Grazie, Sergio GENIALI MACCHINAZIONI

Grazie, Sergio GENIALI MACCHINAZIONI Grazie, Sergio GENIALI MACCHINAZIONI SABATO 18, al Piccolo Regio, in Piazza Castello 215, il Centro regionale etnografico linguistico (C.R.E.L) e il FolkClub di Torino dedicano una giornata di studio e di memoria alla figura del compositore e musicologo Sergio Iiberovici a otto anni dalla sua scomparsa. In programma un convegno (dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18), al quale parteciperanno etnomusicologi, compositori, cantautori, registi e esponenti della cultura torinese. Adesso seguirà, a partire dalle 21, uno spettacolo incentrato sulla produzione di Iiberovici; che spazierà dalla musica di scena alle canzoni dei Cantacronache, dall'etnomusicologia all'opera. In apertura, Alberto Jona,' baritono e Oscar Alessi, pianista, eseguiranno «8 canti in ebraico e in jiddish» raccolti dalle voci di reduci dai lager nazisti. A seguire, Carlo Pestelli, Fausto Amodei, Alberto Jona, Donata Pinti, Paola Roman, Paola Lombardo e i Cantambanchi riproporranno le canzoni, musicate da Iiberovici, animatore dei Cantacronache, su testi di Franco Antonicelli, Italo Calvino, Giorgio De Maria, Franco Fortini, Gigi Fossati, Emilio Jona e Claudina Vaccari. Paola Roman e"Massimo Castri presenteranno, allindi, alcuni brani, recitati e cantati, tratti dai testi teatrali «L'ingiustizia assoluta» e «(Per uso di memoria», mentre il soprano Irene Leuci e il baritono Oliviero Giorgiulli, accompagnati al pianoforte da Gianluca Marciano, interpreteranno brani dell'opera «Màlzel o delle macchinazioni». Chiuderanno Amerigo Vigliermo e il Coro Bajolese con canti popolari tratti dalle ricerche sul campo di Iiberovici ed Emilio Jona. La giornata è ad ingresso gratuito e si avvale del contributo della Regione, della Provincia, della Città di Torino e della Compagnia di San Paolo. [i.a.] SCRIVENDO, nel 1989, dell'opera commissionatagli dal Teatro Regio di Torino, intitolata «Màlzel e dèlie macchinazioni», Sergio Liberovici dichiarava di riconoscersi in pieno nel termine «macchinazioni», propostogli dal librettista e pluri-decennale collaboratore Emilio Jona «..perché in una sola parola c'è sia il vero Màlzel - vulcanico progettista, fabbricante, dimostratore, vendito- re(...) di piccole e grandi macchine soprattutto sonore o di uso musicale - sia il personaggio Màlzel - sottile autore di trame». Questo signor Màlzel, meccanico e musicista tedesco, nato nel 1772, deve imperitura fama all'invenzione del metronomo, ma ai suoi tempi fu celebre per aver progettato e costruito, fra I altro, un giocatore automatico di scacchi, un trombettiere automatico, una sorta di grande orchèstra meccanica chiamata Panh armoni con ed altri consimili marchingegni. E' con questa figura bizzarra, un poco misteriosa, geniale ed inquietante, che Sergio esplicitamente dichiarava una propria esplicita affinità e simpatia. Perché Liberovici, alla cui frequentazione ed amicizia devo una parte non accessoria delle mie scelte culturali e di vita complici le melodie lineari ed accattivanti de «L'avvoltoio», di «Oltre il ponte» e di tante altre canzoni dei Cantacronache che mi catturarono più di quarant'anni fa - aveva ben altre carte da giocare, é le giocò tutte, nell'arco della propria carriera. Le sue «macchinazioni» hanno abbracciato quasi tutti gli àmbiti possibili della creatività musicale, oltre a quelli della drammaturgia, della didattica soprattutto infantile, della politica culturale in genere: dai Piccoli Studi per Austrian Alpenschellen (campane da gregge) del 78, al libro «Canti degli operai torinesi dalla fine dell'800 agli anni del fascismo», uscito nel '90, dalle musiche di scena composte per opere teatrali di Brecht, Lo rea, Alfieri, Labiche, Shakespeare, Jonesco, Goldoni ai canti di montagna composti per una corale del Cai, dell'opera «Il grande chiasso» costruita su materiali musicali, figurativi, letterari e gestuali di bambini di terza elementare ai «quasimusical» degli Anni 70 su personaggi del movimento anarchico come Gaetano Bresci e Pietro Gori. . Quando, otto anni fa, venne sepolto al cimitero ebraico di Torino, gli amici del coro di Bajo Dora lo salutarono cantando «Elvira», uno struggente canto d'amore e d'addio raccolto nel Canavesano dall'infaticabile fervore etno-musicologico di Amerigo Vigliermo, fervore acceso o almeno alimentato dalla capacità di contagio che Iiberovici ha sempre saputo esercitare su chi gli stava vicino. Fausto Amodei

Luoghi citati: San Paolo, Torino