«Arrestate il magistrato dellì Antimafia» di Francesco Grignetti

«Arrestate il magistrato dellì Antimafia» Il procuratore nazionale minimizza: «Una notizia rimasticata, comunque su sua richiesta l'ho esonerato da ogni attività che riguardasse la Sicilia» «Arrestate il magistrato dellì Antimafia» Bufera da Messina, ma Vigna difende il suo collaboratore Francesco Grignetti ROMA «E' una storia nota da molto tempo. Una notizia rimasticata minimizza il procuratore nazionale Antimafia, Piero Luigi Vigna, un po' stizzito - e confido molto nel principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza, soprattutto trattandosi di un collega. Proprio su sua richiesta, l'ho esonerato da ogni attività che riguardase la Sicilia». Resta però lo scandalo. Per un magistrato dell'Antimafia nazionale, Giovanni Lembo, infatti, già applicato alla procura di Messina ma ora in via di trasferimento ad Ancona, pende una richiesta di arresto davanti al gip catanese Alfredo Gari. L'accusa, visto che si tratta di un giudice, è doppiamente grave: concorso esterno in associazione mafiosa, inquinamento delle prove, abuso d'ufficio. La procura di Catania ha richiesto l'arresto anche per due pentiti assai chiacchierati, Cirfeta e Chiofalo, già noti alle cronache per la controversa vicenda di DeU'Utri; per un costruttore in odore di mafia; per un maresciallo dei carabinieri che sarebbe venuto meno ai suoi doveri. Coinvolto anche un altro magistrato, l'ex presidente della corte d'appello di Messina, Marcello Mondello. Sul conto dei magistrati pende anche un procedimento disciplinare al consiglio superiore della magistratura. La Prima commissione, che fu interessata da un esposto già nel '97, sta conducendo una inchiesta a largo spettro su vari affaire giudiziari messinesi. «Su Messina - spiega il relatore Michele Vietti - abbiamo ereditato una quantità tale di di carte che smaltirle è stato difficile. Con l'anno nuovo provvederemo per quel che ci manca». Conferma il consigliere Salvatore Mazzamuto: «La situazione è grave. Solleciterò la trattazione della pratica». Sono tutti collegati, in un modo o nell'altro, nella gestione del falso pentito Luigi Sparacio, che beneficiò del programma di protezione, ma intanto orientava le sue accuse soltanto contro i nemici di cosca e continuava i suoi traffici illeciti. Un vero «mammasantissima», questo Sparacio, che ottenne dalla magistratura messinese la restituzione di un patrimonio mi¬ liardario appena sequestrato, e che cercò di inguaiare chi cercava di fermarlo. Accusò falsamente anche un avvocato messinese, Ugo Colonna, e alcuni funzionari onesti di polizia, il dirigente della Mobile Francesco Montagnose e il questore Vittorio Vasquez. Le vicende di Messina non smettono mai di stupire. Come si ricorderà, la commissione parlamentare Antimafia nella primavera del '98 si interessò particolarmente alla città sullo Stretto. Un sottosegretario all'Interno, Angelo Giorgianni, fu costretto alle dimissioni. Venne investito da un turbine di accuse e sospetti l'intero establishment cittadino: dalla magistratura all'università, alla politica. A quei tempi, il presidente dell'Antimafia Ottaviano Del Turco diceva: «Abbiamo acceso i fari su Messina e non li spegneremo tanto facilmente». Uno dei filoni d'indagine riguardava il falso pentito Luigi Sparacio, un boss di Messina, che si era consegnato spontaneamente alla polizia. Secondo quanto avrebbe ricostruito la procura di Catania indagine ora al vaglio del giudice per le indagini preliminari - invece era tutto finto: l'arresto, le dichiarazioni che ne seguirono, le accuse che furono elevate dalla magistratura di allora. Sparacio è stato riarrestato, in via cautelare, nell'agosto del 1998. Dopo il terremoto innescato dalla commissione parlamentare, comunque, quasi tutto l'organico della magistratura messinese è stato rinnovato. Molti sono andati in pensione anticipatamente. A dirigere gli uffici c'è oggi Luigi Croce, a lungo procuratore aggiunto di Palermo. La Procura nazionale antimafia ha avvicendato l'indagato Lembo con il suo collega Carmelo Petralia. Da Catania, intanto, il procuratore capo, Mario Busacca, nega qualsiasi commento. «Siamo sereni». Al centro del caso c'è la gestione di un falso pentito. Nel mirino anche 2 collaboratori di giustizia e l'ex presidente dell'Appello Il rilancio dell'inchiesta che va avanti da più di un anno sulla gestione di un falso pentito ha riacceso la polemica sul palazzo di giustizia di Messina, tirando in ballo alcuni magistrati