Trappola mortale per quattro alpinisti di Amedeo Macagno

Trappola mortale per quattro alpinisti Dramma in Val di Susa, salvato un compagno che è rimasto per 15 ore prigioniero della neve Trappola mortale per quattro alpinisti Travolti da una slavina, scalavano una cascata di ghiaccio Giovanna Favro Amedeo Macagno SAUZE DI CESANA Li hanno trovati dopo la mezzanotte del 26, festa di Santo Stefano. Cinque giovani alpinisti, rimasti per ore sepolti sotto una valanga di neve che - a causa del vento e di un improvviso rialzo termico - s'è staccata da una montagna della Valle Argenterà, ai piedi del Sestriere e del grande/circuito della Via Lattea. Erano partiti la mattina presto, per scalare una cascata di ghiaccio che non hanno neppure iniziato ad «attaccare». Una slavina con una cinquantina di metri di fronte di neve compatta, dura come cemento, non ha dato loro scampo. Solo uno è sopravvissuto: la slavina l'ha investito con gli altri, intorno alle 11, l'ha imprigionato, lasciandogli però la possibilità di respirare. Per gli altri quattro, nulla da fare. Morti. I corpi, ancora chiusi dentro i giacconi per l'alta montagna, sono ora allineati nella camera mortuaria del piccolo cimitero di Cesana Torinese. Ecco i fratelli Sandro e Andrea Pansolin, 20 e 24 anni, di Perosa Argentina; ecco Manuel Daviero, 26 anni, operaio, anche lui di Perosa Argentina. E Andrea Buffa, 26 anni, di Bibiana, nel Pinerolese. In ospedale a Susa è invece ricoverato Alberto Egardi, classe 1972, studente di San Bernardino di Trana, nella Val Sangone: neanche un graffio addosso all'unico sopravvissuto, rimasto sepolto per 15 ore, e ora sotto choc. Per ore ha urlato, cercando di attirare l'attenzione dei rari turisti che vedeva passare, in lontananza, con gli sci da fondo. Il vento era fortissimo e quell'urlo di disperazione neanche è arri vaio al sentiero di fondovalle che in inverno diventa una pista naturale: nessuno l'ha sentito. E' calata la sera, poi la notte, e Alberio.av.eva..accanto gli amici sepolti nella neve, e non riusciva a fare nulla,, non poteva muoversi. I cinque, esperti di montagna, si erano incontrati per caso ai piedi della cascata: i tre di Perosa Argentina non sapevano di avere scelto, per il giorno di Santo Stefano, la stessa meta di Egardi e Buffa, conosciuti nei rifugid'altaquota..Un sesto giovane, Fulvio Bosio, di Pineroìo, s'è salvato per miracolo: «Sono anda¬ to all'appuntamento con Andrea Buffa e Alberto Egardi. Ma stavo poco bene, e all'ultimo ho deciso di tornare a casa». L'allarme è stato dato alle 20 di domenica dai genitori di Sandro e Andrea Pansolin, Carlo e Dina. «Erano sempre puntuali; quando tardavano, ci avvisavano». Mamma e papà hanno telefonato al so ! ofinta olo Yisr.'.v i non « 112. Poi hanno avvisato Andrea Sorbino, un amico di Perosa, una guida alpina che gestisce un rifugio sul Monviso: «Andiamo a cercarli». E sono partiti per la Valle Argenterà. Intanto, i carabinieri di Sestriere e Cesana hanno mandato jeep all'imbocco delia Valle, e mobilitato altri soccorritori. «Dovevano raggiungere la cascata di '"" ■"- ,' -■3». \«- ghiaccio di Rio Gentira, a circa 1800 metri di quota: siamo saliti nella neve, finché abbiamo visto non solo la Fiesta di Manuel: c'era anche un'altra auto, una Punto rossa. Solo allora abbiamo capito che, con i nostri tre ragazzi di Perosa, dovevano esserci altre persone, bloccate nella tormenta». Avvistate le auto dei ragazzi all'Alpe Plana, i genitori di Sandro e Andrea, con i carabinieri, uomini del Soccorso Alpino e un gruppo di finanzieri hanno perlustrato tutta la zona, marciando in condizioni proibitive dentro una notte maledetta e strana, battuta da una buferà di neve e da un vento forte. Dopo mezzanotte i soccorritori hanno avvertito in lontananza le invocazioni di Alberto. E' stata la madre di Andrea e Sandro Pansolin, Dina, ad udirle per prima. «Speravo tanto che almeno uno dei miei due figli fosse salvo. Almeno uno, pregavo, Dio, restituiscimene vivo almeno imo». Il primo ad essere tirato fuori è Alberto, bloccato nella neve fino ai collo. Aiutati dai cani e dalle pale, con un'angoscia mista a speranza, i soccorritori hanno continuato la ricerca degli amici. Qualche ora dopo, sotto due metri di neve, hanno raccolto tre corpi senza vita. L'ultimo, quello di Andrea Buffa, è stato recuperato solo ieri alle 11, quando Dario Jannon, il coordinatore dei soccorsi Cai, ha mandato a casa i 50 uomini mobilitati per l'operazione: «Abbiamo fatto il possibile». Ieri, sentita la notizia in tv, l'imbocco della Valle Argenterà era pieno di gente in auto che scendeva da Sestriere e dalle altre stazioni turistiche per scoprire quest'angolo di montagna: un lungo pianoro fra i picchi, un luogo incontaminato, dove non ci sono alberghi né impianti. L'ideale per quei cinque ragazzi appassionati di escursioni in alta (mota. A Pian delle Battute hanno parcheggiato le auto, verso le 10: hanno tirato fuori piccozze, corde, chiodi e ramponi e si sono incamminati in fila versola cascata. Non avevano ancora attaccato la parete di ghiaccio e non s'erano neppure ancora irnbragati, quando è avvenuta la tragedia. Secondo il medico legale sono stati uccisi da asfissia e assideramento. n mr* La madre dei due fratelli morti «Ho pregato che Dio mi restituisse almeno un figlio» I cinque giovani alpinisti sono rimasti per ore sepolti sotto la neve. Più di cinquanta uomini sono stati mobilitati nelle operazioni di soccorso, ma solo un ragazzo è stato strappato alla morte