Netanyahu-Levy: il primo round al premier di Aldo Baquis

Netanyahu-Levy: il primo round al premier Al momento del voto l'ex ministro degli Esteri non s'è presentato fìngendo di essere in ritardo Netanyahu-Levy: il primo round al premier Approvato il bilancio TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO All'indomani delle dimissioni del ministro degli Esteri David Levy e della uscita dal governo della sua lista Ghesher, il premier Benyamin Netanyahu ha conseguito un importante successo riuscendo ad ottenere alla Knesset l'approvazione del bilancio statale per l'anno 1998. Cinquantotto deputati hanno approvato la politica economica del Likud, cinquantadue le hanno votato contro e l'ex ministro Benyamin Begin (Likud) si è astenuto. Al momento della votazione, Levy - che aveva preannunciato che avrebbe votato contro - ha preferito attardarsi in un corridoio. Superato positivamente un primo ostacolo, Netanyahu si accinge oggi ad affrontarne un secondo quando riceverà Dennis Ross, remissario del segretario di Stato Madeleine Albright inviato a Gerusalemme per verificare quanto resti del processo di pace dopo le dimissioni del ministro degb Esteri. Domenica Levy aveva affermato che all'interno del governo israeliano vi sono ministri che operano per impedire progressi nei negoziati con i palestinesi. Ieri Netanyahu ha assicurato che ordinerà un nuovo ritiro in Cisgiordania «sempreché - ha precisato - i palestinesi mantengano i propri impegni». ^Procederemo ha aggiunto il premier, che il 20 gennaio sarà ricevuto da BUI Chnton - con prudenza, responsabihtà e correttezza». Domenica notte le dimissioni di Levy hanno provocato nel Likud recriminazioni e polemiche nei confronti del premier. «Non ti consulti mai con nessuno, questi sono i risultati», gh ha rinfacciato il ministro delle Comunicazioni Limor Livnat. «Con una maggioranza così ristretta il governo non potrà funzionare. Devi fare un esame di coscienza» ha rinca rato il sindaco di Gerusalemme Ehud Olmert, che cova la speran za di essere nominato un giorno candidato del Likud alla carica di primo ministro. E il ministro del la Giustizia Zani Hanegby, che aveva in mano un panino, ha detto mestamente: «Questa è per noi l'ultima cena...». Ma ieri, mezz'ora dopo il voto positivo alla Knesset, sul volto di Netanyahu non si vedevano tracce di tensione. «Negli ultimi 18 mesi - ha notato - i commentatori politici mi hanno dato per spacciato e mi hanno "commemorato" 18 volte. Se fosse dipeso dai loro calcoli, non sarei mai stato eletto. Invece con me la matematica normale non funziona. Rovino tutti i pronostici...». Il suo pronostico personale è che per il momento manterrà il dicastero degli Esteri e che non sarà necessario andare ad elezioni anticipate, che sono invece prefigurate da più parti per la tarda primavera del 1998. Dalla grave crisi politica il governo di Netanyahu sembra addirittura trarre giovamento. «Con la partenza di Levy - ha spiegato un collaboratore del premier - la coalizione è più forte perché adesso tutte le sue componenti hanno maggiori responsabilità». Non molti condividono questa ottimistica analisi. Con 61 deputati su 120, più altri due che lo sostengono dall'esterno, Netanyahu sarà quotidianamente esposto a minacce, ricatti e sbalzi di umore. Dovrà convincere 17 recalcitranti deputati nazionalisti ad approvare un ritiro in Cisgiordania e subito dopo «quadrare il cerchio» della «Legge sulla conversione» all'ebraismo che vede su posizioni diametralmente opposte i partiti ortodossi della sua coalizione e l'ebraismo statuni¬ tense. Per lui, le acque saranno perennemente agitate. «Dai nostri predecessori laboristi - ha fatto anche notare Netanyahu - abbiamo ereditato un gigantesco disavanzo che siamo stati costretti a ridurre in modo drastico per evitare un collasso dell'economia che invece adesso, grazie al bilancio del 1998, finalmente si soUeverà». Possibile, pareva dire, che questo sforzo ciclopico non abbia eco nei titoli dei giornali? La campagna per screditare Levy ha intanto mosso ieri i primi passi quando una fonte del Likud ha «rivelato» che le sue dimissioni rientrano in un vasto «complotto» di corridoio ordito dai laboristi e da elementi in seno al Likud ostili a Netanyahu. Levy e il leader laborista Ehud Barak hanno subito smentito. Ma la fonte ha insistito che Levy ha già ricevuto assicurazioni che, se i laboristi riuscissero a far cadere Netanyahu e a formare un governo, la carica di ministro degli Esteri sarebbe certamente sua. Aldo Baquis

Luoghi citati: Cisgiordania, Domenica Levy, Gerusalemme, Tel Aviv