Tregua ginevrina al Wto dopo gli scontri di Seattle di Roberto Ippolito

Tregua ginevrina al Wto dopo gli scontri di Seattle Negoziati a rilento. Ci si rivede a gennaio Tregua ginevrina al Wto dopo gli scontri di Seattle lPaesi si impegnano a non danneggiarsi Prodi e Clinton: «Bisogna andare avanti» Roberto Ippolito invialo a Ginevra Si chiama Ali Mchumo. E' un ambasciatore della Tanzania. E vive un momento di gloria. Come presidente annuale (pertanto ancora per meno di due settimane) del Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, ha escogitato la formula della tregua, accettata dal consiglio generale riunitosi a Ginevra e quindi dall'Europa e dagli Usa come dai paesi in via di sviluppo. Cessano così le ostilità nel Wto dopo il fallimento quindici giorni fa della conferenza di Seattle e l'arenarsi del Millennium round, i negoziati per la liberalizzazione dell'economia. La tregua consiste nell'impegno in ogni Paese di evitare fino alla prossima riunione del consiglio, a .ne..'; gennaio, qualunque azione che pregiudichi gli interessi altrui. L'impegno è previsto da una dichiarazione verbale di Mchumo, non contestata da nessuno Stato aderente (presto 136, con l'ingresso della Giordania deciso ieri) e perciò giudicata un segno di buona volontà del consiglio generale. Che si tratti di un espediente è evidente. L'impegno assunto a Ginevra ha valore politico. Ma non è vincolante derivando solo da una dichiarazione verbale e non da un documento approvato: meglio star fermi che rischiare nuovi insuccessi dopo Seattle. Del resto con realismo il marocchino Nacer Benjelloun-Touimi fa presente che «la temperatura resta alta ed è necessaria una valutazione a freddo a gennaio». Il direttore generale del Wto, il neozelandese Mike Moore, è costretto a prendere atto dell'impossibilità di accelerare la ripresa dei negoziati come voleva pressato dagli Usa. Moore non ha nemmeno preso la parola in consiglio. E dopo aver trasformato la seduta da ordinaria in straordinaria per chiedere un mandato a riaprire i contatti fra gli stati, si è visto cancel¬ lare il tema Seattle dall'ordine del giorno. Viste le tensioni esistenti fra i Paesi ricchi e Ira loro e i poveri, discutere «sarebbe cattivo» come dice l'ambasciatore belga Jean Marie Noirfalisse. Non litigare è già un evento e il Wto non è definitivamente affossato. Ginevra appare quasi l'ombelico'di un mondo che a fatica toma a dialogare per superare egoismi e protezionismi per ora vincenti. In contemporanea al consiglio Wto, a Washington parlano del dopo Seattle il presidente Bill Clinton e il presidente della Commissione europea Romano Prodi, concordando: «bisogna trovare un modo per andare avanti». A Tokio diffondono un documento consumo sulla globalizzazione il premier Keizo Obuchi e il capo del governo francese Lionel Jospin (il quale però avverte che mondializzatone non significa americanizzazione). A Berlino si è concluso il G20 (il vertice dei ministri del tesoro di paesi industrializzati e emergenti come Cina, Russia, Argentina e Sud Africa). E si lavora per 2 summit di febbraio a Bangkok dell'Unctad. l'Agenzia dell' Onu per il commercio e lo sviluppo. Con questa ragnatela di consultazioni sullo sfondo, a Ginevra sono stati congelati diritti e doveri di ogni paese. Questo significa sorvolare sul fatto che il 31 dicembre scadono l'accordo sui sussidi industriali (delicato per l'aeronautica) e il divieto di dazi sul commercio elettronico la cui proroga sta a cuore all'America. E ignorare che da gennaio i paesi in via cu sviluppo devono applicare le regole, per le quali a Seattle chiedevano lo slittamento, sulla proprietà intellettuale e sugli investimenti esteri con i limiti agli obblighi di lavoro locale; ieri Pakistan ed Egitto sollecitavano un impegno formale americano a non aprire controversie in materia. Poi ci sono le dispute sui sussidi all'agricoltura. Di tutto se ne riparla nel nuovo millennio.