Finanziamenti alle scuole religiose, Barak in pericolo di Aldo Baquis

Finanziamenti alle scuole religiose, Barak in pericolo Shas, che dispone di 17 deputati, esige trentasei milioni di dollari per ripianare il deficit del proprio sistema educativo Finanziamenti alle scuole religiose, Barak in pericolo //partito ortodosso minaccia di provocare la crisi Aldo Baquis TEL AVIV Alla vigilia della ripresa di cruciali negoziati di pace con la Siria, il premier Ehud Barak è impegnato in affannosi tentativi per salvare ia eterogenea coalizione di governo dopo che il partito ortodosso-sefardita Shas (17 seggi) ha annunciato che passerà all'opposizione in protesta per mancati finanziamenti pubblici alle sue istituzioni scolastiche religiose. Barak si è detto certo che una «soluzione sarà individuata» prima della serata di oggi, quando il parlamento iniziera le procedure di voto del bilancio statale per l'anno 2000. Ma su intimazione del loro leader religioso, il carismatico rabbino Ovadia Yossef, i quattro ministri di Shas si accingono a rassegnare egualmente le dimissioni. Shas necessita di almeno 36 milioni di dollari per coprire debiti accumulati in anni di lacunosa gestione del proprio sistema educativo 'El ha -Mao yan'. Reclama poi stanziamenti complessivi per 100 milioni di dollari per migliorare i servizi medici pubblici e creare opportunità di lavoro ai disoccupati, molti dei quali simpatizzano per quel partito. Ieri Barak ha replicato di aver già «rischiosamente ridotto» il bilancio delle forze armate, pur di non intaccare quello della pubblica istruzione. Il bilancio per il 2000 «è stato ridotto all'osso» ma il futuro ha previsto - sarà molto più prospero se Israele e Siria riusciranno a concordare un trattato di pace «che dischiuderebbe allo stato ebraico le porte del Medio Oriente». In questo scenario proprio Shas ha un ruolo di primo piano. Senza il sostegno dei suoi 17 deputati, Barak resterebbe con un governo di minoranza di 51 deputati (su 120), e con l'appoggio esterno di liste arabe e eli sinistra. Più importante ancora, da Ovadia Yossef Barak si attende l'avvallo «teologico» di un ritiro dalle alture del Golan, nel contesto della pace con la Siria. Personaggio moderato in politica estera, Yossef ha detto in passato che il Golan non fa parte della storica Terra d'Israele e che sarebbe lecito abbandonarlo se ciò salvasse vite umane. Nelle settimane scorse Barak ha organizzato a Yossef incontri privati con Tony Blair e Jacques Chirac. All'orizzonte sì profila inoltre una sua missione in Siria: domenica il capo di stato Ezer Weizman si è recato dall'anZi "> religioso (che rifiuta di leggere giornali o di guardare la televisione) per documen¬ tarlo sui vantaggi di una pace con Damasco. Ma anche su questo fronte, il sostegno di Shas è tutt'altro che scontato. Un altro rabbino sefardita venerato dai votanti di Shas - il centenario cabbalista Yitzhak Caduri, un ex rilegatore di libri in odore di santità - si è recato in elicottero domenica fra i coloni del Golan per supplicarli di «non abbandonare mai la terra di Mose». Anche i coloni della Cisgiordania incalzano il governo Barak. A quanto risulta al movimento Pace Adesso, le autorità israeliane in Cisgiordania hanno approvato di recente la costruzione di 5.000 nuovi appartamenti che - una volta abitati - altererebbero gli equilibri demografici nei Territori, dove già vivono 170 mila coloni ebrei. Ieri è giunta dal ministero della difesa una mezza smentita: i permessi erano stati emessi dal governo di Benyamin Netanyahu e adesso vengono «riesaminati» dall'attuale ministro della difesa. Cioè da Ehud Barak che, secondo un portavoce, si prefigge di congelarli. Il primo ministro israeliano Ehud Barak