LA VITA E' UNA GAG
LA VITA E' UNA GAG LA VITA E' UNA GAG rcorrouco,pù PINTO dagli editori a scrivere la propria vita, il più noto dei celebri fratelli Marx spiega a più riprese nella medesima, Groucho e io, ora tradotta per Adelphi da Franco Salvatorelli, di non avere voglia di parlare troppo di sé, e di considerare i fatti privati di un individuo irrilevanti e comunque non affare del pubblico. D'altro canto ripete anche di essere stato tentato all'impresa dall'antica passione per la scrittura. Senza illudersi di poter competere con i grandi, egli si è spesso cimentato con la misura breve, brillanti articoli e raccontini usciti sui giornali; dover scrivere tutto un libro di molte decine di migliaia di parole ora allo stesso tempo lo attira e lo spaventa. Così Julius Henry Marx detto Groucho, nato nell'East Side di Manhattan nel 1890 (morirà nel 1977), procede per spicce unità narrative, spesso saltando di palo in frasca, o seguendo il filo di libere associazioni, come gli autori che ammira, i Benchley, i Perelman, con l'intenzione di creare non una cronaca o storia più o meno veridica, ma una serie di divertenti gag prima sul tema di un'infanzia povera, poi sulle disavventure di un gruppo di giovani clown di varietà nei primi anni del secolo ecc., per arrivare agli inconvenienti di una prospera vecchiaia fra piscine e circoli sportivi per pensionati di lusso. In quest'ultimo settore arriva la frase più famosa mai attribuita a Groucho - «non vo¬ glio appartenere a un club che accetta me come membro» -; ma in generale il narratore rivela pochissimo, si chiude il volume senza avere appreso nemmeno perché Groucho si chiama così. Nella sua ostinata reticenza egli dice soltanto che il nomignolo non gli viene dal cosiddetto «grouch bag», borsetta che i nomadi seguaci di Tespi portavano sempre appesa al collo coi loro guadagni, benché anch'egli da giovane solesse farlo, e anzi, benché ad essa sia legato un episodio preciso, quando una bella soubrette che lo aveva ingaggiato gliela svuota a sua insaputa prima di involarsi col forzuto della compagnia. Come ci si aspettava, il divertimento non manca, perché Groucho trasporta sulla pagina il suo umorismo sardonico e soprattutto il suo senso del ritmo e della concisione; ma c'è una bella differenza di attrattiva fra la parte del libro che rievoca sia pure farsescamente la lotta per la sopravvivenza e quella che va avanti a forza di facezie sui conti dei medici, sulle tasse, sulle gaffes di un principiante di golf e insomma sui luoghi comuni di una vecchiaia dorata in California, per quanto gli scherzi com'è tradizione dei comici americani siano sempre a spese del protagonista. Così Groucho fa ridere soprattutto quando descrive l'inettitudine del padre, pessimo sarto sempre alla ricerca di clienti nuovi (nessuno gli ordinava mai un secondo vestito); GROUCHO E IO Groucho Marx traduzione di Franco Salvatorelli Adelphi pp. 316 L. 35.000 I quattro fr: Chico (vero nome Harpo (vero nome Groucho (vero nome e Zeppo (vero nome
Persone citate: Benchley, Franco Salvatorelli, Groucho Marx, Julius Henry Marx, Marx, Perelman
Luoghi citati: California, Manhattan
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