assai meno dorato di quello che si potrebbe eventualmente permettere Berlusconi. Se non si vuole andare troppo indietro nella storia e quindi al prudente soggiorno di Giovanni Giohtti a Charlottemburg dopo gli impicci finanziari della Banca Romana - è all'ex leader del psi che ci si deve rifare per cogliere l'atmosfera di una sparizione obbligata e al tempo stesso preannunziata da viaggi all'estero sempre più misteriosi e frequenti: Parigi, l'Egitto, il Messico, la moglie che intanto cambia residenza, i capi d'accusa che si moltiplicano... Per Berlusconi, certo, sarebbe tutto più complicato. Una volta fuori Italia, dovrebbe lasciare la guida del suo partito: a meno di non scioglierlo, come estrema I protesta pannelliana contro I il «regime», o di farlo entrare in clandestinità. Nessun congresso - peraltro mai tenuto - potrebbe impedirgli di mettere in atto l'una o l'altra soluzione. Dovrebbe poi vendere o svendere - per via dell'urgenza - o comunque abbandonare le sue tv, anche qui ponendo doppiamente fine al conflitto d'interessi. Pure il Milan, in questo quadro fosco, sarebbe a rischio. Grazie a procedure legislative «buoniste», la villa di Arcore potrebbe addirittura ritornare alla contessina Casati. Più incerta, nel fanta-esilio del Cavaliere, la scelta della destinazione terminale. E non solo perché il trasferimento coinvolgerebbe una quantità di persone maggiordomi, parenti, giardinieri, sondaggisti, preparatori àtktid,j*uochi,,-SUcoite-^. risti, grilla e direttort-spirl-3 tuali - in ogni caso una corte della stessa consistenza di quella che dopo il referendum seguì i Savoia in Egitto e poi a Cascais. C'è sempre un nesso molto forte, qualcosa di simbolico tra l'esiliato e il luogo prescelto. Un asilo in Svizzera suonerebbe in effetti come la conferma delle più sinistre dietrologie finanziarie. Mentre la Francia, tradizionale approdo di déracinés, farebbe troppo Toni Negri e guerriglieri similari. Meglio, a quel punto, il villone alle Bermuda. A meno di non negoziare un «mandato di scomparizione» domestico, un auto-fanta-esilio miliardario in patria alla Howard Hughes o Paul Getty. Anche per questo - se non gli arrestano Previti - è molto meglio per Berlusconi: esule sempre più realisticamente immaginario, e immaginosamente realistico. Filippo Ceccarell Bili 1

Luoghi citati: Arcore, Egitto, Francia, Italia, Messico, Milano, Parigi