«Non è una bufera che finirà presto»

«Non è una bufera che finirà presto» «Non è una bufera che finirà presto» Gli operatori concordi: tempi lunghi per UFarEast ROMA. La crisi dei mercati asiatici., resa più acuta dalla situazione dell'Indonesia, continua a imporre il ritmo alle borse internazionali che, dopo una reazione positiva nei primi giorni dell'anno, ora accusano il colpo e molti mercati europei perdono terreno, eccezion fatta per Milano. (Almeno in marnerà diretta i problemi indonesiani non dovrebbero avere un grande riflesso nel nostro Paese. Gli investimenti italiani là non sono enormi», commenta Lia Burgio, una dei responsabili italiani della W.I.Carr. Questa finanziaria, con base in Inghilterra, opera in maniera specifica nel Far East ed ha quindi gli occhi ben puntati sull'area della crisi. «Da tempo l'Indonesia è fra i Paesi più monitorati dalla World Bank, che la considera una bomba ad orologeria per il suo mix di razze e religioni in una popolazione di 250 milioni di persone distribuite su un'area geografica molto ampia e ricca di risorse naturali - spiega Burgio -. La crisi scoppiata di recente può avere un punto di svolta con la presa di posizione del partito di governo che, dopo quelli dell'opposizione, chiede la sostituzione di Suharto ed ha anche presentato un suo candidato. Deraltro vicino all'attuale ^residente. Si può pensare quindi ad un atterraggio soft, ma sui mercati ci sarà ancora una forte maretta». Insomma, i tempi di assestamento saranno lunghi. «I problemi dell'Indonesia sono troppo grandi per essere risolti rapidamente - conferma l'analista - in poco tempo, anche con un passaggio di poteri al vertice. Il Paese dovrà venire incontro alle richieste del Fmi, ma farlo era già difficile prima, figuriamoci adesso». E l'onda lunga sull'EuroDa? «Riguardo ai nostri mercati c'è da dire che si è parlato per mesi del riflesso che la crisi del Sudest asiatico potrà avere sull'Europa - conclude Lia Burgio -. Ora è chiara l'importanza del fattore indonesiano, un'area molto meno seguita di Hong Kong o Singapore, ma adesso è evidente che il "focus" della crisi attuale è lì, in Indonesia, anche per la mole di debiti che Giakarta ha proprio con Hong Kong, Singapore e Giappone». Ma, seppur non a breve, la tempesta lascerà posto al sereno. La pensa così Mark Mobius, responsabile per i mercati emergenti della Templeton Investment, anch'essa di Londra. «La svalutazione della rupia indonesiana è dovuta ad una reazione eccessiva e attualmente la moneta è fortemente svalutata nella sua parità di potere d'acquisto - dice Mobius -, Pertanto crediamo che la rupia dovrà rivalutarsi, ma non prima di aver dato luogo ad una forte crescita delle esportazioni, proprio grazie alla sua debolezza. Attualmente l'economia non è ancora fuori pericolo, ma la visione di lungo termine per il mercato azionario è assai meoraggiante, specie dopo le recenti perdite». Vanni Cornerò Il direttore del Fmi Michel Camdessus

Persone citate: Burgio, Carr, Lia Burgio, Mark Mobius, Michel Camdessus, Mobius, Suharto, Templeton, Vanni Cornerò