Un autografo, poi 7 spari di Franco Pantarelli

Un autografo, poi 7 spari Un autografo, poi 7 spari Così fu ammazzatoJohn Lennon Franco Pantarelli NEW YORK Manca poco a mezzanotte,' fa freddo e Central Park West, strada residenziale per ricchi, è semideserta. John Lemion vi abita da tempo, dopo che è riuscito a farsi «accettare» dagli schifiltosi condomini del Dakota, un palazzo così chiamato perché quando era stato costruito risultava remoto rispetto alla New York che contava, proprio come il Dakota, allora soltanto un «territorio» in attesa di diventare uno Stato, anzi due, e poi diventato residenza chic dove chi vuole abitarvi deve ottenere l'approvazione di chi già vi abita. Strada semideserta, dunque, la sera dell'8 dicembre 1980, e John sta camminando verso l'ingresso di casa. Dai marciapiede di fronte, quello che costeggia il parco, un giovanotto di 25 anni di nome Mark David Chapman, poi catalogato come psicotico, lo chiama: «Hey, Mister Lennon». Lui lo guarda, è possibile che lo riconosca come il ragazzo che poche ore prima gli aveva chiesto un autografo e che poi non si era mosso di lì, ma non si sa per certo. Perché quello gli spara a bruciapelo. Sette colpi la cui eco, in quel momento, serve solo a ricordare ai condomini del Dakota che il Central Park, di giorno tanto bello, di notte diventa pericoloso. Arriva la polizia e arresta subito lo sparatore che è rimasto ad aspettarla. Arriva l'ambulanza e trasporta il ferito al Roosevelt Hospital. Ma non c'è nulla da fare. John Lennon è morto a 40 anni, il mondo è sconvolto e in qualche modo prende per vera la «motivazione», in chiave delirante, che Chapman dà del suo gesto: «Ho voluto piantare l'ultimo chiodo sulla bara degli anni sessanta». I Beatles e in particolare John Lennon, infatti, gli anni sessanta li avevano impersonati davvero. E nel periodo successivo saranno anche i sociologi, gli studiosi della musica popolare è perfino gli storici a indicare in quella morte sul portone del Dakota la fine di un'intera stagione. Ma c'era gente per cui lui era molto di più. L'anno dopo la sua morte, all'avvicinarsi dell'anniversario, alcuni ragazzi di Mosca (quando sembrava che il regime sovietico fosse incrollabile) decisero di legare al suo nome la loro protesta. Il progetto era di commemorarlo sulle colline Lenin, cantando le sue canzoni. Furono scoperti e arrestati prima che potessero intonarne una. Di quella notte restano ancora molte cose, a New York. A cominciare dallo Strawberry Field, il giardino «universale» voluto da Yoko Ono proprio in quel punto del Central Park dove John amava recarsi, confondendosi alla moltitudine variopinta che lo affolla quando il tempo lo permette. Ora, quella folla variopinta passa di lì, ammira i fiori provenienti da tutto il mondo e manda un pensiero all'ex ragazzo di Liverpool, in una sorta di rito religioso. Col tempo il rito si è affievolito e può perfino capitare che qualcuno passi davanti allo Strawberry Field senza ricordarsi di cosa rappresenta. Ma è facile immaginare che ora le coltellate a George Harrison nella sua casa di Kenley abbiano riportato alla mente di tutti ciò che avvenne nella deserta Central Park West 19 anni fa, ed anche che il rito riprenda più «sentito» che mai. II posto dove e caduto Lennon a Central Park West strada residenziale per ricchi

Luoghi citati: Central, Liverpool, Mosca, New York