Ppi-Democratici: deve rimanere di Fabio Martini
Ppi-Democratici: deve rimanere Ppi-Democratici: deve rimanere E Andreatta lancia la candidatura Bazoli Fabio Martini ROMA E' calata la notte, nel salone dei deputati popolari c'è l'atmosfera delle grandi occasioni e un personaggio come Beniamino Andreatta ne approfitta per fare un discorso importante, per sondare gli umori sul possibile candidato del centro-sinistra alle prossime elezioni politiche. «Per il futuro, come candidato alla presidenza del Consiglio del centro-sinistra - dice l'ex ministro degli Esteri, del Tesoro, della Difesa - occorrerà trovare la figura di un gran federatore», «che non appartenga né al centro né alla sinistra», «che non sia uomo di partito né politico», «che poi possa provenire dalla società civile, dal mondo delle banche... questo lo vedremo». Lo hanno capito tutti: con quei riferimenti al «federatore» e al «mondo delle banche», Beniamino Andreatta allude al banchiere cattolico Giovanni Bazoli, presidente di Banca Intesa, risanatore dell'Ambrosiano di Calvi, personaggio sconosciuto al grande pubblico ma di sicuro fascino. Perché quell'allusione? Beniamino Andreatta è personaggio di frontiera, che si muove nelle grandi occasioni: fu lui, nel gennaio 1995, a chiedere al suo «allievo» Romano Prodi di entrare in politica per candidarsi a Palazzo Chigi. E il fatto che Andreatta abbia voluto «lanciare» Bazoli davanti al plenum dei parlamentari popolari, con Castagnetti presente, non significa che il banchiere bresciano sarà il «nuovo» Prodi, ma vuol dire che in queste ore di pre-crisi si sono ufficialmente aperti i giochi per la futura premiership del centro-sinistra. Certo, per l'immediato il segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti e il leader dei Democratici Arturo Parisi - oramai in significativa consonanza - ripetono all'unisono che D'Alema deve restare a Palazzo Chigi fino al 2001 e che «contestualmente» vanno definite le «regole per scegliere il candidato premier del centro-sinistra alle prossime elezioni politiche. Castagnetti, Mastella, Dini e con qualche riserva i Democratici, stanno lavorando ad un patto a 4 che consenta ai non-diessini dell'Ulivo di diventare determinanti il fatidico giorno in cui si sceglierà il candidato del centrosinistra per Palazzo Chigi. L'organismo che prenderà la sospiratissima decisione di tagliare la strada a D'Alema è ancora in mente dei, ma da quel che è trapelato nelle prime chiacchierate informali, potrebbe essere un «direttorio» dei segretari di partito. In quella sede - questo è il piano - il leader dei Ds finirebbe per trovarsi in minoranza rispetto ad un fronte «non-diessino» formato dai leader del Ppi, dell'Asinelio, dell'Udeur mastelliano, di Rinnovamento italiano, dello Sdi, del Pri e dei cossighiani dell'Upr. Fin qui il piano sulla carta, abbozzato nelle chiacchierate informali, ma in queste ore tutti i partiti «non-diessini» sono alle prese con grane interne. I Democratici non sono ancora riusciti a risanare la ferita con Antonio Di Pietro. E anche se mancano conferme ufficiali, pare certo che l'ex pm si sia autosospeso dall'esecutivo dell'Asinelio, una decisione imbarazzante, tanto più se Di Pietro dovesse decidere nelle prossime ore di fare dichiarazioni in proprio sulla crisi di governo. Chi invece, dopo qualche sbandamento inziale, sembra aver imboccato decisamente una strada è il segretario popolare Castagnetti, deciso a consolidare un'mtesa con Parisi, Mastella e Dini, mantenendo la fiducia a D'Alema a breve, ma togliendola alla media distanza. Ma due sere fa, nell'assemblea dei parlamentari, la linea del segretario ha incontrato qualche riserva. In particolare del vicepresidente del Consiglio Sergio Mattarella e del ministro della Sanità Rosi Bindi, che nanno ribadito la loro linea di lealtà al presidente del Consiglio per il presente ma anche per il futuro. Ma tra i tantissimi colloqui di questi giorni, una piccola bvolta potrebbe essere determinata dal vis-ù-vis che dovrebbe tenersi questa mattina tra Pierluigi Castagnetti e Francesco Cossiga: un accordo sostanziale tra i due potrebbe rendere più difficile la vita al presidente del Consiglio. Tanto più che nell'incontro di ieri tra Parisi e Castagnetti si è discussa, sia pure come subordinata, l'ipotesi più temuta da Massimo D'Alema: quella di un governo di transizione, una soluzione che in qualche modo possa riecheggiare la funzione a suo tempo svolta, in conclusione di legislatura, dai governi presieduti da Carlo Azeglio Ciampi e dal ministro Lamberto Dini. Che ha ricominciato a nutrire qualche speranza: chi ha parlato in queste ore con lui, ha trovato il ministro degli Esteri molto «carico», nella speranza non dichiarata di tornare a Palazzo Chigi. Il segretario del Partito popolare Pierluigi Castagnetti
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