«Colpevole anche la gente»
«Colpevole anche la gente» «Colpevole anche la gente» DonRiboldi: il pulpito non è luogo di invettive Enzo La Penna NAPOLI Il dolore di un paese devastato dalla catastrofe, le lacrime di chi ha perso i propri cari, la disperazione di quanti non hanno più una casa. Non può bastare tutto questo per chiedere che la punizione divina si abbatta sui responsabili. L'invettiva di don Antonio Raviele, pronunciata dall'altare durante i funerali delle vittime del disastro di Cervinara e diretta contro i politici, sembra voler scavare un solco profondo tra la raffigurazione di un dio misericordioso e l'immagine di un Dio senza pietà che nei giorni dell'ira consumerà la vendetta. Sono proprio gli uomini di Chiesa a prendere le distanze dalle parole di don Raviele. Come fa monsignor Gioacchino Illiano, vescovo di Nocera-Sarno, che seguì con forte partecipazione le sorti delle genti di Episcopio. «La Chiesa non può invocare giustizia, ma non può negare il perdono», ricorda al sacerdote per il quale comunque trova parole di comprensione sostenendo che l'anatema è stato dettato «dal dolore che si porta nell'animo». «Conosco quel parroco - spiega monsignor Illiano - è un bravo sacerdote e so che quelle parole vengono dal cuore. Non dovrebbe toccare alla Chiesa pronunciare certe critiche, ma la gente si rivolge a noi proprio perché siamo indipendenti dalla politica, e la Chiesa deve parlare quando accadono sciagure come questa: lo ha fatto anche il Papa quando ha sorvolato Sarno in elicottero». Anche il vescovo punta tuttavia l'indice contro i ritardi nell'attività di prevenzione: «dopo la sciagura di Sarno si è perso tempo, rispetto a un anno e mezzo fa sono stati compiuti solo piccoli passi, ho l'impressione che manchi ancora un piano». Il vescovo di Acerra monsignor Antonio Riboldi esprime un giudizio molto più severo sull'invettiva di don Raviele. «Il pulpito non deve essere luogo dell'invettiva, ma semmai del richiamo alle responsabilità, alla buona volontà, alla riparazione: solo un tribunale può decidere quali siano effettivamente le responsabilità». Don Riboldi ha voluto rimarcare che la Chiesa «non è il luogo delle maledizioni, specie durante la Santa Messa, perché il Signore non vuole, ma è luogo dove si esprime dolore e, si dà conforto a chi resta, si sollecita la buona volontà: non si può fare demagogia in chiesa». «Poi - si domanda il vescovo - è davvero tutta colpa dei politici? Chi ha costruito case abusivamente in zone a rischio non ha nulla da rimproverarsi? ». Il presidente del consiglio regionale Antonio Calabro, presente alla cerimonia funebre, parla di una «reazione legittima da parte di chi vede il suo paese sconvolto», ma precisa che «l'opera di un parroco deve essere quella di indirizzare la comunità nella giusta direzione: la prima cosa non è colpevolizzare ma stimolare la comunità sulla strada del civismo». Lapidario il commento di Renato Stranges, prefetto di Avellino: «Abbiamo fatto il nostro dovere». Le polemiche provocate dall'ennesimo disastro dovuto al dissesto idrogeologico non si limitano al mondo della Chiesa ma investono il Palazzo. Con un comunicato il dipartimento della Protezione Civile ha risposto alle dichiarazioni polemiche del procuratore di Avellino, Mario Caputo, che in un'intervista aveva espresso pesanti giudizi sulle accuse d'inerzia mosse dal sottosegretario Barberi («chi è senza peccato scagli la prima pietra, Barberi che fa questi discorsi bassa la mano sulla coscienza altrui, ma si guarda bene dal passarla sulla Eropria»). Il dipartimento parla di giudizi che si asano «su una visione dei fatti e delle responsabilità non corrispondenti alla realtà». Breve la controreplica del magistrato: «Nessuna intenzione dispettosa nei confronti del sottosegretario». Quanto all'inchiesta sulle responsabilità, «allo stato la Procura non ipotizza alcunché, essendo appena iniziato il lavoro di screening». Ieri quarta notte fuori casa per i senzatetto di Cervinara. Un centinaio sono ancora ospitati nell'istituto tecnico Einaudi.
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