Il terrore e le astuzie dell'enigma Balduccio

Il terrore e le astuzie dell'enigma Balduccio LE METAMORFOSI DI UN BOSS Il terrore e le astuzie dell'enigma Balduccio PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Infame tragediatore, spietato opportunista capace di rivolgere a proprio vantaggio qualsiasi contingenza, anche la più negativa, oppure inconsapevole strumento di giochi più grandi delle sue possibilità? Mafioso cinico e gran tessitore di trame, o uomo avido disposto ad ogni nefandezza per un pugno di soldi? Capo o gregario? Boss o sbirro e confidente? Chi è Di Maggio? Chi è 1'«enigma Balduccio»? Fino alla cattura di Salvatore Rima, l'ex capomandamento di San Giuseppe Jato era rimasto praticamente sconosciuto alle cronache e forse anche a gran parte della schiera di investigatori che si dedicavano alla comprensione di Cosa Nostra. Fino al suo arresto, avvenuto a Borgomanero in Piemonte, che somiglia più ad una volontaria consegna che ad una cattura, fino ad allora di Balduccio si sapeva ben poco. Sapevano di più alcuni selezionati investigatori della Legione Carabinieri di Palermo, che avevano avuto la ventura di entrare in contatto col mafioso riuscendo ad utilizzarlo come discreto ma efficace suggeritore. Ha suscitato qualche perplessità, per questo, l'occasionale scelta di Di Maggio di farsi beccare armato in una zona del Piemonte governata dal generale Antonino Delfino, appunto vecchia conoscenza palermitana. Vecchia conoscenza sin dai bei tempi della mafia onnipotente, quando Di Maggio poteva rivendicare il possesso di una villa-bunker in territorio di Sagana, che invece le malelingue davano come proprietà di don Totò Riina. Arrestato per una pistola, Balduccio apre i cordoni della sua esperienza, i forzieri della sua memoria e si offre come la mano santa della lotta alla mafia : fa arrestare Riina, così dicono, e dipinge il boss che abbraccia e bacia l'ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Di Maggio superstar fa dimenticare più di una incongruenza del tortuoso percorso che lo ha portato al pentimento. Ma in nome dell'emergenza può accadere di tutto. Oggi Balduccio è di nuovo in carcere perché è ridiventato mafioso, ma sempre a modo suo: arrangiandosi e barcamenandosi tra Stato s Cosa Nostra. Torna a San Giuseppe Jato, spara, ammazza, fa estorsioni, gira l'Italia alla ricerca di un posto al sole nel mondo degli appalti. E 10 fa da mafioso che utilizza al meglio la sua condizione di pentito in nome dello Stato. Eccolo, 11 furbo Balduccio. Furbo come la maggior parte del popolo mafioso che gravita nel territorio di San Giuseppe Jato, sempre sospeso tra mafia e infamità. Ma Balduccio il furbo è finito in galera. Sul serio, nel senso che sul suo capo gravano accuse sostanziose e non vaghe minacce di sanzioni amministrative. In galera, Balduccio il furbo pare si sia lasciato prendere dal nervosismo. Ha paura, sembra. Lo dice il suo avvocato, Ennio Tinaclia. nrosoettando motiva- Tinaglia, prospettando motiva zioni legate al fatto che, dopo il recente arresto, Balduccio ha notevolmente «alzato la qualità della sua collaborazione». Che tradotto in soldoni significa: Di Maggio potrebbe decidere di spiegare per esempio tutta la vicenda legata alle presunte pressioni ricevute per ritrattare, previa contropartita di 5 miliardi, la sua testimonianza al processo Andreotti. E potrebbe chiarire la storia della cattura di Riina. Balduccio aveva manifestato i suoi timori già in autunno, ben prima quindi del messaggio in¬ viatoeli da Cosa Nostra con l'eli- viatogli da Cosa Nostra con l'eliminazione dei due congiunti. Balduccio il furbo, per spiegare meglio i suoi timori, rifiutò i pasti, sospettando l'arrivo del solito caffè amaro, e ottenuta da un agente di custodia una busta di latte si fece prendere dai dubbi, dato che non aveva avuto modo di vedere da dove il secondino aveva preso il latte. Risultato, prudentemente non bevve. Balduccio ora ha ancora più paura. Ed è singolare la sua angoscia, dal momento che vive isolato hi mia cella, guardato a vista notte e giorno. Chi teme? Spiega a meraviglia, con una battuta, Emanuele Brusi battuta, Emanuele Brusca, intervistato ieri a San Giuseppe Jato: «Di Maggio ha paura di morire? Non può certo pensare che siamo noi a poterlo uccidere in carcere. Però, se fossi in cella, avrei la stessa preoccupazione». Già, da chi può temere Balduccio? Ma non sarebbe l'enigma Balduccio, se non ci fosse una spiegazione alternativa. E cioè la possibilità che l'ex pentito, sempre più furbo, stia imbastendo mia sceneggiatura piena di spie e spioni per alleggerire la sua posizione giudiziaria. Nel duplice omicidio dell'altro ieri, il que- store Antonio Manganelli intravede un «comprensibile e quasi fisiologico svolgimento di una trama che conosciamo già». «Processualmente - aggiunge il questore - la storia di questi ultimi mesi offre una spiegazione che non contrasta col duplice omicidio di San Giuseppe Jato. Una operazione militare che persegue il duplice risultato di riassestare gli equilibri turbati dal ritorno di Di Maggio e "punire" un nemico che si è pure fatto pentito». A quale Balduccio credere? Francesco La Licata Una sceneggiatura piena di spie per salvarsi? In carcere starebbe alzando il livello e la qualità della collaborazione In alto, a sinistra un'immagine del luogo dove sono stati uccisi lo zio e il nipote di Di Maggio. Sopra il boss Totò Riina. In alto Vito Vitale, boss emergente

Luoghi citati: Borgomanero, Italia, Palermo, Piemonte, San Giuseppe Jato