Heisenberg e Prigogine idee che si fanno poesia

Heisenberg e Prigogine idee che si fanno poesia UN LIBRO DI ITO RUSCIGNI Heisenberg e Prigogine idee che si fanno poesia EM raro che i poeti italiani traggano ispirazione dalla scienza. I pochi esempi del passato sono marginali: il Redi (ma era egli stesso scienziato) in epoca illuministica, le riflessioni di Zanella su una conchiglia fossile in epoca positivista, la vaga sensibilità naturalistica di un Pascoli. Ancora più improbabile è trovare riferimenti scientifici nella poesia contemporanea. Oltre a Giuseppe Bonaviri, la cui vena cosmica fu già notata da Calvino, fa eccezione Ito Ruscigni, che pubblica in questi giorni un'antologia dei propri versi intitolata «Il giardino del lepre» (De Ferrari Editore, 144 pagine, 25 mila lire). Qui le idee forti che la scienza moderna ha elaborato compaiono completamente metabolizzate, ora come spunti, ora come tesi da insidiare, ora come suggestioni da far proprie. Ruscigni pone domande imbarazzanti al Nobel Prigogine: «Porti buona legna/o Illya Prigogine/alla pentola dell'Universo/ Ma sai dirmi/quand'è mezzogiorno?/^ di Chi/il mestolo che scodella?» o interloquisce con Heisenberg e il suo «principio di indeterminazione» («La partita giocata/quanto più s'approssima alla vista/meno concede allo scarto»). Una poesia di emozioni concettuali. Di sentimenti razionali. Se così si può dire, (p.bi.)