I Savoia: giudici eli Strasburgo togliete il velo al nostro rientro di Pierangelo Sapegno

I Savoia: giudici eli Strasburgo togliete il velo al nostro rientro Ricorso del principe Vittorio Emanuele alla Corte dei diritti dell'uomo 1 I Savoia: giudici eli Strasburgo togliete il velo al nostro rientro Pierangelo Sapegno inviato a STRASBURGO ~ Tra un esilio e l'altro, c'è anche chi torna. La Baraldini? Vittorio Emanuele di Savoia: «Ma a me sta bene che sia tornata». Pausa. Sguardo all'avvocato Morbilli. Sottovoce: «Ma lei è in carcere. E' un'altra storia». L'altro avvocato, il professor Emanuele Emaniteli, offeso, occhi di frusta: «La Baraldini ha commesso dei reati. Come si può osare un paragone?» Voci, sussurri, era una provocazione. Il principe, conciliante: «Ben vengano le battaglie per i diritti dell'uomo». E Craxi? «Ah, Craxi». Anche lui vuol tornare, no? «Senta. Qualche giorno fa mi hanno spedito la fotocopia di una vignetta. C'era scritto: perché Craxi può tornare in Italia e Vittorio Emanuele no? Uno rispondeva: è tutta colpa di Vittorio Emanuele. Non si ammala mai. La trovo geniale. Semplicemente geniale». Ah l'esilio, solfeggia l'avvocato Morbilli: «Pero, nessuno fa niente per Vittorio Emanuele e suo figlio. Per gli altri montano campagne di stampa». Strasburgo, Parlamento d'Europa,-'8era ghiaccia-di dicembre, conferenze stampa e ricorso alla Corte per i diritti dell'uomo contro il governo italiano che tiene fuori i Savoia. Il Principe si espone in giacca e cravatta alla tv, tg 1, due domandine nel vento. Batte i denti, tornando al caldo. Oggi, 13 dicembre: non è superstizioso? Sguardo di terrore: «Ma no, porta buono il 13. A Napoli porta bene». Dubbi, incertezze: a noi il 13 non piace. Vittorio Emanuele con la sua immancabile stilografica d'oro scaramantica: «E' il 17 che porta sfortuna». E poi, nel viaggio dell'esilio, l'ultima tappa è quella più lunga, e non si può andar tanto per il sottile. E' la tappa della polemica. Resiste dall'inizio, ma ora è rimasta sola, finite le promesse e dimenticate le buone intenzioni, adesso che non ci sono nemmeno più porte tanto aperte al Quirinale o a Palazzo Chigi. L'avvocato Emanuele ricorda che anche Pettini «aveva fatto promesse. Sono passati 15 anni. A che cosa sono servite? E' meglio non fidarsi più». Così, via al ricorso alla Corte Europea, sulla strada faticosa e ribollente che porta a Strasburgo. Si era partiti quest'estate da Parigi, hotel Le Bristol, conferenza e squilli di battaglia. Adesso, tutti qui, mattino tardi, ore 11,30, e siamo al Palazzo dei diritti dell'Uomo. Vittorio Emanuele, gli avvocati, un fotografo e un cameramen. Il ricorso: 23 pagine, in italiano e francese, tutto il lavoro dell'avvocato Morbilli. Chiosa: ~ «La Cortetia Insensibilità necessaria per accordare, finalmente, la tutela dei diritti più elementari a tutt'oggi ingiustamente violati dall'Italia». Morbilli: «La XIII di- sposizione è in contrasto con gli articoli che assicurano a ogni cittadino il diritto di rientrare nel proprio Paese. E con l'articolo 14 della costituzione che vieta discriminazioni sulla nascita e sul sesso». Pomeriggio, ore 15,30, discorso al Parlamento europeo, piano terzo, sala mezza piena. Vittorio Emanuele: «La mia unica colpa è quella di rappresentare la Famiglia che ha compiuto l'impresa più grande del popolo italiano negli ultimi due secoli: la realizzazione dell'unità nazionale». In prima fila ad ascoltare, e approvare, Gianfranco Fini, segretario di An, e Antonio Tajani, capogruppo di Forza Italia a Strasburgo. Poco dopo, conferenza stampa, stessa sala, stesso pubblico. Fini e Tajani, assieme ad altri 168 deputati (41 italiani, da Jas Gawronski a Rocco Buttiglione e Bruno Trentini, hanno anche firmato la mozione presentata dal conservatore inglese Charles Tannock contro le discriminazioni verso le famiglie reali europee: gli Asburgo austriaci, Costantino di Grecia e i Savoia, tutti respinti dai propri Paesi. «Secondo me», affonda Tannock, «la famiglia che ha sofferto più di tutti è la famiglia Savoia, perché in questo caso il divieto è passato da padre in figlio». Vittorio Emanuele acconsente con ampi gesti del volto. Degli altri reali, Otto d'Asburgo se n'è già infischiato del divieto, ma era eurodeputato (eletto in Baviera) e quindi godeva dell'immunità parlamentare. Re Costantino, invece, può rientrare in Grecia, ma non nelle grandi città. I Savoia tutt'al più sono arrivati sul mare a guardarsi la Sardegna, una zoomata verso la costa e gli yacht che slanibavano sulle onde. Allora, domanda scontata: se l'iter va per le lunghe, lei che cosa ha intenzione di fare? Vittorio Emanuele: «Ho fiducia. Posso continuare ad aspettare. Mai andrei a fare un'azione spettacolare, sia che possa dar fastidiò ò anche nuocermi. Voglio rientrare come un libero cittadino europeo». Insistono: ma se qua non succede niente? «Vedrò i risultati di qua, vedrò cosa succe¬ de. Questo è ovvio. Andare in Italia e tornare indietro? Non lo so. Mai provocare. Ho aspettato 53 anni, posso aspettare ancora qualcosa. Credo sia inutile fare gesti clamorosi». Perché tutta questa prudenza? «Rispetto della legge. E poi, proprio adesso mi sembra che qualcosa si muova. Nel senso che almeno mi muovo io, ci muoviamo noi. Un passo dopo l'altro. Mi sono dato questa linea di condotta. Tutto è possibile. Questa volta sono più ottimista di altre volte». Gli chiedono: a che cosa attribuisce questa resistenza nei suoi confronti? E lui, facendo finta di non inalberarsi: «Gli italiani hanno espresso con grande chiarezza di voler il ritorno dei Savoia. L'80 per cento. Sono i governi che resistono. Vorremmo che voi faceste questa domanda ai governi». E poi si va, si torna sulla strada dell'esilio, polemiche e ricordi. Prima di andare, una cosa: lei rinuncia al trono? Scocciato: «Ne parliamo. Prima torniamo e poi vediamo. Nessuno me l'ha chiesto». E il Napoli? Comprate il Napoli calcio? «Dovete chiederlo a mio figlio». Ma lei sarebbe d'accordo? «A me piacerebbe molto. Però chiedono 180 miliardi. Troppi. Mio figlio potrebbe trovare Una' cordata. Forse, se Safra fosse ancora vivo...» Lei era amico di Safra? «Molto». E crede alla sua morte, come l'hanno raccontata? «E chi ci crede?» «Ho atteso 53 anni posso aspettare ancora qualcosa» In prima fila, in aula ad approvare c'erano Fini e Tajani «La mia unica colpa è di rappresentare la famiglia che ha unificato l'Italia. Ma non cederò a gesti clamorosi: nessuna provocazione, voglio rispettare la legge» Vittorio Emanuele di Savoia ieri era a Strasburgo, alla Corte dei diritti dell'Uomo, per perorare l'abrogazione del divieto al suo ritorno in Italia