«Gente d'America, facciamo pace» di Andrea Di Robilant

«Gente d'America, facciamo pace» Ma nel messaggio-intervista alla Cnn il leader iraniano addossa al governo Usa la responsabilità della rottura «Gente d'America, facciamo pace» Parla Khatami, Clinton incollato alla tv WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Auguri ai seguaci di Gesù Cristo, auguri al grande popolo americano». Dopo quasi vent'anni di ostilità tra Teheran e Washington, il Presidente Muhammad Khatami chiede agli americani - in un appello trasmesso dalla «Cnn» - di riprendere il dialogo con l'Iran e guardare al futuro nel segno della pace. Khatami ha elogiato la civiltà americana «fondata dai pellegrini di Plymouth Rock», ha parlato di Lincoln e di Tocqueville, ed ha invitato gli Stati Uniti a rompere «il muro di diffidenza» che separa i due Paesi. Ma poi ha anche accusato il governo americano di non aver abbandonato «la sua mentalità da Guerra fredda». Ed ha evitato di proporre una ripresa del dialogo politico tra i governi dei due Paesi. L'appello e la successiva intervista concessa a Christiane Amanpour, la star della rete di Ted Turner, sono stati molto seguiti negli Stati Uniti anche per via di una martellante campagna della «Cmi» per promuovere il suo scoop. E nell'intervista Khatami ha preso per la prima volta le distanze dalla tragica vicenda degli ostaggi - un episodio ancora oggi profondamente impresso nella memoria degli americani sostenendo che in quell'occasione «successero cose che fu difficile contenere», da collocare comunque nel loro giusto contesto storico. Ma la Casa Bianca non ha nascosto la sua parziale delusione per la timidezza dell'apertura compiuta dal Presidente iraniano. «Abbiamo ascoltato con grande interesse le sue parole», ha detto l'amministrazione Clinton in un comunicato diramato subito dopo la trasmissione. «E siamo certamente soddisfatti dal suo invito al dialogo. Ma continuiamo a pensare che i due governi debbano dialogare direttamente». Khatami, invece, si è limitato a parlare di «un dialogo tra civiltà» ed ha auspicato lo scambio di «accademici, religiosi e giornalisti». Il leader religioso Ali Khamenei, cui spetta l'ultima parola sulla politica estera dell'Iran, aveva detto nei giorni scorsi che i tempi non erano maturi per una ripresa del dialogo con gli Stati Uniti. E l'idea di fare un appello «al popolo americano» anziché al governo degli Stati Uniti è stata interpretata da molti come una trovata di Khatami per placare l'ostilità dell'ala dura guidata dal presidente del Parlamento Ali Akbar Noury. Il quale ieri ha dichiarato, più conciliante del solito, che «è giusto mandare un messaggio al popolo americano». L'amministrazione Clinton, da parte sua, insiste che il dialo¬ go deve partire da una franca discussione attorno ai tre capi d'accusa che rivolge all'Iran: assistenza al terrorismo, sviluppo di armi nucleari e boicottaggio del processo di pace. Khatami ha risposto stizzito che d'Iran non è una potenza nucleare e non intende diventarlo» e che non appoggia il terrorismo. Sul Medio Oriente ha detto che il suo Paese «è disposto a contribuire ad una pace giusta e durevole» tra eberi e palestinesi. Andrea di Robilant Il nuovo Presidente sugli eccessi rivoluzionari: ogni cosa va giudicata nel contesto storico Il presidente iraniano Mohammad Khatami