Fatto l'accordo dopo mezzo secolo Agli schiavi di Hitler 10 mila miliardi di Emanuele Novazio
Fatto l'accordo dopo mezzo secolo Agli schiavi di Hitler 10 mila miliardi Decisivo l'intervento di Schroeder, che ha elevato la quota del governo Fatto l'accordo dopo mezzo secolo Agli schiavi di Hitler 10 mila miliardi Emanuele Novazio corrispondente da BERLINO La Germania pagherà 10. miliardi di marchi, 10 mila miliardi di lire, d'indennizzo agli «schiavi di Hitler»: i lavoratori forzati - ebrei, ma non soltanto - occupati nelle fabbriche tedesche durante il Terzo Reich. Trecentomila di loro sarebbero ancora in vita, alcune decine di migliaia hanno intentato cause alle imprese e alle banche più rappresentative e «nobili» dell'economia tedesca, dalla Volkswagen alla Siemens, dalla Bmw alla Daimler-Benz, dalla Krupp alla Man, dalla Leica alla Deutsche Bank. E' una svolta storica che chiude un contenzioso dai contorni delicatissimi e imbarazzanti per la prima potenza industriale d'Europa. Dopo mesi di polemiche e tensioni, e quando le trattative sembravano vicine a un definitivo fallimento, la situazione è stata sbloccata ieri sera dall'intervento del Cancelliere Schroeder, che ha accettato di elevare la quota statale dell'indennizzo da 3 a 5 miliardi di marchi. A questa somma si aggiungono gli indennizzi stanziati dalle imprese (non da tutte quelle che sfruttarono il lavoro delgi «schiavi», però, una ventina appena): altri 5 miliardi di marchi. Nel complesso 10 miliardi, dunque: gli avvocati delle vittime ne avevano chiesti 11, nella loro controfferta presentata lunedì. Dieci da parte tedesca, uno a carico delle imprese non tedesche con filiali attive in Germania negli anni del Terzo Reich. Non appena la nuova concessione del Cancelliere - che ancora una volta si è dimostrato un abile mediatore in situazioni di emergenza - è stata resa nota, è arrivata da New York la risposta del Congresso ebraico mondiale, da oltre un anno impegnato nelle difficilissime trattative con il governo tedesco: un comunicato diffuso a New York prende atto con soddisfazione della svolta e saluta la «soluzione raggiunta». Resterebbero da dei mire pochi dettagli, ma a Berlino si ritiene che le difficoltà principali siano state superate. A meno di sorprese dell'ultimora, l'accordo dovrebbe essere firmato venerdì dal ministro degli Esteri tede¬ sco Fischer e dal collega americano Madeleine Allbright. Nella capitale tedesca sono attesi anche il mediatore del governo americano nelle trattative, Stuart Eizenstat, e un alto rappresentante del Congresso ebraico mondiale, che per mesi ha rappresentato la controparte delle imprese tedesche. L'intesa dovrebbe garantire queste ultime da nuove richieste da parte di ex forzati: uno dei punti più delicati della trattativa è stato per l'appunto l'«assicurazione giuridica» della rinuncia a «nuove pretese»: richieste di risarcimento continuano ad essere depositate presso i tribunali americani. I primi indennizzi potranno essere pagati soltanto fra sei mesi, quando sarà formalizzato il «Fondo» responsabile della loro gestione e ripartizione: secondo l'avvocato bavarese Witti, che cura gli interessi di centinaia di vittime del nazismo, gli internati nei campi di concentramento riceveranno 16 mila marchi a testa, i deportati fra 5 e 7 mila. Ma proprio sulla definizione di queste somme, secondo il mediatore del governo tedesco Otto Lambsdorf, potrebbero nascere in futuro nuove difficoltà. Altri problemi potrebbero sorgere per le aziende che non sono rappresentate direttamente nel Fondo: secondo i Verdi, l'accordo deve avere valore soltanto per le imprese che vi partecipano con una «quota adeguata». ■ Il cancelliere tedesco Schroeder
Persone citate: Fischer, Hitler, Krupp, Madeleine Allbright, Schroeder, Stuart Eizenstat, Witti
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