«E mi ritrovai a luci rosse»

«E mi ritrovai a luci rosse» IN ANTEPRIMA UN CAPITOLO DEL '-BOMBA «E mi ritrovai a luci rosse» «La vera storia del video compromettente» documento ■ ■ L 1 ° febbraio 1999 mi telefonò ['■■:] Nikolaj Bordiuzha (allora capo I dell'Amministrazione presidenziale, ndr). Mi chiedeva di andare da lui alle 16. Convocazione inattesa che non prometteva nulla di buono. Ma cosa ci poteva essere di buono se tre settimane prima avevo aperto un'indagine contro Berezovski, il cassiere della famiglia Eltsin? Il Presidente non mi aveva fatto gli auguri di buon anno. E dieci giorni prima avevavo chiesto a Bordiuzha se ci fossero obiezioni sul mio lavoro. Lui aveva alzato le spalle: «Ma no, nessuna. Quando si doveva lottare contro l'estremismo politico sì, ma ora lei si sta correggendo». Anche l'ultimo incontro con Primakov che era stato sincero con me e mi aveva sempre appoggiato - mi aveva lasciato la stessa impressione di qualcosa di non detto. A gennaio gli avevo detto: «Sto per incriminare Berezovskij, le chiedo sostegno, soprattutto politico». Lui non ci aveva pensato su un attimo: «Lo prometto!». Eppure, a questa sua sincerità mancava qualcosa. Sapevo che Tatiana Diacenko, parlando con uno dei suoi uomini, aveva lasciato cadere: «Skuratov lo toglieremo». E Viktor Zorin, capo dei misteriosi «programmi speciali» della Presidenza, sentendo il mio nome era sbottato: «Non dovrebbe esporsi così. Abbiamo una cassetta». Avevo detto a mia moglie: «Lena, forse arriveranno tempi brutti. Stiamo indagando su Berezovskij. Faranno muovere tutti gli ingranaggi per annientarmi». Avevo scritto a Eltsin per spiegare la vicenda: non potevo non informarlo perché l'inchiesta riguardava anche l'Aeroflot, e Okulov, il direttore della compagnia, è il genero di Eltsin. Quando entrai nell'ufficio di Bordiuzha, chiese: «Come va con Berezovskij?». Risposi che stavamo indagando. Ma mi fece una seconda domanda, che non mi aspettavo: «Cosa è successo con la Mabetex?». Come faceva a saperlo? «Una cosa seria - dissi - e fastidiosa. Stiamo indagando su documenti ricevuti dagli svizzeri». Bordiuzha fece una faccia come se il colletto gli stesse stringendo il collo. «Mi hanno portato un video - disse ccn palese difficoltà - guardiamolo insieme». Prese il telecomando e sullo schermo apparve un uomo che mi assomigliava e due ragazze nude. Rimasi di stucco: come era possibile essere così brutali? Il tizio del filmato mi assomigliava davvero. Fatto proprio bene, con un doppiaggio che ripeteva le mie intonazioni. A chi serviva questa porcheria? A Berezovskij innanzitutto. Successo garantito. Puoi dire che non sei tu, che la proiezione di questa cassetta è un reato. Ma quando anche esperti e giudici diranno che non sono io l'uomo del filmato, rimarrà la calunnia. Ma Bordiuzha si era tradito. Nessuno, tranne me e 2-3 uomini alla Procura, sapeva cosa fosse la Mabetex e a quanti funzionari dell'entourage di Eltsin aveva dato tangenti per ottenere lucrosi contratti per restaurare il Cremlino. E' chiaro che gliene aveva parlato Pavel Borodin, che l'aveva saputo dall'albanese-kosovaro Behjet Pacolli. E Berezovskij: Bordiuzha aveva preso a parlare con la sua voce. La cassetta fini. «Tutto chiaro dissi. - E ora?». «Capisce - Bordiuzha era indeciso - in queste circostanze... questa figura... deve dare le dimissioni». «Perché lo fate?» «Non so nemmeno come comportarmi - rispose - e quali parole scegliere, ma so cosa vuole il Presidente e penso che in queste circostanze è meglio che lei se ne vada». «Quale motivo devo indicare per le dimissioni?» Sapevo che nei posti di comando ormai venivano nominati solo uomini compromessi. «Per motivi di salute». Chi ci crederebbe? «Va bene». Subito mi rimproverai di arrendenmi senza combattere. «Scusi, dove ha preso la cassetta?» «L'ho trovata in una busta sulla mia scrivania, non so chi l'abbia messa», rispose Bordiuzha. Un'altra bugia. Chi può entrare nell'ufficio del capo dell'Amministrazione presidenziale, lasciare una busta e andarsene? Chiesi di poter presiedere il collegio della Procura, tra due giorni. Bordiuzha riflettè un attimo: «Quelli che vogliono toglierla di mezzo non vorranno aspettare e passeranno la cassetta alle tv». Ma come? Aveva aveva appena detto di aver trovato la cassetta per caso! Consegnai la lettera: «Bene, allora mi faccio ricoverare in clinica». Bordiuzha ghignò in segno di approvazione. Mi ricordai che Carla Del Ponte mi aveva telefonato a gennaio per raccontarmi della perquisizione della Mabetex, svolta su mia richiesta. Aveva trovato documenti molto interessanti, tra cui carte di credito a nome di Tatiana Diacenko, Elena Okulova e dello stesso Eltsin. Due di questo carte erano stale usate: quelle delle figlie del Presidente. La signora Del Ponte aveva chiamato da un comune telefono urbano. Dunque il mio telefono veniva controllato già all'epoca. In clinica ricevetti una visita di Borodin: sorridente, affettuoso, era venuto per sondarmi. RiceveLti anche una telefonata di Primakov: «Jurij Ilich, spero che lei non abbia pensato che...» No, lo interruppi, e lui mi fece gli auguri. Con questa telefonata il premier - lo era ancora - mi aveva fatto capire di essermi vicino. Poi telefonò Putin. Era al corrente del ricatto e del gioco condotto dalla «famiglia». Mi disse: «I giornali cominciano a parlare della cassetta. Purtroppo la cosa è trapelata. Si dice che ci sia una cassetta simile anche per me». Stava facendo capire che sarebbe stato meglio per tutti se me ne fossi andato senza fare rumore. Ma avevo deciso di lottare.