Il silenzio dì Berlusconi nel bunker di Attore di Guido Tiberga

Il silenzio dì Berlusconi nel bunker di Attore Accuse al premier: atteggiamenti sprezzanti. Urbani: «Niente da dire, fanno tutto loro. Li ringraziamo» Il silenzio dì Berlusconi nel bunker di Attore Ma il Polo insiste per avere «D 'Alema subito in Parlamento» Guido Tiberga ROMA Il Polo scalpita. Insiste per avere «D'Alema subito in Parlamento». Minaccia prima l'ostruzionismo sulla Finanziaria poi di abbandonare l'aula alla maggioranza, «ammesso che abbia ancora i numeri per concludere qualcosa». Ma, tra una sfuriata di Beppe Pisanu alla Camera e un flash da Strasburgo di Gianfranco Fini, la giornata dell'opposizione si segnala ancora una volta per l'ostinato silenzio di Berlusconi. A Montecitorio, Pisanu accusa D'Alema di tenere un atteggiamento «sprezzante». Gli altri capigruppo lo seguono a ruota: Roberto Pollini del Ccd invita il premier a «non abusare della pazienza del Parlamento». Gustavo Selva di An prima parla di «irrisione» e poi irride a sua volta paragonando il premier a «un pugile suonato da un peso-minimo come Boselli». Enrico La Loggia e Giulio Maceratini usano gli stessi toni al Senato, litigando con il presidente Mancino che paragona la lettera inviata alle Camere da Massimo D'Alema a una missiva analoga scritta giusto cinque anni fa dalTallora premier Berlusconi. Ad Arcore, il Cavaliere tace. Il leader di Forza Italia prepara la grande festa per i cento anni del Milan, e fa la sua comparsa nel teatrino delle dichiarazioni soltanto per difendere la candidatura di Gianfranco Galan alla presidenza del Veneto. Per le vicende romane, nessun commento. Berlusconi non risponde alle sirene dei radicali che, stando alle voci, vorrebbero da lui un appello a favore dei referendum, un evento improbabile, ma comunque utile in vista di una possibile intesa con la Bonino in vista delle Regionali. Tace anche dopo che Massimo D'Alema, in tv con Enzo Biagi, lo evoca in modo diretto. «Gli alleati di governo stanno facilitando l'arrivo di Berlusconi a Palazzo Chigi?», chiede il conduttore. «Credo che lo facciano senza saperlo - è la risposta del premier -. Ma qualche volta mi viene da pensare di sì...». Il capo dell'opposizione si limita a far sapere che sarà a Montecito- rio domani. Sul suo silenzio, gli azzurri scherzano: «Che cosa c'è ancora da aggiungere? - sorride Giuliano Urbani davanti a una tazza di tè -. Dicono tutto gli altri, fanno tutto gli altri. L'unica cosa che potrebbe dire è grazie, non speravamo tanto...». In teoria una spallata verso il voto anticipato sembrerebbe fare il gioco di Forza Italia: gli ultimi sondaggi di casa danno il centrodestra cinque punti avanti la maggioranza, un divario tranquillizzante, specie per chi è convinto di avere vita facile in un confronto alle urne che veda il «comunista» D'Alema nel molo di campione del centro-sinistra. Per non dire delle nubi giudiziarie, che potrebbero allontanarsi nel caso di un voto a primavera. Per non dire ancora del referendum elettorale, sempre più inviso a Berlusconi, che davanti alle Politiche anticipate finirebbe inevitabilmente nel freezer. Dopo le sparate delle ultime settimane sulla giustizia, davanti alla crisi-che-non-c'è gli azzurri hanno scelto il basso profilo. A lanciare il muro conto muro, non ci pensano nemmeno: ieri Beppe Pisanu, che da qualche giorno in Transatlantico si diverte a scommettere sull'esito della crisi, a chi gli chiedeva di puntare qualche lira su un eventuale voto di fiducia chiesto da Forza Italia rispondeva con un sorriso: «Mi spiace, ma questa scommessa io non la posso fare...». In realtà, le elezioni anticipate metterebbero in difficoltà gli alleati del Polo. An, secondo i numeri di Datamedia, sarebbe di nuovo in discesa ed è decisa a puntare tutto sui referendum, costruiti con la faticosa campagna estiva e in grado di creare nuove divisioni sul fronte opposto. «La maggioranza sta dando uno spettacolo mdecente e disgustoso - tuona Fini dall'Europarlamento -. D'Alema è arrivato a Palazzo Chigi nel modo che tutti conosciamo: adesso qualcuno gli sta presentando il conto. Se fossimo in un Paese normale ci sarebbe una sola soluzione: dimissioni del presidente del Consiglio, delegittimato da una parte importante della sua maggioranza, scioglimento delle Camere, elezioni». Quello che Fini non aggiunge è che, secondo lui, questo «non è» un Paese normale. I suoi uomini alla Camera sono più espliciti. «A noi conviene che D'Alema si tiri su - spiegano -. Conviene che si rimpannucci, per poi andare in difficoltà un'altra volta e rimpannucciarsi ancora. Intanto la benzina aumenta, il canone pure, e la gente si fa un bel giudizio di questa maggioranza. Ora vedremo che cosa verrà a dirci sabato, quando si degnerà di parlare all'aula e non soltanto alle tv». All'eventualità delle dimissioni, nel Polo non ci crede nessuno. «Avete presente la famosa vignetta di Forattini sulla lista Mitrokhin? ride il referendario Peppino Calderisi - Con quello stesso bianchetto, D'Alema sta cancellando la parola "dimissioni" da tutti i vocabolari d'Italia». w;. jgpf* J 1 ii 10 In alto, Casini, Berlusconi e Fini A fianco, il direttore generale di Confmdustria Innocenzo Cipolletta

Luoghi citati: Arcore, Italia, Roma, Strasburgo, Veneto