Quanto costano mille anni? di Ugo Bertone

Quanto costano mille anni? Quanto costano mille anni? Ugo Bertone Ly IMPERATORE Vespasiano, uno che se ne intendeva, era solito sostenere che il denaro non ha odore. Eppure, nel corso dei secoli, l'uomo ha usato, come moneta, jli oggetti più incredibili e più si fa per dire) profumati: gli stoccafissi a Terranova, le conchiglie nell'Oceano Indiano, le mattonelle di tè in Tibet, coperte tra gli indiani del Canada, fanoni nelle isole Figi, sale in Etiopia e, un po' dappertutto, ogni tipo di bestiame (non è per caso che alcune monete della Grecia classica recavano l'effigie del bue). La storia del denaro, che accompagna l'uomo da tempi immemorabili, inizia quindi in mezzo ad odori e sapori forti e ruspanti. Certo, ben presto, probabilmente attorno all'VIII secolo avanti Cristo, l'uomo si è impegnato a «ripulire» (o riciclare?) il denaro, applicando le sue competenze- tecnologiche d'avanguardia al denaro; e così ha preso a forgiare il metallo per dare forma al denaro, inventando un simbolo capace di rappresentare la ricchezza e, al tempo stesso, di essere facilmente trasportabile (certamente più di una mandria di buoi o un carro di conchiglie). Ma la lunga metamorfosi de 1 la moneta non finisce certo qui: si passa dal conio di metallo alla banconota (le prime in Germania, nel XVn° secolo, poi l'esplosione con la nascita della Bank of England) dalla «lettera di camino» (già in circolazione a Firenze nel 1300) all'assegno, datìa carta di credito alla moneta elettronica. L'evoluzione del denaro, insomma, accompagna la storia dell'uomo da tempi immemorabili, seguendo le varie fasi dello sviluppo, dal baratto al primato dell'economia globale. E che dire del risparmio? Si passa dalla formichina delle favole, che immagazzina beni reali in vista delle stagio- - «MI ni grane, al tesoro nascosto nelle pieghe dei materassi contro gli intrighi dei malintenzionati, fino ai trasferimenti immateriali, lungo le reti virtuali di Internet. Al termine del secondo millennio dell'era cristiana, quindi, la moneta tende a farsi invisibile, a trasformarsi ' in un fantasma che muove buona parte dei desideri e delle ansie dell'umanità. Una sorta di spettro che molti hanno cercato, invano, di esorcizzare: già Aristotele condannava gli interessi sul denaro prestato, come la Chiesa nel Medioevo e, ancor oggi, la legge islamica. E non è facile trovare nella storia, da Shylock del «Mercante di Venezia» al barone de Rothschild, dai personaggi di Balzac a Rockefeller o allo stesso Bill Gates (nonostante i giganteschi lasciti in beneficenza dei magnati americani) un ricco simpatico. Ma il denaro si è sempre preso la sua rivincita (merito, soprattutto, dell'etica protestante celebrata da Max Weber) perchè, qualsiasi giudizio morale si dia su di esso, esso è il lubrificante indispensabile per il buon funzionamento della macchina economica. Ma il denaro resta una misura inquietante, sfuggente, della precarietà umana. Un padrone temibile che sa punire, con i ricorrenti crack, l'ingordigia e l'avidità; un signore implacabile, come il trascorrere delle stagioni. Non a caso si dice che «il tempo è denaro». E la fortuna economica si lega, spesso, al sapere, al controllo dell'informazione : era così per casa Rothschild, la cui smisurata ricchez- za è legata al fatto di aver potuto approfittare in Borsa della notizia della sconfitta di Napoleone a Waterloo prima degli altri; è così oggi, quando migliaia e migliaia eli analisti in tutto il mondo si affannano, 24 ore al giorno, a scovare informazioni preziose nelle pieghe dei bilanci, dei «report» governativi e di ogni altra nota che corre sulla Grande Rete. Il denaro, insomma, continua ad essere il vero spettro che si aggira per il pianeta. La stessa lira (il nome deriva da un peso dell'età romana, la Ubbia, che equivaleva a 325 grammi) ha del resto iniziato la sua lunga e onorata carriera poco più di mille anni fa con la riforma di Carlo Magno proprio come moneta-fantasma! dal valore smisurato, tanto da essere più un'unità di misura che una forma di pagamento di uso corrente, visto che, ai tempi del fondatore del Sacro Romano Impero, con una lira si potevano comperare 36 moggia di miglio in tempi di gravissima carestia; oppure quattro campicelU e due boschi ovvero, a vostra scelta, una schiava in buona salute. Basta questo a provare che la moneta era, ali epoca, scarsamente usata e che, come mezzo di pagamento si ricorreva al baratto o ad altri sostituti della moneta, cavalli piuttosto che armi e gioielli. Ma le cose cambiano, e ovvio, nel corso dei secoli. Nel 1375, c'informa un documento dell'epoca, per vivere «decentemente» in Lombardia occorrono trenta Ure almeno. Due secoli e mezzo dopo, ai tempi del cardinal Federigo, per intenderci, per campare in maniera discreta (per gli usi del tempo) ci volevano almeno 500 Ure. Nel '900, infine, la svalutazione deUa lira è inversamente popolare all'aumento del benessere degli italiani. Si comincia cantando «Mamma mia dammi cento lire/ che in America vogUo andar», e si prosegue con «Se potessi avere mille Ure al mese». Poi, nei mitici anni del miracolo economico, la lira diventa infinitamente piccola: «Di fatto - scrive nel 1968 un alto funzionario del Tesoro non circola più alcun pezzo metallico da una lira. Dicono che anni fa siano stati incettati da fabbricanti di bottoni, come materia prima molto a buon mercato per la loro attività». Dietro questa lunga parabola di saliscendi statistici c'è l'avventura umana. Un punto d'avvio? Trasferiamoci, all'inizio dell'età moderna, in quel di Prato dove nasce, negli anni deUa Grande Peste, Marco Datini che, nato da modesta famiglia artigiana, si trasferisce a Firenze nel 1349 per intraprendere la carriera di mercante. L'anno successivo, con un capitale di appena 150 fiorini, l'intraprendente Datini parte per Avignone, sede deUa curia pontificia dove, per 13 anni, alterna buoni investimenti e pratica alle dipendenze altrui. Dal 1363, però, Datini si mette ir» proprio. La sua idea? Trasformare la sua modesta società in una serie di alleanze con botteghe dislocate in tutta Europa. La procedura era sempre la medesima: in un primo tempo dalla centrale di Firenze veniva distaccato un collaboratore nella nuova sede; poi, dopo una fase di rodaggio, la nuova azienda diventava autonoma. Ma uno straordinario servizio interno di informazioni, di collaborazione e di varie iniziative comuni e, soprattutto, U controUo esercitato dal fondatore, garantivano a questo colosso ell'epoca una superiorità costante sui concorrenti. E così Marco Datini, l'ex stracciaiolo di Prato, a suo modo religioso e generoso e del tutto refrattario aUa poUtica, potè diventare il «magiore merchatante» del tempo, capace di accumulare quasi 100 mila fiorini in una cinquantina d'anni di attività. Non è una storia, fatte le debite proporzioni, tanto diversa da queUa dei pionieri del «franchising» alla Benetton. E, dietro quella capacità di saper coordinare l'attività di tanti padroncini, ha visto una sorta di «preistoria» dei distretti industriali dei tempi nostri. Le associazioni, del resto, possono essere infinite perchè gli intenti e i metodi di Datini non erano poi così diversi, in fondo, da quelU dei signori della Borsa dei nostri giorni, da Warren Buffet agU sconosciuti (ai più) gestori dei fondi d'investimento, tipo il californiano Calpers che amministra più quattrini del bilancio del Belgio. Del resto sembra quasi che ci sia un'energia segreta che corre lungo la storia della moneta, un'epopea più importante di quanto non si creda. «Il modo migliore per distruggere la democrazia - aveva notato Lenin - è deprezzarne la moneta». «E aveva perfettamente ragione - commentò Keynes - perchè agire suUa moneta è il modo più sottile e certo per minare i fondamenti di una società senza che un solo uomo su un milione possa rendersene conto». II conio delle monete alla Zecca dello Stato. La lira, dopo oltre mille anni di vita, nel 2002 sarà sostituita dall'euro