VITTIME DI UNA VITA NORMALE

VITTIME DI UNA VITA NORMALE VITTIME DI UNA VITA NORMALE u N giovane poliziotto che spara a un allievo carabiniere per amore di una ragazza nel giorno di Capodanno. Che gira tutta la notte tra residui di «botti» e alberi di Natale e poi torna a uccidersi sul luogo del delitto guardando le finestre spente della donna che sentiva irreducibilmente sua. Potrebbe sembrare, a prima vista, una storia triste ma abbastanza normale, che rispetta le regole della privazione e del disinganno estremo: acuiti dall'aria di festa, di appagamento vero o fittizio che turbina all'intorno, dal senso rituale di un compimento che magari si rifiuta, di una svolta che non ci sarà. Ma in questo caso la solitudine e il dolore che si stravolgono in furia selvaggia suscitano turbamento soprattutto per l'eccesso di normalità da cui sembrano generati. Per la perdita, abissale, di una solida, accertata misura umana in uno dei due primattori. Lui, lo sparatore, è un giovane di buona famiglia. Diplomato geometra, si è raffermato nella polizia al termine del servizio di leva. Lavora nella squadra anticrimine con incarichi di responsabilità. Si direbbe educato a una scuola di disciplina non soltanto formale. Dovrebbe pur contare, alla crescita interiore, la conoscenza dei delitti che si consumano nelle latebre della città moderna. Tutti del resto parlano bene di lui. Timido, innamorato perdutamente della sua ragazza «bella come il sole» che, dopo quattro anni di intesa, lo ha lasciato: riguardosamente, civilmente, perché sentiva che il loro rapporto affettivo si era consu- Lorertzo Mondo CONTINUA A RAG. 8 SECONDA COLONNA