Policromia delle frecce dei pellerossa

Policromia delle frecce dei pellerossa ETNOGRAFIA Policromia delle frecce dei pellerossa Ogni tribù aveva la sua personale colorazione CHI non ricorda al cinema, l'espressione di John Wayne che dallo schermo con sicurezza, estraendo la freccia dal corpo del compagno ferito, riferiva: «Sono Comanche!». Non so se è capitato anche a voi, ma io per anni mi sono chiesto come facesse l'indiscutibile John Wayne a riconoscere, senza esitazione, a quale tribù appartenesse la freccia. Successivamente, proprio costruendo le frecce pellerossa, ho scoperto che la pittura e la scelta di determinati colori erano indice di appartenenza ad una specifica tribù. Le frecce pellerossa erano costituite da un'asta di arbusto o canna alle cui estremità erano legate, tramite fili di tendine animale, una punta (di selce, ossidiana, osso o ferro) e delle penne (di tacchino o rapace). Ma fa caratteristica peculiare consisteva in quello che a primo acchito poteva essere scambiato per semplice decorazione: l'uso del colore. Le pitture erano poste, di solito, nel punto in. cui si applicano le penne all'asta così da poterle riconoscere in qualsiasi situazione. Anche dal racconto del Sioux Iakota Senza Orecchie, si intravede come le frecce dipinte permettessero di identificarne il proprietario: «....durante la caccia al bisonte quando gli uomini avevano ucciso numerosi animali, facevano ritorno all'accampamento eseguendo il canto del bisonte. Le donne, che anch'esse cantavano, si affrettavano a dirigersi verso le carcasse degli animali uccisi, cominciando il duro lavoro di spellatura e squartamento. La pelle della carcassa apparteneva alla donna dell'uomo che aveva ucciso l'animale e ciò si poteva riconoscere dalla freccia». I segni di riconoscimento permettevano di stabilire chi avesse ucciso un determinato animale, oppure quale freccia, tra quelle scoccate dallo stesso cacciatore, avesse provocato la morte dell'animale. Anche al termine di una battaglia, quando il campo era cosparso da centinaia di frecce, i contrassegni di proprietà indicavano al guerriero quali e quanti nemici avesse ucciso. Inoltre, alla fine di una battuta di caccia o battaglia, le frecce che avessero mancato l'obiettivo sarebbero stato facilmente individuate e recuperate dal loro proprietario. Quasi tutte le nazioni indiane usavano la pittura come forma di riconoscimento, alcune preferendo decorazioni ad un solo colore, altre scegliendo due o tre colori. Ad esempio, Hupa, Pit River, Chinook della Costa Occidentale prediligevano rosso, blu e nero; Cherokee, Fox, Seneca dell'Est americano usavano giallo, marrone e rosso; Navajo e Apache del Sud-Ovest privilegiavano rosso e nero, men¬ tre Sioux, Corvi, Cheyenne, Piedineri, Comanche delle Grandi Pianure preferivano giallo, rosso, verde e blu. Le pitture venivano realizzate utilizzando colori di origine minerale, animale e vegetale, stemperate con colla di tendine o succo di cactus, allo scopo di fissare a rendere impermeabile il colore all'asta. I colori ricorrenti erano il rosso (ricavabili dal cinabro, minerale tipico dalla tonalità vermiglia, da terre con presenza di ematite, dalle bacche della Phyitolacca americana); arancio, giallo, marrone e verde (ottenibile da terre minera¬ li unite ad argilla); nero (ricavabile da ocra e ossidi di ferro) e blu indaco (estraibile da diverse piante quaM la Isatis tinctoria, il Polygonum tinctorium e l'Indigofera tinctoria). Nella mia ricerca, per decorare di blu alcune frecce, ho utilizzato quello che, volgarmente chiamato azzurraggio, veniva usato in Italia fino agli Anni 50 per sbiancare il bucato ingiallito. Con la fine dell'Ottocento, anche i nativi americani, cominciarono a sostituire le tinture naturali con quelle industriali importate dai colonizzatori europei. Chi fosse interessato a saperne di più, può contattarci (tel. e fax 011700205, Internet: www.geocities.com/athens/pantheon/8120) presso il Laboratorio di Archeologia Sperimentale di Torino, Dipartimento Primitivi Attuali, dove se ne sono fatte di tutti i colori... di frecce! Ivano Ciravegna In più ogni guerriero marcava le sue con precisi segni distintivi Il riconoscimento dei dardo, tra l'altro, era indispensabile nelle battute di caccia Sioux Cheyenne vi y Cocca Ciuffo di peli FRECCIA COMANCHE DI CORNIOLO, LUNGA 63 cm Punta in ferro di botte IMMHM! Asta Fili di tendine SEGNI DI RICONOSCIMENTO SULLE ASTE DELLE FRECCE

Persone citate: Asta Fili, Cheyenne, Corvi, Ivano Ciravegna, John Wayne, Seneca

Luoghi citati: Italia, Torino