1997, così Raiuno perdette il primato di Alessandra Comazzi

1997, così Raiuno perdette il primato Mentre il Canale 5 di Costanzo rivendica le caratteristiche di «servizio pubblico» 1997, così Raiuno perdette il primato FANTASTICO ha rappresentato la punta evidente di un problema più generale, quello di Raiuno. Ieri, forse spinti dalla forza della disperazione, per raddrizzare le sorti del programma, almeno nella sua ultima puntata, ci hanno provato in tutti i modi, con le tette della Marini e della Falchi, con le gambe della Parisi, con i lazzi volgari di Gianfranco D'Angelo sui bagni pubblici. E proprio tutto questo, corpi al vento e battute da avanspettacolo, dimostra che è soprattutto lei, la rete cosiddetta ammiragha della tv di Stato, a soffrire di forte crisi. Di identità prima di tutto. Perché se Raidue, con Freccerò, tenta comunque di sviluppare qualche idea, l'idea dell'evento, a esempio, l'idea della giornata tematica; se la Raitre di Giovanni Minoli se la cava con i suoi «format», che non saranno dei campioni di originalità, ma ogni tanto riescono a essere interessanti, Raiuno pare brancolare nel vuoto assoluto. Situazione che non si può imputare totalmente a Tantillo, uomo esperto di televisione, grande conoscitore fin dai tempi di Guglielmi. Ma il direttore deve essere soltanto, anche lui come Fantastico, l'effetto della crisi, e non la causa. Sembra persino che dietro la mancanza di strategia, ma soprattutto di programmi, di trasmissioni, ci sia la volontà di farla andare male, la rete. Per venderla meglio quando dovesse essere necessario farlo? Ma indebolire un prodotto significa svenderlo, non venderlo meglio. Forse non c'è nessuna decisione, c'è soltanto la reale incapacità di anti¬ cipare i gusti del pubblico, di capire che cosa il potenziale spettatore desidera vedere. La televisione va a mode, e quest'anno non è di moda nemmeno lei. Se pensiamo che cento milioni di persone sono andate al cinema durante le feste di Natale, vuol dire che il video soddisfa sempre meno. Soprattutto non coltiva mi suo pubblico futuro, ma riesce stancamente ad attirare i soliti affezionati che comunque vedono tutto. Uno si chiede: ma quegli oltre tre milioni di telespettatori che hanno assistito al famoso «Vajont» di Paolini, non dicono niente a chi dirige la rete più generalista di tutte? E i sette milioni di «Don Milani», neanche? Perché insistere perversamente sulla strada del becero, della cantata generale, della canzonetta esibita? Non ci sono più autori. Certo, perché nessuno è stato coltivato, i talenti mortificati a favore del livellamento, dell'interscambiabuità. Che il pubblico cambia e che bisogna coltivare i talenti lo capisce invece Maurizio Costanzo, direttore di Canale 5, il quale sta occupando il territorio lasciato libero dalla tv di Stato. Sia con l'intrattenimento, sia con l'informazione. Pare che anche Fabio Fazio vada con lui, e che per contro Bonolis non voglia rischiare con la Rai. La quale ha da tempo allontanato i suoi fedeli alla Baudo. Dall'anno prossimo, Costanzo potrebbe anche organizzare Fantastico. Chiunque lo organizzi, non lo potrà fare più brutto di questo. Alessandra Comazzi

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