I curdi chiedono aiuto ai loro connazionali
I curdi chiedono aiuto ai loro connazionali A Torino poche decine di ex studenti rifugiati I curdi chiedono aiuto ai loro connazionali Sono alcune decine i curdi, per lo più di origine irachena, che vivono a Torino. In questa città hanno studiato negli Anni 80, si sono laureati in Architettm j e Ingegneria, e oggi lavorano come liberi professionisti, insegnanti, commercianti. Tutti sono stati riconosciuti rifugiati politici per le condizioni in cui versa il Kurdistan iracheno. Tutti coltivano il legame con la terra d'origine e sentono fortemente il senso di appartenenza ad un popolo combattivo, ricco di tradizioni, perseguitato e massacrato dai governi dei quattro Paesi - Iraq, Iran, Turchia e Siria - nei quali è diviso il territorio. In questi giorni la comunità si interroga sul futuro delle centinaia di uomini, donne e bambini che approdano alle coste calabresi. «Per quanto abbiamo potuto appurare - spiega Sirwan Giabari, precidente del circolo multietnico Nawrez di piazza Campanella 23 nessuno ha legami di parentela con i curdi iracheni e iraniani che vivono a Torino. Sono persone che cercano di andare verso i Paesi del Nord Europa, più freddi dell'Italia per quanto riguarda i rapporti con la popolazione locale, ma più generosi di opportunità di lavoro». Sirwan Giabari aggiunge: «L'Italia riconosce i diritti, offre permesso di soggiorno e titolo di viaggio ai rifugiati, ma nessun'altra sicurezza. Di questi tempi, purtroppo, le condizioni di vita sono poco favorevoli per gli stessi italiani. Noi chiediamo però all'Italia di tenere aperte le frontiere e far pressione perché il problema del Kurdistan diventi di rilevanza internazionale». I curdi che da anni vivono a Torino hanno sempre fatto il possibile per far conoscere le tradizioni della loro terra, la tragedia e la lotta del loro popolo per l'autodetenninazione.
Persone citate: Sirwan Giabari
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