D' Alema: resto se mi lasciano governare di Federico Geremicca

D' Alema: resto se mi lasciano governare Altro giorno convulso, poi una schiarita: ma sono pronto a combattere con la scimitarra che mi ha dato Gheddafì D' Alema: resto se mi lasciano governare «Lo Sdi vuole silurarmi, ma non trova un altro premier» Federico Geremicca ROMA E' la solita serataccia romana, col vento freddo che schizza la pioggia sui vetri e intanto telefonate dietro telefonate, incontri più o meno riservati e un orecchio ai lavori della Camera, dove si va avanti a tappe forzate per tentare di approvare il più rapidamente possibile la legge finanziaria. Però l'umore di Massimo D'Alema, alla fine della sua prima vera giornata da «premier dimissionante», è migliore di quello della sera precedente. Dove per migliore si deve intendere che è segnato da maggior ottimismo: e naturalemnte da una ritrovata carica polemica. Che le cose vadano un po' meglio, i più stretti collaboratori di D'Alema lo capiscono, appunto, a sera fatta, dai toni e dagli argomenti che il premier mette in campo in una delle ultime riunioni'di staff'^.quest'altra interminabile giornata! «Sì, lo so che alcuni dicono che potremmo tentare di ripartire senza quelli del Trifoglio - argomenta -, Ma come si fa in una situazione parlamentare così? C'è un tasso di volatilità dell'appartenenza'ai gruppi che non rassicura, cambi di campo continui... Non si può rischiare lo scatafascio avendo un margine di due o tre voti. No, la via da percorrere resta quella dritta, se ci riusciamo..». D'altra parte, in una giornata che ha segnato un riavvicinamento di Democratici e Ppi all'ipotesi di un D'Alema-bis, perchè non sperare che anche col tandem Cossiga-Boselli sia possibile una tregua ed una ripartenza? Il presidente del Consiglio, infatti, ci spera. E non perchè creda ad un improvviso «rinsavimento» di Enrico Boselli: ma semplicemente perchè ipotizza il fallimento dell'affondo politico del capo dello Sdi e - di conseguenza - una retromarcia. Di fronte alle telecamere de «Il fatto» di Enzo Biagi, D'Alema lo dice con la dovuta diplomazia. Il tono è professionale e serio: e le bandiere d'Italia e d'Europa che ha alle spalle conferiscono al tutto una certa solennità. «Non considero Boselli un nemico spiega il premier -. Piuttosto considero questa crisi figlia dei ricordi, dei cattivi ricordi non sopiti... Comunque, in queste ore tutti i partiti della maggioranza hanno detto che non ritengono che si debba cambiare il presidente del Consiglio: quindi, direi che Boselli ha lanciato una proposta che è rimasta abbastanza isolata». Ma questo, appunto, è il D'Alema «pubblico», che tira di fioretto e limita invettiva e ironia: non foss'altro perchè la situazione non è precisamente da ridere. Altro tono e altri argomenti riserva, invece, il D'Alema «privato»: cioè il premier che, riunito con gli uomini dello staff, non risparmia frecce avvelenate tanto a Boselli che ai soliti giornalisti. «Boselli, lo Sdi... Loro sono semplicemente il partito della vendetta - sbuffa -. Perchè i giornali non lo scrivono? Perchè non informano i lettori che i socialisti vogliono soltanto far fuori me, e non hanno nemmeno chi candidare alla guida del governo?». Adesso, a parte il fatto che forse è un po' ottimistico immaginare che il tandem Cossiga-Boselli non abbia nomi da proporre in alternativa al suo, a parte questo - dicevamo - la giornata aveva confermato a D'Alema che, giusto sulla questione-premier, non era solo dai tranelli del Trifoglio che doveva guardarsi. Che dire, per esempio, del Castagnetti interrogato di prima mattina dai microfoni di «Radio anch'io»? «D'Alema guidi il governo fino alla fine della legislatura, e poi scegliamo un altro candidato per le elezioni - aveva detto il leader ppi -. Ora è difficile sostituire D'Alema, non lo possiamo cacciare... Andare con un altro premier alle elezioni del 2001 non è traumatico: storicamente i governi di transizione sono sempre andati molto bene». Non esistono testimoni disposti a raccontare la reazione di D'Alema alla lettura delle dichia¬ razioni di Castagnetti: qualcuno, invece, usa un eufemismo e descrive come «molto franca» la telefonata con la quale il premier ha subito raggiunto il segretario dei popolari. Un uragano. E qualche ora più tardi Castagnetti correggeva vistosamente il tiro: «Il Ppi non ha mai posto una questione pregiudiziale nei confronti di D'Alema», spiegava. E dopo aver incontrato prima Parisi e poi Mastella aggiungeva: «Per noi il presidente deve restare D'Alema fino al 2001. Il candidato premier del centrosinistra alle elezioni sarà poi individuato in seguito da tutte le forze della coalizione». Una bella inversione di rotta. Che permetteva a D'Alema di correggere il senso della giornata e capovolgere, o quasi, il corso delle cose. Non che la sua permanenza alla guida del governo possa oggi dirsi sicura: ma più probabile di ieri, questo sì. Tanto che, di fronte a un folto pubblico di studenti medi ricevuti a fine mattinata a palazzo Chigi, il premier poteva concedersi qualche battuta nel segno del distacco e della magnanimità: «Ora ci sarà un chiarimento: se alla fine della discussione mi daranno la Fiducia per fare un governo più forte, allora resterò. Altrimenti me ne andrò. Non ho cominciato la mia carriera politica come presidente del Consiglio, e non penso di finirla come presidente del Consiglio: continuerò a fare questo lavoro se sarò utile al paese. Lo scopo della politica non è quello di durare nel potere, ma di usare il potere per fare le cose in cui si crede: per questo io non sono preoccupato». Ovviamente, in tutto questo c'è del vero e c'è del falso. E dunque cadrebbero in un errore dalle conseguenze fatali coloro i quali immaginassero un D'Ale¬ ma pronto a togliere il disturbo. Intendiamoci: se dovrà andar così, così andrà. Ma non senza spargimenti di sangue. «Con alcuni sono pronto ad incontrami sul campo di battaglia», annunciava il premier l'altra sera ad uno dei suoi più strett i collaboratori. «Durante i miei viaggi all'estero ho avuto in regalo anche delle scimitarre. L'ultima è un omaggio di Gheddafi; ne sceglierò una e me la porterò via per sostenere la battaglia». Ecco, questa ò l'ultima foto in movimento del «premier dimissionante»: la foto di un uomo deciso a vender cara la pelle. «Boselli e i suoi sono il partito della vendetta Questa crisi è figlia dei ricordi, di cattivi ricordi non ancora sopiti»

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