«Confermate la condanna per Sofri» di Fabio Poletti

«Confermate la condanna per Sofri» «Nuove prove? No, sono vecchie, stravecchie, se non riciclate». Ma i legali promettono battaglia. La decisione a metà gennaio «Confermate la condanna per Sofri» //pg di Venezia: no alla revisione delprocesso Calabresi Fabio Poletti invialo a VENEZIA Adesso clic n quasi finito questo processo sulla morte del commissario Calabresi che va avanti da dodici anni, si torna a capo, al punto di sempre: è credibile, Leonardo Marino? Il pg Gabriele Ferrari che ha chiesto la conferma 'lolle condanne por Adriano Sofri e gli altri imputati, non ha dubbi: «Non beatifichiamolo ma non è nemmeno un Tòtuccio Contorno. Oliando ha parlato lo ha fatto per una crisi morale non per una riduzione della pena. Chi gli impediva di stare zitto?». Quasi un tormentone che va avanti da dodici anni, quella domanda. Ma anche se sono [lassati cosi tanti anni da quell'ostate dell'HH quando Marino decise di raccontare tutto quello che sapeva sui suoi compagni di un tempo di Lotta Continua, la requisitoria del procuratore generale gira su quel punto. «Non ci sono complotti in questa vicenda, solo li; lungaggini di un processo...», assicura Gabriele Ferrari. E allora se Marino è credibile, ovvie diventano le conclusioni: «In questo processo c'è stato un duello tra chi voleva la verità e chi cercava di occultarla, ma alla fine fra le tenebre ò emersa la luce della verità. Se non volete uccidere due volte il commissario Calabresi, un uomo solo, processato nelle strade al grido di Calabresi fascista, sei il primo della lista, rigettate l'istanza di revisione». Nella battaglia tra «luce e tenebre», Gabriele Ferrari cita la Bibbia. Adriano Sofri, unico tra gli imputati in aula, preferisce Dostoevskij: «Mi viene in mente Giovanni nei "Demoni": "Essi, preferiscono ie tenebre..."». L'avvocato Gamberini, che lo difende, guarda invece al sodo: «Una requisitoria vergognosa, conclusa con un appello ricattatorio ai giudici, quando sostiene che non si può ammazzare due volte Calabresi. E poi ci sono state molte superficialità. Oltre a un attacco di quattro ore contro Lotta Continua, definita come una banda armata...». Alle conclusioni, non è presente Gemma Capra. Accompagnata dal figlio Paolo, ha preferi¬ to lasciare l'aula poche ore prima. Senza dire una parola come sempre, dopo aver passato tutta l'udienza a scrivere su un quadernetto, dopo essere rimasta impassibile anche nei passaggi più duri della requisitoria, quando il procuratore generale legge le frasi scritte sul giornale Lotta Continua negli Anni 70. Come questa: «Il proletariato ha già emesso la sua sentenza. Calabresi è il responsabile della morte di Pinelli: dovrà pagarla cara». Per Gabriele Ferrari l'omici¬ dio del commissario di polizia avvenuto nel '72, è il primo atto del terrorismo. Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, cioè i presunti mandanti, hanno per questo una doppia responsabilità: «Anche se non si sono sporcati le mani, sono più colpevoli di tutti». E allora «grazie a Marino, senza di lui questa storia non sarebbe mai stata scritta». Un complimento che sembra infastidire l'ex operaio della Fiat che sedici anni dopo l'omicidio si è presentato in una caserma dei carabinieri. In aula siede in prima fila accanto al suo avvocato, ogni tanto sfoglia la Gazzetta dello Sport, quasi sempre tiene gli occhi bassi, le mani alle tempie: «Essere ringraziato non mi fa né caldo ne freddo, non mi aspetto assoluzioni terrene». Una fruse ad effetto, a contorno di questo processo in cui si dovevano esaminare nuove prove, sentire altri testi, verificare se c'erano elementi nuovi per ribaltare le condanne a 22 anni di carcere. Ma anche su questo il giudizio del procuratore gene¬ rale è lapidario, in alcuni momenti fin troppo sbrigativo: «Qui ho sentito solo prove vecchie, stravecchie, se non riciclate». Alcune le definisce addirittura minestre riscaldate. Come il diario di Antonia Bistolfi, la compagna di Marino, in cui viene raccontata l'intenzione di Marino a costituirsi: «La difesa, come ha avuto questo diario?». Come la deposizione del vigile Torre, che ricordava Ovidio Bompressi a Massa il giorno dell'omicidio, a brindare alla morte di Calabresi: «Una carta disperata... E poi si presenta solo ventisei anni dopo...». Oppure la storia dei 200 milioni finiti a Marino dallo Stato - «Un bluff», lo definisce Gabrie le Ferrari - o la testimonianza di Luciano Gnappi, che giura di aver visto la foto del killer tra quelle segnaletiche, ma la foto è poi scomparsa e l'allora dirigente della Questura Antonino Allegra avrebbe fatto finta di niente. Taglia corto, il magistrato Ferrari: «Doveva essere la prova regina, ma Gnappi non ha nemmeno riconosciuto Allegra, un clamoroso errore di persona». Per non parlare delle perizie sui proiettili - «Siamo all'abc della balistica, la tesi difensiva vale meno di zero», liquida il pg - o di quelle sull'incidente stradale in via Cherubini. Insiste, Gabriele Ferrari: «Non sono prove nuove, confermate le accuse». I difensori promettono battaglia, ai giudici veneziani a metà gennaio l'ultima parola. La procura: Marino è credibile, ha parlato per una crisi morale Chi gli impediva di stare zitto? La difesa: questa requisitoria è stata vergognosa con un appello ricattatorio ai giudici Adriano Sofri Sopra: Gemma Capra vedova del commissario Calabresi «Confermate la condanna per Sofri» «Nuove prove? No, sono vecchie, stravecchie, se non riciclate». Ma i legali promettono battaglia. La decisione a metà gennaio «Confermate la condanna per Sofri» //pg di Venezia: no alla revisione delprocesso Calabresi Fabio Poletti invialo a VENEZIA Adesso clic n quasi finito questo processo sulla morte del commissario Calabresi che va avanti da dodici anni, si torna a capo, al punto di sempre: è credibile, Leonardo Marino? Il pg Gabriele Ferrari che ha chiesto la conferma 'lolle condanne por Adriano Sofri e gli altri imputati, non ha dubbi: «Non beatifichiamolo ma non è nemmeno un Tòtuccio Contorno. Oliando ha parlato lo ha fatto per una crisi morale non per una riduzione della pena. Chi gli impediva di stare zitto?». Quasi un tormentone che va avanti da dodici anni, quella domanda. Ma anche se sono [lassati cosi tanti anni da quell'ostate dell'HH quando Marino decise di raccontare tutto quello che sapeva sui suoi compagni di un tempo di Lotta Continua, la requisitoria del procuratore generale gira su quel punto. «Non ci sono complotti in questa vicenda, solo li; lungaggini di un processo...», assicura Gabriele Ferrari. E allora se Marino è credibile, ovvie diventano le conclusioni: «In questo processo c'è stato un duello tra chi voleva la verità e chi cercava di occultarla, ma alla fine fra le tenebre ò emersa la luce della verità. Se non volete uccidere due volte il commissario Calabresi, un uomo solo, processato nelle strade al grido di Calabresi fascista, sei il primo della lista, rigettate l'istanza di revisione». Nella battaglia tra «luce e tenebre», Gabriele Ferrari cita la Bibbia. Adriano Sofri, unico tra gli imputati in aula, preferisce Dostoevskij: «Mi viene in mente Giovanni nei "Demoni": "Essi, preferiscono ie tenebre..."». L'avvocato Gamberini, che lo difende, guarda invece al sodo: «Una requisitoria vergognosa, conclusa con un appello ricattatorio ai giudici, quando sostiene che non si può ammazzare due volte Calabresi. E poi ci sono state molte superficialità. Oltre a un attacco di quattro ore contro Lotta Continua, definita come una banda armata...». Alle conclusioni, non è presente Gemma Capra. Accompagnata dal figlio Paolo, ha preferi¬ to lasciare l'aula poche ore prima. Senza dire una parola come sempre, dopo aver passato tutta l'udienza a scrivere su un quadernetto, dopo essere rimasta impassibile anche nei passaggi più duri della requisitoria, quando il procuratore generale legge le frasi scritte sul giornale Lotta Continua negli Anni 70. Come questa: «Il proletariato ha già emesso la sua sentenza. Calabresi è il responsabile della morte di Pinelli: dovrà pagarla cara». Per Gabriele Ferrari l'omici¬ dio del commissario di polizia avvenuto nel '72, è il primo atto del terrorismo. Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, cioè i presunti mandanti, hanno per questo una doppia responsabilità: «Anche se non si sono sporcati le mani, sono più colpevoli di tutti». E allora «grazie a Marino, senza di lui questa storia non sarebbe mai stata scritta». Un complimento che sembra infastidire l'ex operaio della Fiat che sedici anni dopo l'omicidio si è presentato in una caserma dei carabinieri. In aula siede in prima fila accanto al suo avvocato, ogni tanto sfoglia la Gazzetta dello Sport, quasi sempre tiene gli occhi bassi, le mani alle tempie: «Essere ringraziato non mi fa né caldo ne freddo, non mi aspetto assoluzioni terrene». Una fruse ad effetto, a contorno di questo processo in cui si dovevano esaminare nuove prove, sentire altri testi, verificare se c'erano elementi nuovi per ribaltare le condanne a 22 anni di carcere. Ma anche su questo il giudizio del procuratore gene¬ rale è lapidario, in alcuni momenti fin troppo sbrigativo: «Qui ho sentito solo prove vecchie, stravecchie, se non riciclate». Alcune le definisce addirittura minestre riscaldate. Come il diario di Antonia Bistolfi, la compagna di Marino, in cui viene raccontata l'intenzione di Marino a costituirsi: «La difesa, come ha avuto questo diario?». Come la deposizione del vigile Torre, che ricordava Ovidio Bompressi a Massa il giorno dell'omicidio, a brindare alla morte di Calabresi: «Una carta disperata... E poi si presenta solo ventisei anni dopo...». Oppure la storia dei 200 milioni finiti a Marino dallo Stato - «Un bluff», lo definisce Gabrie le Ferrari - o la testimonianza di Luciano Gnappi, che giura di aver visto la foto del killer tra quelle segnaletiche, ma la foto è poi scomparsa e l'allora dirigente della Questura Antonino Allegra avrebbe fatto finta di niente. Taglia corto, il magistrato Ferrari: «Doveva essere la prova regina, ma Gnappi non ha nemmeno riconosciuto Allegra, un clamoroso errore di persona». Per non parlare delle perizie sui proiettili - «Siamo all'abc della balistica, la tesi difensiva vale meno di zero», liquida il pg - o di quelle sull'incidente stradale in via Cherubini. Insiste, Gabriele Ferrari: «Non sono prove nuove, confermate le accuse». I difensori promettono battaglia, ai giudici veneziani a metà gennaio l'ultima parola. La procura: Marino è credibile, ha parlato per una crisi morale Chi gli impediva di stare zitto? La difesa: questa requisitoria è stata vergognosa con un appello ricattatorio ai giudici Adriano Sofri Sopra: Gemma Capra vedova del commissario Calabresi

Luoghi citati: Marino, Venezia