Vattimo: è il fruito dell'idolatria

Vattimo: è il fruito dell'idolatria Vattimo: è il fruito dell'idolatria Canzian deiPooh: vorrei fosse solo un ladro Aggrapparsi a un mito fino a travolgerlo e distruggerlo per sopravvivere. Se davvero l'aggressore di Harrison è un fan, la sua storia è il cammino di un delirio che separa la storia personale e quella del mito dal resto del mondo. Salvo nel mondo rientrare per la gigantesca portata del gesto. La criminologia ha un altro bel caso da studiare. Ma il caso si legge meglio se si va a cercare la quotidianità della musica. Red Canzian, dei Pooh, uno dei più pacati e sottili lettori del successo, dice: «Nella tristezza di ciò che è accaduto, vorrei tanto che si trattasse del ladro che può toccare a voi, a me, a un Nobel. Il fan che esaspera la sua adorazione mi spaventa». I Beatles sono un mito così degno di distruzione, da Lennon a Harrison? Canzian: «I Beatles erano un mito e il mito si è cristallizzato quando si sono sciolti, Come per Marylin Monroe, che oggi sarebbe una brutta ~ lQna. Ci hanno insegnato tut¬ to, più di Presley, di Natalino Otto, del Quartetto Cetra. E si sono interrotti. E lì è rimasto il mito da sfregiare, da colpire, anche per un amore delirante. Non accade con i Rolling Stones perché loro invecchiano con noi, ogni tre anni sulla strada». E infatti l'amore-ossessione uccide o tenta di farlo. Massimo Bubola, uno dei più raffinati autori e cantautori italiani, evita le mezze misure: «Ho incontrato qualche anno fa Lou Reed ed era impaurito. Questo dicevamo: la realtà non siamo noi, bensì la tv. Essere famosi, apparire. Vuoi mettere chi in carcere è uno stupratore e chi il feritore di Harrison? Ammazzare o tentare di ammazzare un pezzo di storia è una fama che anela ad essere paragonabile a quella della vittima. Se Vespa potesse, inviterebbe subito 1 assassino o il tentato assassino a Porta a Porta». Bubola parla di «mito cui ci si aggrappa fino a sopprimerlo». Appunto, dice il filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti: «Il rituale dell'uccidere il re è antico. Uccidendo si volta pagina». E si fugge da un ossessione. Questo ragazzo di Liverpool non fa certo parte dei fans originari, con i suoi 33 anni. Galimberti: «I miti si apprendono, poi si vuole distruggerli. Distruggere i vecchi miti è tipico delle nuove generazioni. Questo non liquida un tentato ornici aio, ma se volete cercare simboli, ci sono tutti». E ancora l'idolatria è il primo riferimento del filosofo Gianni Vattimo: «Ogni idolatria degenera in sacrifici umani. Penso alia quantità di violenza: gli stadi, le sfide stradali. Vite violente che rifiutano il dialogo. E l'idolatria degenera, finché elimina l'idolo». Ne sa qualcosa Red Canzian: «in effetti, nel nostro piccolo, riceviamo lettere che ci lasciano stupefatti, persone che per i loro bisogni, le loro solitudini, le loro ansie, leggono nelle nostre canzoni cose che non abbiamo immaginato mai». Renzo Arbore, testimone di una storia della musica, proprio all'idolatria pensa, «all'autografo negato da una persona sulla quale hai buttato tutti i tuoi sogni», ma anche al ruolo, alla funzione che in certe solitudini hanno i miti: «Elvis Presley e i Beatles. Presley morto, i Beatles sciolti, ma ancora vivi, fino al delitto, all'omicidio di Lennon. E una Marilyn invecchiata? Tutti abbiamo bisogno di idoli e li abbiamo, io per primo, ma se ci investi tutto, se ci investi la tua solitudine, allora tutto si può spaccare». Fino all'omicidio. Dice Canzian: «E' terribile pensare che ci sia gente che soffre cosi tanto per una cosa così bella come la musica». Bravo: musica, non idoli. Arbore: guai proiettare sulla star la propria solitudine Allora il mondo si frantuma A sinistra, il Filosofo Gianni Vattimo. Qui accanto lo showman e storico della musica popolare Renzo Arbore

Luoghi citati: Liverpool