L'uomo del popolo di A. B.
L'uomo del popolo L'uomo del popolo Levy, l'ex muratore che guida i sefarditi TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO «David - scandiscono i suoi sostenitori più entusiasti - sei il Re d'Israele, e vivrai per sempre». A rafforzarli in questo profondo convincimento vi è la voce diffusa che quando nacque 60 anni fa a Rabat (Marocco) la levatrice notò con stupore che era già circonciso: evento prodigioso, premonitore di un brillante futuro, così come avvenne appunto nel caso del biblico re David... Vent'anni dopo queste ottimistiche previsioni sembravano del tutto fuori luogo. Respinto per ragioni di salute dal servizio militare, il giovane David faceva allora il muratore a Beit Shean (Tiberiade), 400 metri sotto il livello del mare. Nei cieli di Beit Shean, scrive la Bibbia, d'estate gli uccelli svengono in cielo per la soffocante calura. Entrato nel sindacato dei muratori Levy colse l'attenzione dei dirigenti del «Herut», il partito di Menachem Begin, che lo inclusero fra i loro rappresentanti nella Histadrut (la Centrale sindacale) fino a candidarlo come «L'Uomo Forte» alla carica di Segretario generale. La partita era persa in partenza, ma servì a far conoscere l'ambizioso Levy al grande pubblico. Con la conquista del potere nel 1977 Begin volle includerlo nell'esecutivo. Era giovane e di bell'aspetto, sefardita (originario cioè dei Paesi arabi), proletario, anti-socialista: l'incarnazione, insomma, di quel «secondo Israele» che secondo Begin i laboristi avevano trascurato e lasciato nell'indigenza. All'ombra di Begin prima e poi di Shamir e di Netanyahu, Levy constatò tuttavia che anche dopo la sconfitta storica dei laboristi l'establishment politico israeliano era rimasto tutto sommato ashkenazita, cioè nelle mani di ebrei dell'Europa dell'Est. Nel partito era considerato un esperto di questioni sociali: ministro dell'Immigrazione prima e dell'Edilizia poi, Levy sognava però di essere ammesso nel club esclusivo dei ministri che contano davvero. Prima di essere finalmente nominato ministro degli Esteri (1990) dovette ingoiare non poche umiliazioni e sentirsi ricordare infinite volte che non parlava l'inglese. La frustrazione repressa per anni esplose il 29 marzo 1992 quando Levy pronunciò lo storico «discorso delle scimmie» davanti al Comitato Centrale del Likud: «Per alcuni di voi - disse con la voce spezzata - sono stato come una scimmia appena scesa dall'albero». Accanto gli siedevano indifferenti Shamir e il ministro della difesa Moshe Arens, che non facevano mistero del proprio disprezzo verso di lui. Solo nel 1996 Levy ha finalmente trovato il coraggio di uscire dal Likud, fondando la lista autonoma populista Ghesher. Ma per prudenza alle elezioni del maggio 1996 si è presentato solo dopo che il Likud gli aveva promesso almeno sei seggi. Con la conferenza stampa di ieri Levy sembra aver tagliato una volta per tutte il cordone ombelicale dal movimento politico in cui è cresciuto. «Non mi posso più identificare nella vostra ideologia», ha affermato. «Mi spiace». [a. b.]
Persone citate: Begin, Menachem Begin, Moshe Arens, Netanyahu, Shamir
Luoghi citati: Europa Dell'est, Israele, Marocco, Rabat, Tel Aviv
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