Curdi, la favola del vascello per tutti di Lorenzo Mondo
Curdi, la favola del vascello per tutti F PANEALPANE =1 Curdi, la favola del vascello per tutti mare a forza quattro, scoraggiando per qualche notte l'attracco dei Curdi alle coste italiane, sembra offrire una breve pausa di riflessione al governo su questo nuovo tipo di profughi. Che non disdegnano tuttavia di affrontare la loro disperata avventura con fuggiaschi di altre variegate etnie. Tema centralissimo è l'asilo politico, che il ministro dell'Interno, sulle prime, ha patrocinato con enfasi, salvo a sfumare le proprie affermazioni dopo il vertice romano delle polizie europee. E' un discorso che si presta a complicazioni senza fine, tecniche e di principio. Non si tratta di compiacere al governo di Ankara, minimizzando le persecuzioni contro i «Turchi delle montagne», come vengono chiamati ufficialmente laggiù. Anche se una linea diplomatica impersonata dal ministro Dini tende a valorizzarne la posizione di antemurale del fondamentalismo islamico (come dire, meglio la Turchia, sulla quale è possibile esercitare pressioni per la salvaguardia dei diritti civili, che l'Algeria delle mostruose ecatombi). Certo la repressione" dèlia guerriglia curda, endemica e per di più fortemente divisa al suo interno, è un datordi fatto. Con l'inevitabile fuga delle popolazioni dai villaggi distrutti o contesi, l'affollamento nelle grandi città, la voglia di farla finita con la fame e gli spaventi. In effetti, i volti, le parole di queste persone, più che la rivendicazione di una patria negata, esprimono la speranza di trovare lavoro e confortevoli condizioni di vita. E' così vero, che esitano a chiedere un asilo politico che, almeno formalmente, dovrebbe impegnarli a restare in Italia: mentre puntano alla Germania, ai Paesi del Nord dove contano parenti, amici e un solido contesto sociale. Sicché finisce per apparire irrilevante l'osservazione di Napolitano che, in risposta alle preoccupazioni di Bonn, oppone le appena 3000 domande di asilo accolte negli ultimi anni dall'Italia alle 116.000 della Germania. Appunto, lassù ritengono Ji averne accolti a sufficienza per addossarsi anche quelli che siamo disposti a fornir¬ gli surrettiziamente. D'altronde, come distinguere caso per caso, con quali testimonianze, cicatrici o foruncoli, il profugo politico dall'immigrato clandestino? Chi è vittima di un potere oppressivo o, più semplicemente ed estensivamente, della vita? Ma è il principio stesso dell'asilo politico che va considerato. Le nazioni che si onorano di praticarlo lo hanno riservato, per tradizione, a leaders, a militanti di chiara fama, a fuggiaschi dalle prigioni o dai campi d'internamento, all'individuo e non alla collettività. Come è possibile estenderlo a popolazioni che contano milioni di persone? Se mai decidessero di fuggire, oltre che ai Curdi della Turchia, dell'Iraq e della Siria, domani dovremmo aprire le porte agli albanesi conculcati del ^QsstìvòT^^E perché attenerci con miopia angusta al bacino mediterraneo? Esistono • anche gli Hutu e i Tutsi che, incalzati dalle rispettive mattanze, potrebbero farci un pensiero. Una parola di buon senso è arrivata dal presidente del Consiglio Prodi al quale sembra avere giovato l'aria dell'India e del Bangladesh. Ha detto che occorre investire, economicamente e politicamente, nei Paesi con problemi di sviluppo per impedire che l'emigrazione ci travolga, trasferendo da noi le tensioni originarie. Il rimedio, pragmatico e provvisorio quanto si voglia, è di stabilire, in pieno accordo con i partners europei, quote precise e compatibili di accoglienza. Le stentoree proposizioni universalistiche, l'allegro imbarco sul nostro vascello di tutti i popoli della Terra, è soltanto una favola dalla quale faremmo bene tutti a svegliarci. Il lieto fine, qui, non è garantito. m Lorenzo Mondo
Persone citate: Dini, Napolitano, Turchi
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