Assedio al professore

Assedio al professore Assedio al professore Alfreddo e in coda davanti alla casa MODENA. Basterebbe guardare le automobili parcheggiate fuori dal cancello di via Marianini 45 per capire la disperazione di chi macina centinaia di chilometri e sopporta ore e ore di inutile attesa al gelo pur di vedere il professor Di Bella. Sono auto «attrezzate» per accamparsi anche giorni interi, con cuscini, coperte, viveri di conforto. Arrivano da Torino, da Novara, da Monfalcone, da Lecce, da Roma. C'è chi è al secondo, chi al terzo, inutile pellegrinaggio. Inutile perché l'anziano professore da tempo non è più in grado di accettare pazienti, passano solo quei pochi che sono già in cura e debbono fare i controlli. Adolfo, il figlio bancario del professor Di Bei- la (l'altro fa il medico ed è ancor più assediato dai malati), sembra un nastro registrato: «E' inutile venire a Modena, non si fissano appuntamenti». Al cancello è appeso un foglietto con i numeri delle associazioni: «Chiamate lì» suggerisce una volontaria. Ma Adolfo Di Bella ammette: «Al Nord Italia i medici che seguono il protocollo di mio padre sono al completo, addolora non sapere cosa dire a queste persone». Poi ha uno scatto di nervi: «D'altronde, i responsabili di questo caos sono quei signori bastardi che gli fanno trovare chiuse le porte delle cliniche. Noi che possiamo fare?». Gli unici a sorridere, fra tanti disperati, sono due signori di Chiavari, Riviera ligure. Accompagnano la madre-suocera Concetta La Barca di 76 anni che, invece, l'appuntamento col professore ce l'ha. «E' in cura dal 1° agosto scorso - raccontano -, stava malissimo, non riusciva né a camminare né a dormire. Le avevano dato pochi giorni di vita. Siamo venuti qui, e i progressi sono stati notevoli. Il tumore si è fermato». Le ore trascorrono al gelo, c'è chi si infila le calze pesanti del bambino e chi va a prendere in macchina la coperta. Il cancello di via Marianini 45 resta chiuso. Nella ressa, dal bailamme esce fuori, ad un certo punto, un medico con tanto di camice, Luigi Castrignanò, studi in provincia di Modena e nel Leccese. «Sono l'unico, a Modena, ad applicare il protocollo Di Bella» dice. Ma perché, gli chiediamo, così pochi seguaci nella terra del professore? Perché tanti ricorsi al Sud e nessuno qui? Castrignanò non ha dubbi: «Da anni il Sud è considerato di destra e il Nord, l'Emilia in particolare, di sinistra. Traggano gli italiani le conclusioni». Una teoria che farebbe arrabbiare il professore. Come spiega sua nuora pochi metri più in là, «questa storia della destra e della sinistra è un'idiozia. Ecco, mio suocero di solito non commenta niente, ma questa storia proprio non gli è andata giù». Castrignanò viene accerchiato dai malati. Una signora di Monfalcone gh si butta ai piedi urlando: «Mia figlia ha quattro bambini, la prego faccia qualcosa». Lui ci pensa un attimo, legge gh esami e poi tira fuori il taccuino e scrive tre pagine di terapia. Spunta fuori una fiala e la siringa, un'infermiera pronta a fare l'iniezione. Lì, in auto, in mezzo alla strada. «La usi tutta, con quello che costa...». A gelare gh entusiasmi di chi pensava di aver risolto il problema ci pensa Adolfo Di Bella. «Quel medico? Non rientra tra gh stretti collaboratori di mio padre e non compare nell'elenco di quelli che prescrivono il protocollo Di Bella». Raffaella Quaquaro Pazienti in attesa davanti alla casa-ambulatorio del professor Di Bella

Persone citate: Adolfo Di Bella, Castrignanò, Di Bella, Luigi Castrignanò, Raffaella Quaquaro