La grande industria perde posti di Raffaello Masci

La grande industria perde posti In un anno 28 mila unità in meno. l'Istat registra il travaso di operai verso piccole e medie imprese La grande industria perde posti Continua il calo ma crescono i costi Raffaello Masci ROMA La grande industria (con oltre 500 dipendenti) perde 28 mila posti di lavoro rispetto a settembre '98, i servizi ne perdono 4.300. I dati dell'Istat sull'occupazione scuotono l'Italia dal torpore mite delle feste natalizie e sottolineano ancóra una volta che la disoccupazione è un dramma nazionale. Il sottosegretario al Lavoro (ed ex sindacalista) Raffaele Morese però, invita a leggere bene le cifre e a confrontarle con la corrispettiva rilevazione della forza lavoro, e allora l'allarme si ridimensiona: a settembre '99 gli occupati in Italia erano 256 mila in più rispetto all'anno precedente, ma venivano tutti dalla piccola e media impresa. A perdere posti dunque sono solo i colossi, non tanto per una crisi interna quanto per la tendenza ormai diffusa di appaltare all'esterno molte mansioni (Come sottolineano i sindacati) e per l'annosa questione del costo del lavoro che sarebbe ancora troppo alto (secondo Confindustria). Comunque il dato istat di settembre, dice che l'indice degli occupati alle dipendenze delle grandi imprese ha registrato una contrazione dello 0,6% sul mese precedente. Rispetto a un anno prima il numero dei lavoratori è così diminuito del 3,3%, pari a 28 mila unità. «La contrazione di settembre - dice ancora l'Istat - è superiore di quelle osservate nei mesi precedenti» (25 mila unità in meno ad agosto e 21 mila in meno a luglio). Calo dell'occupazione anche per le grandi imprese dei servizi che a settembre, rispetto ad un mese prima, registrano una diminuzione degli occupati dello 0,6% (-0,2% il dato destagionalizzato) mentre rispetto ad un anno prima mostrano una contrazione dello 0,4%, pari a 4.300 unità (2.200 ad agosto, 3.200 a luglio). Complessivamente, considerando le grandi imprese nel complesso (industria più servizi) la riduzione dell'occupa/.ione dal settembre del '98 alfo adesso, mese.diiquetoipo si attesta così a 32.500 unità. Sul fronte delle retribuzioni sempre secondo i dati Istat - a settembre si è invece avuto un incremento tendenziale dell'1,4% (+0,3% n'ii primi nove mesi). Il costo dei lavoro per dipendente, al netto dei cassa-integiati, registra po;. un incremento tendenziale dello 0,8% mentre nel periodo gennaiosettembre è in calo dello 0,2%. Par Cor.fesercenti quanto l'Istat comunica è "musica" ed evidenzia «il contributo della piccola impresa all'incremento di nuovi posti. Mentre le grandi aziende licenziano più dipendenti di quanti non ne assumano, le più piccole incrementano il numero degli occupati specie nei servizi». Ma le «grancuVsottolineano che la loro defaillance è il frutto di ^problemi strutturah» quali la «delocaliz7azione;> (cioè il trasferimento all'estero di alcune produzioni) e dei costi fiscali e del lavoro ancora troppo esosi, secondo il consigliere ai Confindustria per il centro studi, Guidalberto Guidi. Secondo il segretario confederale della Cgil Giuseppe Casadio «il calo delle grandi imprese non incide sull'andamento del Pil ed è fisiologico ai processi di riorganizzazione produttiva che impongono cali dell'occupazione anche in presenza di ripresa». Secondo la Cisl - è il segretario confederale Raffaele Bonanni che parla - «la perdita di posti di lavoro della grande impresa è grave perché mette in evidenza il continuo sfarinarsi della grande industria come caposaldo del sistema economico». E Adriano Musi, segretario confederale della Uil, sottolinea come il dato Istat confermi l'affacciarsi di lavori nuovi che impongono « politiche fiscali e di sviluppo che vanno completamente riviste». Il segretario della Cisl, Sergio D'Antoni, in un'intervista ubblicata da Italia Oggi, propone un nuovopatto tra governo a parti sociali per «scambiare» investimenti e occupazione. D'Antoni attacca D'Alema e Confindustria. Il primo perchè non avrebbe ancora affrontato con la giusta determinazione il tema dell'occupazione e dello sviluppo, soprattutto al Sud: Le grandi imprese perchè «invece di investire dove ci sono i disoccupati, preferiscono incassare gli incentivi e poi investire all'estero o fare affari in Borsa». Nuovi segnali di difficoltà per l'occupazione nella grande industria

Persone citate: Adriano Musi, D'alema, D'antoni, Giuseppe Casadio, Guidalberto Guidi, Raffaele Bonanni, Raffaele Morese, Sergio D'antoni

Luoghi citati: Italia, Roma