Berlusconi: un disastro il referendum

Berlusconi: un disastro il referendum I radicali accusano il leader del Polo di capeggiare «il fronte della conservazione». Segni: contiamoci votando Berlusconi: un disastro il referendum «Sulla legge elettorale farò campagna per il no» ROMA Bruito Vespa, alla presentazione del suo ultimo libro, argomenta: «Se il referendum passerà, e passerà...». «No. il referendum non passerà». La voce, insolitamente asciutta, è quella di Silvio Berlusconi. «Gli italiani si stanno convincendo che il maggioritario non riduce, ma esasperala frammentazione. Fini lapensadiversamente? Essendo una persona ragionevole, finirà per convincersene anche lui». I sorrisi che si spalancano sono quelli di Giulio Andreotti - «mi pare che le vicende di questi giorni dimostrino che il maggioritario non garantisce la stabibtà» - e di Francesco Cossiga, già firmatario (pentito) del referendum del 18 aprile: «Il maggioritario produce la coesistenza di culture politiche inconciliabili, da Mastella a Cossutta, e giova all'egemonia Ds. Il referendum? Ma come, davvero basta raccogliere 500 ridia firme per bloccare l'attività del Parlamento?». In platea si agita nervoso Maurizio Gasparri, che tra i colonnelli di An è il più vicino a Berlusconi, ma non può certo tradire il sostegno alla causa referendaria (confermato poco più tardi dal portavoce del partito Adolfo Urso e dallo stesso Fini). Gongola invece Giuliano Urbani, un anno fa unico azzurro a uscire allo scoperto contro il referendum, e oggi più volte citato dal Cavaliere come suo «consigliere prediletto»: «Mi pare che stia nascendo un clima favorevole al proporzionale, magari nella versione della legge che regola il voto regionale. Se è davvero così, si riapre la partita». Berlusconi insiste: «Stavolta non diremo più "ognuno faccia come vuole"». E pare mettersi alla testa di un fronte del no al referendum, di un'alleanza proporzionalista trasversale ai due schieramenti, che mette insieme leghisti e Rifondazione, socialisti - che pongono la riforma proporzionalista come condizione per l'appoggio a D'Alema - e Cdu - Rocco Buttigliene applaude: «Con Forza Italia condurremo una battagba vincente» -, getta il seme della divisione tra i Ds e i partitini della maggioranza, e potrebbe lasciare Fini isolato con Veltroni e la Bonino. Il fronte è tanto ampio da poter pensare a una riforma in Parlamento: è la proposta di Maroni, che chiede «una nuova legge elettorale per evitare il referendum». Oppure da ingaggiare una battaglia in difesa del proporzionale, come assicura Berlusconi: «Non penso che si raggiungerà il quorum. Ma credo proprio che stavolta faremo campagna per il no. Gli italiani si sono resi conto dei danni provocati dal Mattarellum. Con Fini abbiamo parlato, e anche lui non si nasconde il disastro della situazione attuale e capisce che il referendum provocherebbe un disastro ulteriore: l'elezione dei migliori perdenti potrebbe persino ribaltare il responso delle urne. E poi una vittoria del sì al referendum sarebbe un passo verso la nascita di un partito unico del centro-destra; e non mi pare che la situazione-sia matura». Qualche voce contraria si leva dall'interno di Forza Italia: «Mi spiace, ma in un partito liberale ci possono essere opinioni diverse - dice l'ex Guardasigilli Alfredo Biondi -. E io al referendum voterò sì». Dalle file radicali, poi, è un coro: «Berlusconi provoca - accusa Marco Pannella -. Provoca Fini, Biondi, Martino e tanti altri che nel centrodestra sono impegnati nella campar gna referendaria, per mostrare a tutti chi è il padrone. Resto convinto che gli u li visti non siano capaci quasi di niente. Ma costui è capace davvero di tutto. Proprio una bella politica». «Berlusconi pare aver scelto di mettersi a capo del fronte della conservazione partitocratica», sostiene il coordinatore dei radicali, Marco Cappato. E i due referendari Taradash e Calderisi, candidati con la lista An-Patto Segni alle ultime Europee, annunciano una mossa che già il popolare Gerardo Bianco definisce «sortita inaccettabile»: favoriranno con la loro astensione la nascita e la tenuta del D'Alema bis, «fino alla celebrazione dei referendum». «Preferiamo puntellare per cinque o sei mesi un governo da cui tutto ci divide», sostengono Taradash e Calderisi, piuttosto che vedere «la parte liberale del Polo sepolta dalle macerie dei referendum che verrebbero travolti dalle elezioni anticipate». E Mario Segni raccoglie la sfida di Berlusconi: «Prevedevo che si schierasse apertamente per il no. Trovo più corretta questa posizione rispetto alla battaglia occulta che ci fece l'altra volta. A questo punto andiamo al referendum. E contiamoci». [al. ca.l Attualmente i 630 seggi della Camera vengono assegnati così: 475 seggi (75 per cento del totale) sono attribuiti in altrettanti collegi uninominali: ogni seggio è cioè assegnato al candidato che ha ottenuto più voti - (scheda rosa) 155 seggi (25 per cento del totale) sono assegnati con il sistema proporzionale alle liste dei partiti (scheda grigia). L'obiettivo è abolire completamente la quota proporzionale: 475 seggi saranno attribuiti con il sistema uninominale, 155 seggi saranno attribuiti recuperando i candidati non eletti che abbiano ottenuto più voti La scheda diventa unica perché viene abolito il secondo voto per le liste di partito Mas I due leader del Polo, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini

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