L' ultimo abbraccio di Perosa
L' ultimo abbraccio di Perosa Tutto il paese ieri ai funerali celebrati dal vescovo di Pinerolo Debernardi L' ultimo abbraccio di Perosa Ai ragazzi uccisi dalla neve Claudio Giacchino Tanta, tanta gente è venuta a salutare per l'ultima volta i fratelli Andrea e Sandro Pan sol in e Mauro Daviero, i ragazzi assassinati dalla neve il giorno di S. Stefano. E' venuta da tutta la valle. Una folla cosi strabocchevole la piccola, ottocentesca chiesa intitolata a San Genesio, arroccata lassù, sul cucuzzolo, sopra Perosa Argentina, non aveva mai visto. Sono stati davvero funerali sentiti, partecipati quelli degli sfortunati Andrea, Sandro e Mauro, rapiti dalla morte nel fiore degli anni. La gente è arrivata per tempo, quando ancora un raggio di sole illuminava il sagrato senza però scaldarlo. Alle 14,20, quaranta minuti prima dell'inizio della messa funebre, le tre navate di San Genesio erano stipate: in breve, sono diventati siepe di corpi il sagrato, che s'apre sulla piazzetta Barat, e la via retrostante. Perosa conta 3800 abitanti: togliete i bimbi, gli anziani impossibilitati a muoversi, coloro che il lavoro ha costretto a stare lontani, e vi accorgerete che l'intero paese s'è stretto attorno alle bare di legno chiaro dei fratelli Pansolin e dell'amico Mauro, al dolore straziato e straziante dei loro genitori, nonni, zii, amici, colleghi di lavoro e studio. In segno di rispetto per la tragedia, i negozi avevano abbassato le saracinesche, su tutte si leggeva lo stesso cartello listato di nero: «Chiuso sino alle 17,30 per lutto». Una delle rare serrande alzate: quella del bar pizzeria davanti all'ingresso secondario della chiesa. Non sappiamo se, normalmente, è cosi preso d'assalto. Prima, durante e alla fine della triste cerimonia bisognava fare la coda per arrivare al bancone del caffè, ordinare una tazza calda: il rimedio al vento gelido che spazzava il sagrato e la via, una fortuna che il locale sia rimasto aperto, ha di sicuro evitato qualche malore. E, tra i suoi tavolini, nessun sorriso, nessuna chiacchiera da bar, solo sospiri, rassegnazione, tristezza, smarrimento, imprecazioni contro il destino crudele che ha cancellato dal mondo tre giovani raccontati dalla voce popolare come «seri, ricchi di valori». Impossibile, abbiamo detto, entrare in chiesa già quaranta minuti prima dell'inizio della messa. Però, la gente rimasta fuori l'ha potuta seguire lo stesso, grazie agli altoparlanti che hanno sparso le parole del vescovo di Pinerolo, Pier Giorgio Debernardi, nel freddo e nel silenzio rotto talvolta da un singhiozzo, da uno scoppio di lacrime, dall'abbai.in- lontano, laggiù, nella valle, di un cane, dai rintocchi della campana di San Genesio. Il vescovo ha parlato dieci minuti: ora rivolto alle bare, allineate ai piedi dell'altare, ora alla macchia di dolore disegnata dai famigliari di Andrea, Sandro, Mau- ro. Che cosa cure a mamme e papà che stanno patendo la sofferenza peggiore che possa toccare a un genitore? Ogni padre, ogni madre si specchia nel figlio, vede in lui il futuro, è la sua speranza. Toglili la speranza, il futuro, e che cosa resta? «Avevo pregato il Signore che almeno me ne avesse lasciato uno, invece...Nulla, non resta nulla, tutto è finito» diceva la mamma dei fratelli Pansolin, lunedì matti¬ na, a Cesana, appena scoperto che tutti i sogni, i progetti sui suoi due ragazzi erano di colpo svaniti, travolti da un mucchio di neve assassina. E, ieri, il vescovo s'è rivolto a questa donna piagata dal dolore supremo: «Mamma Dina, dovrai d'ora in poi dire ai tuoi amati Andrea e Sandro "Tocca a voi, adesso, trascinarci, noi non ce la facciamo". E loro lo faranno, con la forza e l'amore di Dio». Una folla immensa ha seguito ieri i funerali a Perosa Argentina
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