Il Polo: alle urne per ritrovare la democrazìa

Il Polo: alle urne per ritrovare la democrazìa Berlusconi attacca Veltroni: è un cacciaballe, e il premier ci racconta di un Paese che non esiste Il Polo: alle urne per ritrovare la democrazìa Fini: D'Alema ricettatore di voti Aldo Cantillo ROMA Silvio Berlusconi arriva a Montecitorio alle 20 e 30, due ore dopc l'intervento del presidente del Consiglio; racconta di aver seguito alla radio dalla casa di via del Plebiscito il dibattito parlamentare («ma non l'intervento di Mastella»); sorrìde ai socialisti Boselli, Crema e Villetta («mai si dovette cosi tanto a così pochi; però, scusate, come fate a esitare tra l'Italia con la faccia di Berlusconi e quella con la faccia di Mussi o Veltroni...»); gela il cossighiano Sanza che gli chiede come sta («Noi stiamo sempre nello stesso posto, ditemi come state voi, piuttosto») e tenta di orientarne gli spostamenti futuri («ho appena avuto gli ultimi sondaggi, sono ottimi»); rianima con il suo passo il referendario di An Basini, assopito su una poltrona del Transatlantico; prende posto tra i fidi Pisanu e Marzano, resta impassibile mentre i suoi urlano rossi in viso «comunista» e «pinocchio» a Veltroni (ma dopo lo definirà «cacciaballe patentato»), e attacca D'Alema con parole dure («regime», «uso politico della giustizia»), ma «toni civili», come riconoscerà il premier, ringraziandolo pubblicamente. Nessun ringraziamento per Fini, che invece va giù pesante. Per tutta la giornata, il Polo (e in particolare Berlusconi) avevano opposto alle tribolazioni della maggioranza e al discorso del premier il silenzio. Il personaggio più evocato dall'opposizione nelle conversazioni del Transatlantico era Mariano Rumor: «Sarebbe troppo nobile il paragone con il Craxi di "e la nave va" - sostiene il capogruppo di An Gustavo Selva -. Ascoltando D'Alema, mi è parso di risentire il leader doroteo quando diceva: "Molto è stato fatto, molto resta da fare"». E l'ex Guardasigilli Filippo Mancuso: «0 l'intervento di D Alema è una frode ideologica, o è il Nulla come non si vide neppure nei cinque governi Rumor». Nel frattempo, in aula, i\ premier si sente definire da Sgarbi «distruttore dolla civiltà» (a causa del via libera alla rampa del Gianicolo), da Buttiglione «inadeguato», da Calderisi «doppio frodatore politico», mentre Pierferdinando Casini gli rinfaccia «di aver fatto la Transpolesana ma non il ponte sullo stretto di Messina». Nascosto dietro una colonna, Gianfranco Fini riprende a fumare dopo cinque mesi di astinenza («è stala la tensione di cui vibrava il discorso di D'Alema», sorride), ironizza con due cronisti sul seguito di La Malfa - «d'ora in poi non scrivete più "i repubblicani", ma "il repubblicano"» - e sulla lealtà di Mastella «per D'Alema sarà l'abbraccio della morte» -, Poi si fa serio e annuncia un discorso duro: «Il presidente del Consiglio è venuto qui a prendere in giro l'opposizione e a dire alla sua maggioranza: "Lasciatemi fare, non disturbate il manovratore". Non lo riempirò certo di complimenti». Anzi, lo definisce: «supponente» (e D'Alema si toglie gli occhiali), «Alice nel paese delle meraviglie» (e lui confeziona origami), «umorista involontario» (e lui si abbandona al gesto reso celebre da Striscia la notizia), «ladro di consensi» e «ricettatore di voti» (ora D'Alema scuote il capo). «La mia è un'accusa politica - precisa Fini -: tra le sue file c'è chi si è venduto non per soldi, ma per poltrone. Tra i suoi ministri ci sono uomini eletti nel centro-destra. A Berlusconi e a Casini proporrò di portare qui fuori gli iscritti di An, Forza Italia e Ccd che votano nei collegi dove sono stati eletti parlamentari del Polo passati alla maggioranza. Quegli iscritti si sentono derubati». Fini contesta a D'Alema il «trionfalismo sull'aumento dei collegamenti Internet, quando i terremotati dell'Umbria aspettano ancora la casa», lo sfida a citare nella replica «anche il Superenalot- to», lo accusa di «non aver detto una parola sui motivi del gesto che sta per compiere, tanto da dare l'impressione di dimettersi perché troppo bravo», e lo sollecita a «chiedere a Ciampi elezioni anticipate». La stessa conclusione cui giunge Berlusconi, al termine di un discor¬ so dai toni più pacati: «Lei, presidente, ha descritto un Paese che non c'è a una maggioranza che non c'è. Ha citato cifre che non hanno nulla a che vedere con la realtà, l'aumento della disoccupazione, il calo degli investimenti stranieri». E ancora: «Lei sostiene di voler eliminare gli intrighi. Ma come farà, con un esecutivo frutto del trasformismo?». Allo «spirito dell'Ulivo» evocato da D'Alema, Berlusconi contrappone lo «spirito della fortezza assediata». E chiede a «una maggioranza rissosa, composta, più che da partiti, da occasionali aggregazioni di persone», di «aiutare il Paese a uscire dalla palude della cattiva politica», «ritrovare la via della democrazia» e «restituire al popolo il diritto di decidere da chi dev'essere governato». «Con l'attuale legge elettorale», preciserà uscendo dall'aula. Il Cavaliere a Boselli: «Mai si dovette tanto a così pochi». E gela il cossighiano Angelo Sanza: «Noi stiamo sempre nello stesso posto, ditemi voi dove state» Il leader del Polo Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Crema, Italia, Messina, Roma, Umbria