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Dalla Chiesa: «Signore mie» Dalla Chiesa: «Signore mie» Professionalità, vicino al potere alcune diventano molto arroganti Un talk-show vero, dopo anni di «Forum», Rita Dalla Chiesa l'inseguiva da tempo. ((Avevo pensato a un grosso contenitore che fosse insieme intrattenimento e riflessione: lo dovevamo chiamare "Anni e anni". Ma poi a Canale 5 da Gori si è passati a Sodano, da Sodano a Costanzo, di "Anni e anni" non c'era rimasto niente ed eccomi qua a fare "Signore mie", quattro, cinque donne normali, sempre diverse, che ogni giorno, dalle 11,30 alle 13, raccontano la loro vita, un occhio ai fatti del giorno, un altro al loro passato. Non è proprio il talk-show che sognavo, ma insomma è un modo per fare una televisione riflessiva e partecipata. Quella che vogliono da noi donne». Ma quali sono le qualità femminili considerate vincenti in televisione? Rita Dalla Chiesa non ha dubbi: non ci sono. «Non esistono qualità femminili e qualità maschili. Esistono solo persone che sanno fare bene i loro programmi e persone che li fanno male. Piuttosto credo sia giusto che a fare le interviste siano i giornalisti veri, perché tranne alcune eccezioni, chi in vita sua fino a quel momento ha cantato canzonette oppure ha condotto quiz, non sa che un'intervista non è una serie di domande in fila, via una l'altra, ma un piccolo contradditorio a due voci per mettere in evidenza qualità e difetti dell'intervistato. Del resto uno che sa fare due passi di danza, mica si spaccia per ballerino». Ma se maschio e femmina in video si equivalgono come mai alle donne non vengono affidati mai, o quasi mai, i programmi che parlano di politica? «Non so, forse perché le donne non hanno confidenza col potere. Certo è che, a parte Lucia Annunziata, quando a qualche giornalista di sesso femminile è toccato occuparsi di politica, le ho visto metter su una spocchia, un'arroganza, che gli uomini non possiedono. Non è stata una bella prova». [si. ro.]