Dagli abissi alla luce di Nico Orengo

Dagli abissi alla luce Dagli abissi alla luce // destino triste dell'eroina di Andersen LA FIGLIA DI TRITONE OL primo a ferire, crudelmente, la Sirenetta fu il suo stesso inventore: Hans Christian Andersen. Lo fece mentre ne stava scrivendo la sua impossibile storia d'amore con il bel principe. Le spezzò la coda. Lo fece tramite la Strega del Mare che, in cambio della sua voce, quella coda spezzata avrebbe tramutato in gambe di ragazza. Con un gesto feticista e vandalico questa volta la Sirenetta scolpita nel 1913 da Edward Eriksen, ha perso la testa. Per prendergliela hanno usato una sega, come già era accaduto nel '64. Pòvera Sirenetta, protagonista di una fiaba infelice. Lei, con altre cinque sorelle, nipotina del Re del Mare, che viveva spensierata in un castello sott'acqua. Felice fino al compimento del suo quindicesimo anno d'età, perché fu allora che la Madre del Re del Mare oltre a metterle sulla coda le dieci ostriche, simbolo di grande nobiltà, le permise di salire sulla superficie del mare a vedere il mondo sopracqueo. E le grane cominciarono tutte da lì, perché se le sorelle si limitarono a dare un'occhiata alle stelle, al cielo, alla Luna, la Sirenetta provò subito una gran curiosità per un giovane. E da qui il tentativo di diventare umana, di sposare il principe, di possedere, come gli umani, un'anima immortale. Romantico e realista, attento alle leggende e alla letteratura del fantastico, Andersen, figlio di un calzolaio e di una lavan- daia, era nato a Odense nel 1805, ha una vita che assomiglia ai suoi racconti, tra il Brutto Anatroccolo e la Piccola fiammife¬ raia, malaticcio e sensibilissimo, povero e con una grande volontà. Sognava il teatro, s'incantava sulle capriole dei burattini, voleva per loro scrivere delle storie. Complice il padre che gli raccontava fiabe e leggende. Spericolato viaggiatore, innamorato della luce mediterranea, anche Andersen compì il suo tour italiano: fu a Sorrento, a Napoli, a Roma, a Venezia. E proprio da questi viaggi se ne ritornò in Danimarca con il suo manoscritto di «Novelle», era il 1835, che segnarono la sua fortuna. Il suo segreto, quello che spiegò ad altri grandi scrittori, come Dickens, Hugo, Dumas, Lamartine, risiedeva in un linguaggio semplice, dove: «Animali, piante, cose, e specialmente gio¬ cattoli e costruzioni fantastiche, pensano, parlano e si comportano come persone». Fu il primo «scrittore per ragazzi» nella storia della letteratura e la sua popolarità così diffusa che veniva accolto ovunque come un Re, mentre, nella sua città natale, ancora in vita già gli era stato dedicato un monumento, che lo scrittore, civettuolamente, ogni sera andava a salutare. Nella sua vita, fra i tanti incontri, ce n'è uno che ha il sapore della sfida. E' quello con Jakob e Wilhelm Grimm, i fratelli delle fiabe. Gli chiedono chi sia e cosa abbia scritto. Risponde: «Andersen» e «fiabe». Vorrebbe divenirne amico, ma sente che i due sono rigidi, professorali, più filologi che inventori e se ne allontana. Lui si considera uno che trova sì nella tradizione ma reinventandola sugli oggetti quotidiani: soldatini di stagno, piselli, fiammiferi: nulla, o proprio poco, da spartire con quei due seriosi frate li. A Odense, poco dopo la sua morte, avvenuta nel 1875, cominciarono a concretizzare il mito di Andersen: gli attribuirono la casa natale, le vie dei suoi racconti e un Museo che raccoglie manoscritti, disegui fra grandi pannelli raffiguranti i personaggi delle sue 156 novelle. Un kitsch discreto, lontano da quello vertiginoso che la Disney ha combinato con le sue opere. Nico Orengo Lo scrittore Christian Andersen

Luoghi citati: Danimarca, Napoli, Odense, Roma, Sorrento, Venezia