Siria-Israele, prono round senza una stretta di mano

Siria-Israele, prono round senza una stretta di mano Nonostante la freddezza esteriore, al vertice di pace di Washington si respira un'atmosfera di ottimismo Siria-Israele, prono round senza una stretta di mano Andrea di Robilarrt corrispondente da WASHINGTON Ancora nessuna stretta di mano tra Ehud Barak e Farouk al Shara. Nonostante l'invito dei fotografi che ieri mattina affollavano il Giardino delle rose alla Casa Bianca, il premier israeliano e il ministro degli Esteri siriano hanno mantenuto le distanze prima di dare avvio al loro primo faccia a faccia. Ma a dispetto del linguaggio dei corpi - e di alcune affermazioni puntute del siriano - i colloqui avviati crui ieri mattina continuano a generare un'enorme aspettativa. «Non siamo ancora alla pace», ha detto il Presidente Clinton fiancheggiato da Barak e al Shara, «ma quello di oggi è certamente un grande passo in avanti. Ci troviamo di fronte ad un'opportunità straordinaria. Per la prima volta nella Storia un accordo di pace appare finalmente possibile tra Siria e Israele, e per tutti i loro vicini. Gli Stati Uniti faranno tutto il possibile perché questi incontri siano un successo». L'opportunità straordinaria cui ha fatte riferimento Clinton nasce soprattutto da una serie di coincidenze. L'ascesa al potere in Israele di un ex generale ed eroe di guerra che vuole la pace ed ha "appoggio convinto del suo governo. La fretta del Presidente siriano Hafez el Assad, malato e desideroso di facilitare la transizione del potere in Siria a suo figlio. E il desiderio di Clinton di impegnarsi a fondo nella trattativa per arrivare ad un successo che dia lustro alla sua presidenza. La speranza della Casa Bianca è che un accordo tra Siria e Israele nel giro di pochi mesi spiani la strada alla pace tra Israele e Libano e dia una spinta decisiva al difficile negoziato tra israeliani e palestinesi, porttw- : alivi) 0.in:r>■•i«jf|«tt(fh [ri ■ri!) do finalmente la pace in una regione che in questi ultimi cinquantanni è stata martoriata dalla guerra e dalla violenza. Malgrado la congiuntura favorevole, la Casa Bianca non sottovaluta le difficoltà che rimangono. I siriani esigono il ritiro degli israeliani da tutto l'altipiano del Golan, fino al confine esistente prima della guerra del 1967, in cambio di un trattato di pace. Gli israeliani sanno che quello sarà un prezzo da pagare, anche se preferirebbero che il nuovo confine fosse quello tracciato del 1923 dalle potenze coloniali - e cioè non proprio lungo la riva del Mare di Galilea ma una decina di metri più ad est, verso la Siria). Ma il ritiro dal Golan pone un enorme problema politico per Barak, che deve fare i conti con i 18 mila coloni che in questi anni hanno creato insediamenti e cresciuto famiglie in quella terra e che adesso minacciano di far saltare ponti e caserme per bloccare l'accordo. «E se firmeranno un accordo», ha minacciato ieri Avi Zaira, uno dei leader dei coloni del Golan, «mobiliteremo l'opinione pubblica per far fallire ù referendum». Proprio a causa della delicatezza di questo tema la Casa Bianca e la delegazione israeliano hanno reagito con irritazione alle affermazioni dial Shara, che invece di limitarsi ad un breve discorso di circostanza, come ol OJflBJioa oiitn/n- o hanno fatto Clinton e Barak, si è lanciato nel merito dei colloqui ed ha affermato che la piena restituzione del Golan è «fuori discussione». Sono stati i siriani, del resto, a rifiutare la stretta di mano con Barak - un gesto che a quanto pare avrebbe fatto piacere al premier israeliano. Al di là della retorica, fonti diplomati- che fanno capire che progressi sostanziali sono già stati compiuti e che una bozza di accordo è già pronta. Del resto l'ottimismo ostentato da tutti i partecipanti ieri - inclusi i siriani - non avrebbe motivo di essere se non avesse una base concreta. Dopo la cerimonia alla Casa Bianca, Barak e al Shara hanno attraversato la strada e si sono chiusi alla Blair House, la «guesthouse» presidenziale, per proseguire i colloqui faccia a faccia. E al Shara è stato poi raggiunto dal suo vice Youssef Shakkur, che poco prima si era accasciato sul prato della Casa Bianca • «a causa del jet-lag e del digiuno del Ramadan», ha spiegato una portavoce del governo americano - ed era stato soccorso dal medico personale del Presidente, Conme Mariano. Clinton: «Non siamo ancora a un accordo ma quello di oggi è certamente un passo avanti» I coloni del Golan minacciano attentati se le alture dovessero tornare sotto il dominio di Damasco Il presidente Clinton (a sinistra) con II premier israeliano Ehud Barak e il ministro degli Esteri siriano Farouk al Shara