UN PICCOLO CHAPLIN SULL'ORLO DEL LAGER di Luigi Forte

UN PICCOLO CHAPLIN SULL'ORLO DEL LAGER UN PICCOLO CHAPLIN SULL'ORLO DEL LAGER 77 signor Mundstock di Fuks IL SIGNOR THEODOR MUNDSTOCK Ladislav Fuks Einaudi pp.219 L 22.000 HISSA' mai se il signor Theodor Mundstock partirà. Lui i preparativi li ha fatti, senza lasciare nulla al caso. Con metodo, con precisione. Quasi volesse prevenire, anticipare il destino. In che modo? Osservando come vanno le cose a questo mondo. Anzi, come andavano le cose a Praga durante l'occupazione nazista. E a vedere quello che è successo al signor Vorjahren, insultato e preso a calci da una SS mentre tentava di salire su un convoglio per destinazione ignota, c'è proprio da disperarsi. E' il tempo dei folli, pensa il signor Theodor Mundstock nell'omonimo romanzo di Ladislav Fuks uscito da Einaudi nell'ottima traduzione di Francesco Brignole. Una volta, se qualcuno ti urtava, erano scuse a non finire. Ora si sale sul treno a pedate rischiando di perdere anche il proprio bagaglio. Ma una differenza c'è: il signor Vorjahren così come tanti altri conoscenti, i Backer, ì Radnitzer, perfino i carissimi Stern e la signora Heksovà, non vanno in vacanza, ma partono per il Lager. Per chissà dove, per il nulla. E il piccolo, insignificante ebreo praghese, Theodor Mundstock, ex procuratore, ora netturbino, che in giorni lontani intravide un'ombra di felicità flirtando con la brutta Ruth Krausovà, ha deciso che la verità non deve piangere in un angolo, come dice nonna Stern. Prima o poi arriverà anche a lui la cartolina di convocazione. Prima o poi dovrà partire. Tanto vale prepararsi, scovare un metodo, allenarsi a subire. Un coraggio insospettabile in un uomo mite e titubante come lui. In uno che non voleva guardare la realtà in faccia, pronto a raccontare pietose fandonie sul futuro anche alla famiglia Stern che ogni tanto gli offre una Kasha di fiocchi d'avena. E allora eccolo all'opera il buon Theodor, consigliato e redarguito dalla sua ombra, Mon, che lo tallona con la stessa insistenza della gallinella che lui alleva in casa. E' uno spazzino uscito dall'aneddotica jiddisch o da un qualche bozzetto praghese, nel suo pastrano liso su cui fa bella mostra la stella gialla. Sembra balzato fuori da un quadro di Chagall, angelo di ingenuità risucchiato da una favola di orrori. Lui vede le stelle anche quando il cielo si oscura e la neve avviluppa le guglie di Praga, perché perdere la speranza, si legge, è la peggior cosa che possa toccare a un uomo. Eccolo all'opera, mentre insulta il salumiere Klokocnik, in attesa di essere picchiato. Ce la mette tutta e quello gli fa saltar via due denti. Che felicità! Ora sa di poter affrontare la violenza, questo piccolo Chaplin che non sgomita e non scalcia. Ha deciso di abbracciare il proprio destino, chissà forse è anche questo un modo per illudersi di sfuggirvi. Perché, a questo punto, non provare con il gas? Potrebbe essere la fine riservata agli ebrei come lui: ma, ironia della sorte, lo salvano proprio i nazisti intenzionati a perquisirgli la casa. Uscito nel 1963, Il signor Theodor Mundstock, il primo romanzo di Fuks, di cui nel lontano 1972 Einaudi tradus- se 11 bruciacadaveri con una mirabile introduzione del grande Angelo Maria Ripellino, è l'epopea tragicomica e minimalista di un piccolo omino che tenta di sabotare il Grande Orrore. «Sistema, sistema, qui sta il punto!», sbruffa in faccia al fornaio Pazourek. Ma in questa sbalorditiva ingenuità c'è qualcosa di astuto: imparare dal nemico, come diceva Bertolt Brecht. Se solo questi non fosse così enorme, così onnipotente. Per questo l'idea di Mundstock ha qualcosa di paranoico, di mattoide: è una fissazione che s'ingigantisce man mano che aumentano insicurezza paura. Tutti gli eroi di Fuks, ebrei e non ebrei, ha scritto Ripellino, sono laterali parvenze, parvenze sugli orli: poveri borghesucci avvitati sui propri tic. Così il necroforo Kopfrkingl nel Bruciacadaveri con le sue manie funerarie che degenerano in macabri rituali d'eutanasia, così la signora Natalie Mooshabrovà (nel romanzo del 19701 topi di N.M.) che stipa in casa ogni sorta di trappole e topicidi. Ma nel mondo grottesco e bislacco di Fuks, Theodor Mundstock e tutti i suoi compagni, bottegai e impiegatucci, portinaie e commessi, non vivono più sullo sfondo di Praga, ma su un abisso infernale. E' qui che la spaurita dolcezza diventa pena assoluta e il romanzo una corale, intensa meditazione sul destino ebraico. «Era come se il suo cervello racchiudesse il dolore dell'Europa intera», annota Fuks sull'angosciato Theodor. E lentamente il terrore dilaga in lugubre scenario, odissea dell'insania, come nella scena in cui Mundstock fa visita all'amico Mose Haus e ne trova il cadavere in una tinozza e una folle ragazza che lo veglia. L'atmosfera stralunata di Chagall lascia il passo a un mondo livido e sghimbescio. Quello della partenza, dei treni sbuffanti verso il paese del Nulla. Ma il povero Theodor Mundstock su quei convogli non salirà mai. S'arresta prima, travolto da un camion tedesco. Del suo metodo la morte non sa proprio che farsene. Luigi Forte IL SIGNOR THEODOR MUNDSTOCK Ladislav Fuks Einaudi pp.219 L 22.000

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