Venezuela, perduto il conto dei morti

Venezuela, perduto il conto dei morti Anche due italiani tra le \dttime dell'alluvione. Chiesti agli Usa 10 mila sacchi per cadaveri Venezuela, perduto il conto dei morti La Difesa civile: forse sono 50 mila CARACAS Sono passati sei giorni da quando le piogge torrenziali hanno fatto franare la montagna che separa Caracas dal mare. Il piccolo Stato di Vargas è stato spazzato via, come anche interi quartieri attorno alla capitale venezuelana. Dodicimila militari continuano a lottare per portare aiuto agli scampati, e per portare via i superstiti dalle aree a rischio. Ma non tutti hanno intenzione di andarsene. «Ce ne andremo solo se ri(jomincerà a piovere», dice Juan Crespo, 68 anni tutti passati in una bidonville di Caracas ormai semidistrutta. Il bilancio delle vittime, intanto, cresce di giorno in giorno. Secondo il capo della Difesa civile, Angel Rangel, «I morti possono essere 10, 20 o addirittura 50 mila. Non lo sapremo mai perché una coltre di fango, spessa in molti casi almeno dieci metri, ha praticamente sepolto almeno il 75% dei cadaveri». Il Presidente Hugo Chavez lo ha subito ripreso, dichiarando che ogni cifra «è al momento pura speculazione». Ma anch'egli ha dovuto ammettere che si tratta della «più grande catastrofe naturale della storia del Venezuela». La reale grandezza della tragedia potrebbe restare per sempre sconosciuta, ma le autorità hanno già chiesto agli Stati Uniti l'invio urgente di 10 mila sacchi di plastica per cadaveri. Ieri per la prima volta è stata data per certa la morte di due italiani. Si tratta di una anziana coppia residente a Las Corales, sulla costa, ma l'ambasciata italiana non ne ha ancora rivelato l'identità. In realtà nella zona colpita risiedevano almeno mille persone con passaporto italiano, ed altre ancora avevano lì le loro seconde case. Ma come per tutti gli altri, il bilancio delle vittime è per ora impossibile. Quasi settantamila persone sono state già evacuate in aereo, elicottero, nave o autobus verso Caracas ed altre città. Ma, come ha detto il ministro della Difesa Raul Salazar, almeno duemila sono ancora intrappolate nelle zone rimaste isolate. I senzatetto sono 150 mila, e rappresentano una delle maggiori preoccupazioni delle autorità. Chavez, che dal primo momento si è messo a capo della macchina dei soccorsi, ha promesso casa e lavoro a tutti, pur avvertendo che migliaia di persone dovranno trasferirsi nel Sud del Paese.I danni economici sono ancora incalcolabili. Secondo alcuni economisti potrebbero raggiungere i due miliardi di dollari: il 2% del PiI venezuelano. Ma secondo l'economista José Toro le cose potrebbero essere ben peggiori: «Le conseguenze economiche di questa tragedia sono pari a quelle di una guerra», ha detto. E tuttavia il Presidente Chavez cerca di mantenere l'ottimismo. «Non stiamo semplicemente affrontando la situazione - ha detto -, la stiamo aggredendo». Non tutti ne sono convinti. La Guardia nazionale ha più volte dovuto ricorrere alle armi per fermare gli assalti ai depositi di cibo. E malgrado i quasi dieci miliardi di aiuti esteri d'emergenza già arrivati in Venezuela ci vorranno anni per ricostruire il «Paese migliore e più giusto» che il Presidente già ora promette. [f. sq.l

Persone citate: Angel Rangel, Chavez, Hugo Chavez, José Toro, Juan Crespo, La Guardia, Raul Salazar, Vargas

Luoghi citati: Caracas, Stati Uniti, Venezuela