Omero meglio di Schwarzenegger e Dante è bigotto ma ammalia di Masolino D'amico

Omero meglio di Schwarzenegger e Dante è bigotto ma ammalia Omero meglio di Schwarzenegger e Dante è bigotto ma ammalia RECENSIONE Masolino d'Amico Aquarantotto anni David Denby, noto critico cinematografico americano, trovandosi sempre più incerto sui valori della cultura nella quale era. stato allevato, ebbe l'idea di verificarli nel modo più elementare, vale a dire iscrivendosi per la seconda volta all'Università - la Columbia di New York, la stessa che aveva frequentato trent'anni prima - e seguire di nuovo, questa volta come uditore, i corsi introduttivi alla civiltà occidentale, facenti parte del curriculum di base. Da noi a scuola i ragazzi leggono («come», è un altro discorso) i poemi omerici, Virgilio, Dante, «I promessi sposi», ecc., ma negli Stati Uniti arrivano all'Università praticamente digiuni dei cosiddetti classici, e in un primo biennio ne vengono inzeppati, col vantaggio di accostarvisi in maniera un po' più adulta, ma anche con lo svantaggio di portare a questo incontro pregiudizi che il fanciullo non ha avuto modo di sviluppare. Inoltre da una ventina d'anni in qua il canone stesso di questi classici è stato messo in discussione in nome del Politically Corréct: sono emerse le femministe che contestano l'assenza di scrittrici, mentre neri, musulmani e orientali protestano contro il monopolio di coloro che con una sigla chiamano DWM, «Dead White Males», maschi bianchi defunti. Università minori qua e là hanno notoriamente abolito autori immortali come razzisti, imperialisti o simili, proponendo al loro posto qualcosa di più gradito ai loro clienti, che come si sa pagano profumatamente (nella terra della libertà l'istruzione superiore è per la stragrande maggioranza dei cittadini tutt'altro che gratuita); ma anche se Denby vede una matricola di pelle scura alzarsi a domandare perché dev'essere co- stretta ad ascoltare Mozart e non qualche rapper, la Columbia non ha seguito le nuove tendenze se non in piccola parte, e il canone degli Anni 90 non presenta variazioni clamorose rispetto a quello di quando Denby vi studiava. Così nel corso di un anno il nostro critico cinematografico pur continuando a esercitare il suo privilegiato mestiere ha modo di far lavorale il cervello leggendo à fondo, fra gli altri, opere di Omero, Saffo, dei tragici greci, di Platone, Aristotele, Virgilio, dell'Antico e del Nuovo Testamento, e poi di Agostino, Machiavelli, Cartesio, Hobbes, Locke, Shakespeare, Montaigne, Goethe, Rousseau, Hume, Kant, Hegel, Marx, Stuart Mill, Nietzsche, Simone de Beauvoir, Virginia Woolf. Sono in teoria riletture, ma onestamente Denby ammette trattarsi quasi sempre di letture fresche, in RECENMasd'A quanto le impressioni che deriva sono profondamente diverse da quelle che ricorda, oltretutto nebulosamente. Il suo grosso tomo è innanzitutto un resoconto di queste (ri)letture alla luce. Raccontando le sue scoperte, Denby evita il più possibile la mediazione dei critici, e parla delle proprie emozioni proprio come davanti ai film che vede per la prima volta. Così constata, mettiamo, che Omero è straordinariamente violento e crudele, ma allo stesso tempo ben più vivace e divertente delle pellicole con Schwarzenegger; oppure che Hobbes con la sua disincantata disamina dell'egoi- IONE ino ico smo come pulsione primaria dell'uomo può aiutarlo a capire la rapina di cui è stato vittima nella metropolitana. L'analisi del tragico confronto fra gioventù intollerante e vecchiaia dispotica contenuta in «Re Lear» riapre la dolorosa ferita del suo rapporto con la madre, potente e prepotente in gioventù e insopportabile in seguito; «Gita al faro» (lo so, è stato ritradotto come «Al faro»: ma è uno sbaglio) gli si rivela come un prodigio di scavo nelle sensazioni e negli affetti umani, e non più come la frivola manifestazione di sensibilità femminile che gli era parso a diciott'anni. Denby confessa, anche, le proprie difficoltà a entrare nel complicato sistema di Kant, o nella complessa prosa di Hegel; non ha pazienza con Goethe, e riconosce che come profeta Marx è stato un disastro, pur raccomandando assai i suoi scritti giovanili. Ma nel corposo volume c'è di più che una cronaca di rinnovati trasporti, pur efficacemente comunicati, per certi grandi libri. Esponente di quanto c'è di meglio in certa intelligentsia newyorchese talvolta presa in giro da Woody Alien - ebreo agnostico con moglie ebrea anche Tei, intellettuale e adorata (è la romanziera Cathleen Schine), due figli e un grosso gatto, appartamento a Manhattan tappezzato di libri, idee liberali, Denby è autenticamente angosciato dalle minacce che sembrano addensarsi su quello che sente come il proprio retaggio umanistico, e seguendo l'insegnamento di Stuart Mill è disposto ad ascoltare con ogni attenzione coloro che le formulano. Anche i professori che tengono i seminari qui puntualmente descritti hanno un atteggiamento analogo, evitando di imporre alcunché agli studenti, che sono ignoranti ma intelligenti e causidici oltre che etnicamente diversissimi, e cercando piuttosto di portarli per vie traverse ad ammettere che leggere Platone non significa sposarne il punto di vista, ma semplicemente esplorare idee che hanno avuto importanza nella formazione del mondo in cui vivono. I dibattiti hanno talvolta aspetti ingenui che Denby non nega. L'Inferno di Dante indigna tutti (quante torture, quanta intolleranza, quanta bigotteria!), ma poi quando una studentessa italiana legge ad alta voce il primo canto nella sua lingua i ragazzi e Denby stesso si rendono conto della musica della poesia, alla quale non avevano pensato: la letteratura dunque è anche stile, non solo idee. Progressivamente coinvolto nei dibattiti, Denby è stimolato a chiarire a se stesso i propri punti di vista, anche su aspetti della vita del campus. Assiste a «Take Back The Night», marcia di protesta delle studentesse, dopo la quale le ragazze confessano pubblicamente gli stupri subiti - e giustamente deplora il vittimismo di una ideologia che non incoraggia a reagire costruttivamente; ascolta Chinua Abebe e Edward Said su «Cuore di tenebra», e perde la pazienza davanti alla faziosità della loro condanna di Conrad come razzista e coloni alista. Nell'ansia di essere onesto con tutti eccede nelle autoanalisi e anche nelle ripetizioni, e parte del suo lavoro verrà accantonato da noi cinici europei come folkloristico. Nell'insieme però l'operazione catartica affascina, un viaggio dantesco dagli squartamenti dell'Iliade al monologo interiore della signora Ramsay che in tempo di bilanci millenaristici non dovrebbe lasciare indifferente nessuno. LE AVVENTURE DEL CRITICO CINEMATOGRAFICO AMERICANO DENBY CON GLI IMMORTALI DEL CANONE OCCIDENTALE. DA SAFFO ALLA WOOLF Raccontando le sue scoperte, l'autore, marito di Cathleen Schine, evita la mediazione dei critici e parla delle sue emozioni di fronte ai classici proprio come davanti ai film che vede per la prima volta A sinistra Arnold Schwarzenegger, a destra «La morte di Achille» raffigurata su un vaso calcidico David Denby Grandi libri. Le mie avventure con Omero, Rousseau, Woolf egli altri immortali del canone occidentale trad. Lucia Olivieri, Fazi. pp.666, L 35.000 CRITICA LETTERARIA

Luoghi citati: Columbia, Manhattan, New York, Stati Uniti